Il cardinale Parolin a Lourdes per le Giornate di san Francesco di Sales

Il dialogo e l’amicizia
armi della diplomazia

 Il dialogo e l’amicizia  armi della diplomazia   QUO-022
27 gennaio 2023

«Nel mondo odierno — lacerato da tensioni, conflitti e genocidi, e profondamente ferito dalla guerra — la “via del dialogo” come “via dell’amicizia” può sembrare fragile, ma è l’unica che può attraversare i muri e costruire i ponti di una vera fraternità». Lo ha rimarcato ieri a Lourdes il cardinale Pietro Parolin in una conferenza sulla diplomazia vaticana al servizio della pace.

Invitato nella cittadella mariana per la 26a edizione delle Giornate internazionali di san Francesco di Sales, dedicate al tema «come farci sentire», il segretario di Stato nello stesso giorno ha presentato il Premio Jacques Hamel — istituito per ricordare il sacerdote francese assassinato il 26 luglio 2016 mentre celebrava la messa nella chiesa di Saint-Etienne du Rouvray — e stamane ha presieduto l’Eucaristia nella basilica del Rosario, facendosi pellegrino alla grotta di Massabielle.

Nel suo intervento dedicato alla «correlazione tra la missione della Chiesa e la ricerca della pace», alla presenza di oltre 200 giornalisti, il porporato ha rilanciato il magistero dei Pontefici — da Francesco a Benedetto xvi , da Giovanni Paolo ii a Paolo vi , fino a Giovanni xxiii con la sua lunga pregressa esperienza di diplomatico — indicando il dialogo e l’istruzione come i mezzi per eccellenza per costruire la pace. Educare ad essa — ha detto citando Papa Bergoglio — «implica un impegno a far crescere le persone, non solo per quanto riguarda la sfera intellettuale, ma soprattutto quella morale e sociale delle relazioni e delle scelte quotidiane». Perciò, ha aggiunto, «la Santa Sede opera sulla scena internazionale non per garantire una pace qualunque, che verrebbe percepita come generica o solo come assenza di guerra, ma per sostenere relazioni eque, il rispetto delle norme internazionali, la tutela dei diritti umani, a cominciare da quelli dei più poveri e vulnerabili. La pace non è solo un punto fermo della dottrina della Chiesa — ha chiarito Parolin — ma è una sorta di tabella di marcia per l’operato della Santa Sede e per l’attività diplomatica che essa svolge», sebbene le sue azioni restino «spesso lontane dai riflettori».

Attualizzando la riflessione il relatore si è soffermato sugli “errori” e gli “orrori” «di conflitti multiformi dalle conseguenze drammatiche, vergognose e disumane. La guerra in Ucraina — ha detto — ne è uno sconvolgente esempio. E davanti alle immagini che ci raggiungono quotidianamente, c’è il rischio dell’assuefazione» o dell’indifferenza. «Finiamo quasi per non fare più caso agli attentati mortali, alla pioggia di missili — le armi intelligenti non esistono —, alle vittime civili, ai bambini sotto le macerie, ai soldati uccisi, alle vedove, agli orfani, agli sfollati». Al contrario, ha spiegato, le lacrime di Papa Bergoglio all’Immacolata lo scorso 8 dicembre, esprimono bene «la passione per la pace e la compassione per i sofferenti». Esse, ha auspicato Parolin, «siano un potente antidoto contro il rischio dell’abitudine al male» e suonino come un «richiamo alla diplomazia, alla politica, alla finanza e all’economia, all’industria degli armamenti e a tutti gli affari amorali che la circondano, per uscire dal letargo, per annichilire la logica dell’arricchirsi versando sangue o affamando popolazioni». Ecco allora che il segretario di Stato ha ribadito «i reiterati appelli di Francesco, affinché siano messi in atto tutti i possibili strumenti diplomatici e tutti i mezzi umani per porre fine all’attuale terza Guerra mondiale».

Da ultimo il porporato si è soffermato sulle cinque linee guida della diplomazia della Santa Sede: la riconciliazione, che esige il dialogo e il confronto per giungere a una giusta soluzione; la verità, che consiste nel non falsificare le notizie; la giustizia, che è rispetto della dignità e dei diritti; la solidarietà, che vuol dire non lasciare le persone in mezzo alla strada, come insegna il Buon samaritano; e la libertà, che è l’aspirazione a poter essere se stessi come persone e come popoli.

Successivamente, alla consegna del premio Hamel, svoltasi alla presenza della sorella del religioso Roselyne, il cardinale ha ringraziato il vincitore, il giornalista Christophe Chaland del settimanale «Le Pilgrim», per aver raccontato i due anni trascorsi da padre Maccalli in ostaggio dei jihadisti in Mali.

Infine nella messa odierna, commentando le letture, ha esortato all’«autenticità» per «rimanere saldi nella fede, gioiosi nella speranza e disinteressati nella testimonianza». Riferendosi quindi alle Giornate di san Francesco di Sales (organizzate dalla Federazione francese dei media cattolici e altre realtà) ha evidenziato come «parlare oggi richiede il coraggio del martire, perché a volte ci troviamo derisi, emarginati, persino perseguitati», ha concluso.