L’arcivescovo Gallagher al convegno dal titolo «Le armi delle diplomazie»

Verso la pace con il dialogo
e non con la forza

 Verso la pace con il dialogo e non con la forza   QUO-016
20 gennaio 2023

Sono tre i «possibili sentieri» evocati dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher per «un rinnovamento dell’attività diplomatica degli Stati e delle Organizzazioni internazionali», considerato anche il drammatico conflitto in corso in Ucraina. Il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali è intervenuto ieri, a Roma, al convegno sul tema Le armi delle diplomazie. Dialogo su Santa Sede ed Europa davanti alla guerra. All’evento ha preso parte anche il professor Romano Prodi, già presidente della Commissione europea, con il quale monsignor Gallagher ha avuto un dialogo. «Il preoccupante scenario geopolitico odierno — ha sottolineato l’arcivescovo — chiede alle diplomazie il coraggio di superare la semplice ripetizione di cliché tradizionali o formule preordinate», riscoprendo «il senso profondo del suo essere arte del possibile».

Di qui, i tre suggerimenti: il primo è quello di «considerare il ricorso alle “armi delle diplomazie” non più come l’espediente per separare idee e posizioni contrapposte o per fermare le guerre in atto, magari con lunghe tregue armate, ma come strumento di coesione preventiva tra le parti in lite, a partire dalla ferma convinzione che la pace può essere raggiunta mediante il dialogo e l’ascolto attento e discreto piuttosto che attraverso reciproche recriminazioni, critiche inutili e dimostrazioni di forza». In quest’ottica, monsignor Gallagher ha esortato a promuovere uno ius pacis da intendersi come uno ius contra bellum e da concretizzare mediante «la configurazione di un corpus normativo in grado di sviluppare, attualizzare e soprattutto imporre gli strumenti già previsti dall’ordinamento internazionale per risolvere pacificamente le controversie e scongiurare il ricorso alle armi».

Il secondo percorso di rinnovamento dell’attività diplomatica diventa necessario davanti l’attuale conflitto in Ucraina, ha sottolineato l’arcivescovo, poiché esso «ha reso più evidente la crisi che da tempo interessa il sistema multilaterale». Nello specifico, il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali ha ribadito l’esigenza di «una riforma degli organi che ne consentono il funzionamento, affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri». Ed è in quest’ottica che monsignor Gallagher ha auspicato «un ritorno allo “spirito di Helsinki”», ovvero alla conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, svoltasi nella capitale finlandese nel 1975, magari lavorando «per realizzare una nuova grande conferenza europea dedicata alla pace».

Il terzo suggerimento avanzato da monsignor Gallagher riguarda il considerare il valore della diplomazia non solo collegato alle intenzioni di fare la guerra e al suo svolgimento, ma anche e soprattutto «la sua capacità di gestire le delicate fasi successive ad una guerra, quando lo scontro rischia di trasformarsi in un conflitto occulto in cui ogni parte vuole legittimare la propria volontà».

Anche in questo caso, l’arcivescovo ha evidenziato l’importanza di una maturazione di uno «ius post bellum, ricodificato rispetto a quello tradizionale che si limita a riassettare territori, a riconoscere nuove o mutate sovranità, o a garantire con la forza armata i nuovi equilibri tra vincitori e vinti». Nelle fasi del post-conflitto, inoltre, «l’accento sulla fraternità tra le religioni costituisce un punto di forza dell’attività diplomatica della Santa Sede», ha ricordato l’arcivescovo, guardando anche al prossimo viaggio del Papa in Sud Sudan assieme all’arcivescovo di Canterbury e al moderatore generale della Chiesa presbiteriana di Scozia, «mosso dall’intima convinzione che le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa» .

Centrale, poi, il richiamo di monsignor Gallagher a non dimenticare mai la centralità della persona umana, perché gli «artigiani di pace hanno il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale e considerano gli altri nella loro dignità più profonda, convinti che l’unità è superiore al conflitto». Dunque, «in un mondo frammentato e multipolare che accentua le differenze piuttosto che colmare i divari», ha spiegato, la diplomazia pontificia «non limita l’attenzione agli interessi delle parti belligeranti, ma si impegna ad ascoltare, assumere e farsi eco del grido straziante d’aiuto della gente fragile e indifesa, che ha vissuto gli orrori di una guerra e attende e spera un diverso avvenire».

Il valore aggiunto sarà anche quello della «misericordia, quale fattore costruttivo e garante dell’ordine internazionale, l’unico realmente capace di spezzare la catena dell’odio e della vendetta e disinnescare gli ordigni dell’orgoglio e della superbia umana, causa di ogni volontà belligerante». Attraverso la misericordia, infatti, ha ribadito monsignor Gallagher, sarà possibile realizzare «non solo un assetto delle relazioni internazionali fondato sulla dignità della persona, ma si potrà definire una governance dei principali problemi che toccano la famiglia umana: il disarmo e la sicurezza, la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame, la cura delle malattie, l’alfabetizzazione, la gestione dei flussi migratori, l’educazione all’ecologia integrale».

«Si vis pacem para pacem — ha concluso l’arcivescovo —. Impegniamoci a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce», ma con «l’incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni», affinché «la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni di sviluppo e di futuro».

Il convegno di ieri — organizzato dalla Cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace, l’Università di Bologna con la Fondazione per le scienze religiose Giovanni xxiii e la ReCui (Rete delle Cattedre Unesco Italiane) — è stato moderato dall’ambasciatore Umberto Vattani, presidente della Venice International University. Sono intervenuti inoltre Giovanni Molari, rettore dell’Università di Bologna, e Alberto Melloni, titolare della Cattedra Unesco.