Lo ha chiesto il Papa all’Angelus alla vigilia del viaggio in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan

In preghiera per due nazioni africane provate da lunghi conflitti sfruttamento
e violenze

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30 gennaio 2023

Senza indugio si trovino strade di pace in Terra santa


Un invito a pregare per il viaggio in Africa che inizia domani è stato rivolto domenica dal Papa ai venticinquemila fedeli presenti all’Angelus in piazza San Pietro e a quanti lo seguivano attraverso i media. Affacciatosi a mezzogiorno dalla finestra dello Studio privato del Palazzo apostolico vaticano, prima della preghiera mariana il Pontefice aveva come di consueto commentato il Vangelo, incentrato nella circostanza sulle Beatitudini. Ecco la sua meditazione.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nella Liturgia odierna si proclamano le Beatitudini secondo il Vangelo di Matteo (cfr. Mt 5, 1-12). La prima è fondamentale e dice così: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 3).

Chi sono i “poveri in spirito”? Sono coloro che sanno di non bastare a sé stessi, di non essere autosufficienti, e vivono come “mendicanti di Dio”: si sentono bisognosi di Dio e riconoscono che il bene viene da Lui, come dono, come grazia. Chi è povero in spirito fa tesoro di quello che riceve; perciò desidera che nessun dono vada sprecato. Oggi vorrei soffermarmi su questo aspetto tipico dei poveri in spirito: non sprecare. I poveri in spirito cercano di non sprecare nulla. Gesù ci mostra l’importanza di non sprecare, ad esempio dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando chiede di raccogliere il cibo avanzato perché nulla vada perduto (cfr. Gv 6, 12). Non sprecare ci permette di apprezzare il valore di noi stessi, delle persone e delle cose. Purtroppo, però, è un principio spesso disatteso, soprattutto nelle società più agiate, in cui domina la cultura dello spreco e la cultura dello scarto: ambedue sono una peste. Vorrei proporvi allora tre sfide contro la mentalità dello spreco e dello scarto.

Prima sfida: non sprecare il dono che noi siamo. Ognuno di noi è un bene, indipendentemente dalle doti che ha. Ciascuna donna, ciascun uomo è ricco non solo di talenti, ma di dignità, è amato da Dio, vale, è prezioso. Gesù ci ricorda che siamo beati non per quello che abbiamo, ma per quello che siamo. E quando una persona si lascia andare e si butta via, spreca sé stessa. Lottiamo, con l’aiuto di Dio, contro la tentazione di ritenerci inadeguati, sbagliati, e di piangerci addosso.

Poi, seconda sfida: non sprecare i doni che abbiamo. Risulta che nel mondo ogni anno vada sprecato circa un terzo della produzione alimentare totale. E questo mentre tanti muoiono di fame! Le risorse del creato non si possono usare così; i beni vanno custoditi e condivisi, in modo che a nessuno manchi il necessario. Non sprechiamo quello che abbiamo, ma diffondiamo un’ecologia della giustizia e della carità, della condivisione!

Infine, terza sfida: non scartare le persone. La cultura dello scarto dice: ti uso finché mi servi; quando non mi interessi più o mi sei di ostacolo, ti butto via. E si trattano così specialmente i più fragili: i bambini non ancora nati, gli anziani, i bisognosi e gli svantaggiati. Ma le persone non si possono buttare via, gli svantaggiati non si possono buttare via! Ciascuno è un dono sacro, ciascuno è un dono unico, ad ogni età e in ogni condizione. Rispettiamo e promuoviamo la vita sempre! Non scartiamo la vita!

Cari fratelli e sorelle, poniamoci qualche domanda. Anzitutto, come vivo la povertà di spirito? So fare spazio a Dio, credo che Lui è il mio bene, la mia vera e grande ricchezza? Credo che Lui mi ama oppure mi butto via con tristezza, dimenticando di essere un dono? E poi: sono attento a non sprecare, sono responsabile nell’utilizzo delle cose, dei beni? E sono disponibile a condividerli con gli altri, o sono egoista? Infine: considero i più fragili come doni preziosi, che Dio mi chiede di custodire? Mi ricordo dei poveri, di chi è privo del necessario?

Ci aiuti Maria, Donna delle Beatitudini, a testimoniare la gioia che la vita è un dono e la bellezza di farci dono.

Dopo l’Angelus il Papa ha lanciato un duplice appello per la pace: in Terra santa, dove una «spirale di morte aumenta di giorno in giorno», e nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale, «per la grave situazione umanitaria»; quindi ha ricordato la 70a Giornata mondiale dei malati di lebbra e ha salutato i fedeli presenti, tra i quali i ragazzi e le ragazze dell’Azione cattolica di Roma. Dopo la lettura di un messaggio da parte di due di essi, affacciatisi al suo fianco, Francesco ha invitato a pregare per il viaggio in Africa.

Cari fratelli e sorelle!

Con grande dolore apprendo le notizie che giungono dalla Terra Santa, in particolare della morte di dieci palestinesi, tra cui una donna, uccisi durante azioni militari israeliane antiterrorismo in Palestina; e di quanto accaduto vicino a Gerusalemme venerdì sera, quando sette ebrei israeliani sono stati uccisi da un palestinese e tre sono stati feriti all’uscita dalla sinagoga. La spirale di morte che aumenta di giorno in giorno non fa altro che chiudere i pochi spiragli di fiducia che ci sono tra i due popoli. Dall’inizio dell’anno decine di palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri a fuoco con l’esercito israeliano. Faccio appello ai due Governi e alla Comunità internazionale, affinché si trovino, subito e senza indugio, altre strade, che comprendano il dialogo e la ricerca sincera della pace. Preghiamo per questo, fratelli e sorelle!

Rinnovo poi il mio appello per la grave situazione umanitaria nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale. Sono vicino a tutti coloro che, in pieno inverno, sono costretti a far fronte a queste disumane condizioni. È necessario compiere ogni sforzo a livello internazionale per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone.

Ricorre oggi la 70ª Giornata Mondiale dei malati di lebbra. Purtroppo, lo stigma legato a questa malattia continua a provocare gravi violazioni dei diritti umani in varie parti del mondo. Esprimo la mia vicinanza a quanti ne soffrono e incoraggio l’impegno per la piena integrazione di questi nostri fratelli e sorelle.

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, venuti dall’Italia e da altri Paesi. Saluto il gruppo di Quinceañeras di Panama e gli studenti di Badajoz in Spagna. Saluto i pellegrini di Moiano e Monteleone di Orvieto, quelli di Acqui Terme e i ragazzi del Gruppo Agesci Cercola Primo.

E adesso con grande affetto saluto i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma! Siete venuti nella “Carovana della Pace”. Vi ringrazio per questa iniziativa, tanto più preziosa quest’anno perché, pensando alla martoriata Ucraina, il nostro impegno e la nostra preghiera per la pace devono essere ancora più forti. Pensiamo all’Ucraina e preghiamo per il popolo ucraino, così maltrattato. Ascoltiamo ora il messaggio che i vostri amici, qui accanto a me, ci leggeranno.

[lettura del messaggio]

Cari fratelli e sorelle, dopodomani partirò per un viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica del Sud Sudan. Ringrazio le Autorità civili e i Vescovi locali per gli inviti e per i preparativi di queste visite, saluto con affetto quelle care popolazioni che mi attendono.

Quelle terre sono provate da lunghi conflitti: la Repubblica Democratica del Congo soffre, soprattutto nell’Est del Paese, per gli scontri armati e per lo sfruttamento; mentre il Sud Sudan, dilaniato da anni di guerra, non vede l’ora che finiscano le continue violenze che costringono tanta gente a vivere sfollata e in condizioni di grande disagio. In Sud Sudan arriverò insieme all’Arcivescovo di Canterbury e al Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia: vivremo così insieme, da fratelli, un pellegrinaggio ecumenico di pace.

A tutti chiedo, per favore, di accompagnare questo Viaggio con la preghiera.

E auguro a tutti una buona domenica. E per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.


La “carovana” in piazza San Pietro 

L’Acr di Roma per l’Ucraina


La pace va allenata continuamente e Papa Francesco è «il miglior allenatore che possiamo desiderare» scendendo «in campo per tifare la pace». Lo hanno confidato due giovanissimi dell’Azione cattolica ragazzi della diocesi di Roma, che, affacciatisi accanto al Pontefice, hanno letto un messaggio in occasione della tradizionale “Carovana” incentrata quest’anno sul tema “Allenati alla pace!”.

È stato lo stesso Francesco a porgere loro — un bambino e una ragazza della parrocchia di San Luigi di Montfort a Torrevecchia —  il microfono con cui hanno  voluto «gridare forte la voglia di pace» che hanno. In particolare per l’Ucraina e le tante altre guerre lontane di cui non si parla, con l’auspicio «che il nostro grido  raggiunga tutti».

Quest’anno la diocesi di Roma ha deciso di rappresentare la pace nell’ambito dello sport e dello spirito di squadra. In essa — considerata una palestra di vita cristiana — «abbiamo capito che non possiamo fare tutto da soli», imparando a «essere amici con i compagni e l’allenatore» senza litigi, bensì unendo «le forze per giocare una bella partita insieme».

Dopo due anni di assenza a causa della pandemia, la loro colorata presenza in piazza San Pietro —  erano circa 1.500 tra ragazzi, educatori, genitori, insegnanti e sacerdoti accompagnati dal cardinale vicario Angelo De Donatis — si è fatta  sentire con canti e slogan e vedere con striscioni e palloncini colorati. 

Ma la “carovana della pace” è soprattutto azione e impegno concreto. Sono state infatti promosse due diverse esperienze di solidarietà: una a sostegno del  Centro sportivo italiano (Csi)  e una  della Caritas diocesana a supporto delle realtà che si occupano dei ragazzi più disagiati del territorio di Roma. Ogni parrocchia ha infatti portato un’offerta e un pallone da donare «così che tutti i bambini possano giocare e divertirsi insieme».