L’arcivescovo Gallagher all’evento promosso da Comunione e liberazione

Il multilateralismo illuminato per promuovere la pace

 Il multilateralismo illuminato  per promuovere la pace   QUO-017
21 gennaio 2023

Roma , 21 A sessant’anni dall’enciclica Pacem in terris di Giovanni xxiii e a quasi un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina qual è la via giusta per promuovere la pace? Questa la domanda di fondo alla quale ha voluto dare una risposta l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, intervenendo ieri al convegno sul tema «La guerra in Ucraina e la “profezia per la pace”», promosso dalla fraternità Comunione e liberazione presso la Pontificia Università Urbaniana.

Partendo dal principio che la pace è come «un edificio da costruirsi continuamente attraverso opere di giustizia, sviluppo e solidarietà, realizzato attraverso la pratica della fiducia e della fratellanza umana», monsignor Gallagher ha guardato con preoccupazione al periodo storico attuale, segnato non solo dal conflitto «nella “martoriata” Ucraina che il 24 febbraio prossimo compirà un anno e per la quale non dobbiamo cadere nel rischio di assuefazione e di indifferenza di fronte ai numerosi morti civili e ambienti urbani e naturali devastati», ma anche dai tanti «teatri di tensione» in tante parti del mondo.

Siamo di fronte a una «terza guerra mondiale di un mondo globalizzato», ha sottolineato l’arcivescovo ricordando le parole di Papa Francesco, ed esprimendo la sua preoccupazione per «l’accelerazione del riarmo: gli ultimi dati mostrano, purtroppo, che nel 2021 per la prima volta le spese militari mondiali hanno superato i 2.000 miliardi di dollari, un valore decisamente superiore a quello della Guerra Fredda e corrispondente a quasi il doppio della spesa nel 2000». Senza dimenticare che ciò che viene destinato alle spese militari, ha aggiunto il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali — ovvero il 2,2 per cento delle ricchezze mondiali — rappresenta quelle «risorse inevitabilmente tolte a investimenti volti a promuovere il lavoro, le cure mediche, la lotta alla fame, lo sviluppo».

C’è inoltre un paradosso, anzi «un grande scandalo», ha evidenziato l’arcivescovo: ovvero il fatto che «questa spesa per gli armamenti continuamente in crescita non contribuisce a ridurre l’insicurezza, ma la fomenta», perché «la ricerca degli equilibri di forze spinge ciascuno Stato a cercare di assicurarsi un qualche margine di superiorità, nel timore di trovarsi in situazioni di svantaggio. Ma le armi e gli eserciti non ci garantiranno una maggiore sicurezza». Tanto più che fenomeni come la diffusione di una pandemia e il riscaldamento globale «incidono fortemente sulla nostra sicurezza, ma non conoscono frontiere».

Di fronte a gravi problematiche globalizzate, come agire dunque? Monsignor Gallagher ha indicato alcune possibili soluzioni: in primo luogo, ha richiamato «alla necessità, anzi all’indispensabilità, di una collaborazione internazionale, capace quindi di rispondere alla sfida della pace, i cui ingredienti principali devono essere giustizia, sviluppo, solidarietà». In secondo luogo, occorre una riflessione su una sicurezza «che non sia limitata solo a una “difesa attraverso gli armamenti”, ma che sia “integrale”, capace di “abbracciare” le differenti sfaccettature di tale concetto, tra di loro fortemente interrelate: la sicurezza alimentare, la sicurezza ambientale, quella sanitaria, economica, del corpo sociale». Una sicurezza integrale, insomma, «a cui ancorare il multilateralismo e la cooperazione internazionale».

La sicurezza integrale, ha sottolineato ancora l’arcivescovo, non può basarsi sulla «legge della forza» che sostituisce «la forza della legge»; sono necessarie «una nuova etica e una nuova dinamica anche nelle relazioni internazionali, che sappia rispondere al rischio che “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (Caritas in veritate, 19)». Solo così, infatti, si può passare «dalla competizione alla cooperazione; una cooperazione lungimirante fondata sulla priorità della tutela della dignità della persona e della promozione della vita umana, attraverso il dialogo e la fiducia reciproca, che rappresentano elementi essenziali del multilateralismo».

Infine, monsignor Gallagher ha evidenziato l’importanza di impegnarsi nel «processo di educazione alla pace e al dialogo», perché «solo in questo modo si può costruire una ragionevole e lungimirante collaborazione di tutti gli Stati e quindi il rafforzamento di quello che potremmo chiamare “multilateralismo illuminato”» che tuteli e consolidi «beni preziosi» come il dialogo e la fiducia.


All'Urbaniana


«Basterebbe il 10 per cento di quanto usato per armarsi per far finire la fame nel mondo»: il direttore del quotidiano «Avvenire», Marco Tarquinio, intervenendo al convegno all’Urbaniana, è partito da questa premessa per sottolineare come quella della Chiesa sia l’unica voce «alta, ferma e convincente» nel parlare di pace in un mondo in cui sussistono oltre 160 conflitti aperti, come quelli in Ucraina, in Siria e nello Yemen. Oggi, infatti, «sembra impossibile parlare di pace», ha aggiunto dal suo canto Davide Prosperi, presidente della fraternità Comunione e liberazione. Ma proprio per questo bisogna lavorare instancabilmente alla ricerca della riconciliazione, perché il  compito dei cristiani è  «testimoniare che solo la speranza costruisce».