All’Unione nazionale italiana mutilati per servizio

Chiamati a diventare una forza di pace nella società

 Chiamati a diventare una  forza di pace nella società  QUO-017
21 gennaio 2023

«Diventare una forza di pace nella società, aiutando a risolvere i conflitti in modo pacifico, ricercando il bene comune e richiamando l’attenzione su chi è meno tutelato»: è il compito affidato dal Papa ai membri dell’Unione nazionale italiana mutilati per servizio, ricevuti in udienza stamane nella Sala Clementina.

Cari amici, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Presidente per le sue parole, specialmente per avermi assicurato, a nome di tutti voi, il sostegno nella preghiera. Davvero, ne ho bisogno, questo lavoro non è facile! Grazie della vostra preghiera, è il più bel regalo che potete farmi. Ma vi ringrazio anche di cuore per il dono del Crocefisso che avete fatto realizzare per l’occasione, con l’immagine del Buon Pastore. Così le vostre preghiere sono come condensate in questa scultura.

Vorrei condividere con voi due semplici pensieri, che mi vengono suggeriti dalla particolare identità della vostra associazione.

Il primo è che voi, come altre realtà simili — e in Italia grazie a Dio sono molte — con questa vostra Unione vi impegnate a dare un senso sociale a quella che, individualmente, è stata un’esperienza negativa, una limitazione subita in circostanze per ognuno diverse. Questo è un aspetto di grande valore morale e spirituale. Ciascuno è invitato a superare la tendenza a chiudersi in sé stesso, nella propria condizione, per aprirsi all’incontro, alla condivisione, alla solidarietà. E questo può generare un grande cambiamento, voi lo sapete bene. Il limite, il peso da portare rimane tale, non sparisce, ma riceve un senso diverso, un senso positivo: davanti alla vostra condizione, al posto del segno “meno”, voi mettete un segno “più”. E questo è possibile farlo insieme, perché ci si sostiene a vicenda.

Questa trasformazione del negativo in positivo è uno degli aspetti essenziali del mistero di Gesù Cristo. Qui posso solo accennarlo, ma spero che avrete modo di approfondirlo in qualche vostro incontro. In sintesi, Gesù, con la forza dell’amore di Dio, ha trasformato il male in bene, non però in astratto, in teoria, ma in sé stesso, nella sua esperienza personale, nella sua stessa carne. Il male che ha dovuto subire, culminato nella passione e nella morte di croce, Lui lo ha trasformato in sacrificio di salvezza per noi. L’ha fatto grazie all’amore del Padre suo, ricco di infinita misericordia. Questo mistero Gesù lo ha concretizzato nell’Eucaristia, quando, sapendo ciò a cui andava incontro, cioè la croce, ha reso grazie al Padre sul pane e sul vino e ha lasciato ai discepoli il sacramento del suo sacrificio. Così ha trasformato il male in bene, l’odio in amore, la violenza in guarigione. Come vi dicevo, è solo un accenno, ma merita di essere ripreso sia personalmente che insieme.

La seconda riflessione, collegata a questa, mi è stata suggerita dal vostro impegno per la pace. So che per alcuni di voi la causa dell’invalidità è legata proprio a una missione di pace, o all’adempimento di un servizio all’ordine pubblico e alla legalità. E questo arricchisce, per così dire, il patrimonio morale della vostra associazione. Ma l’impegno di essere costruttori di pace vale per tutti, indipendentemente dalla storia di ognuno. Anche qui ci viene incontro la parola di Gesù che proclama: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9). Di fronte a una guerra che sembra un mostro invincibile, che cosa possiamo fare, oltre alla preghiera? Possiamo cercare, nella vita di tutti i giorni, di affrontare i conflitti evitando ogni violenza e sopraffazione, anche verbale. E non è facile! Perché a volte basta una parola per ferire o uccidere un fratello o una sorella. Pensiamo alla calunnia; pensiamo al chiacchiericcio, che è così usuale, è pane di ogni giorno, e fa tanto male, distrugge. Allora l’associazione può e deve diventare una forza di pace nella società, aiutando a risolvere i conflitti in modo pacifico, ricercando il bene comune e richiamando l’attenzione su chi è meno tutelato.

Cari amici, vi ringrazio della vostra visita e vi incoraggio ad andare avanti nel vostro cammino associativo. Il Signore vi doni la forza di aiutare tante persone a mettere un segno “più” davanti alla loro condizione difficile. Benedico voi, benedico le vostre famiglie. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie!