L’impegno di una religiosa a Bangkok per la cura del creato e la prevenzione della tratta

Guarire il mondo affinché diventi una casa migliore

 Guarire il mondo affinché diventi una casa migliore  QUO-016
20 gennaio 2023

Dopo cinquant’anni di vita religiosa, suor Agnes Kanlaya Trisopa si è lanciata in una terra di missione completamente nuova. Poco più di un anno fa, infatti, dopo aver concluso il suo lavoro di formazione ai giovani che aspirano alla vita religiosa, ha dato vita a un progetto con due finalità che le stanno molto a cuore: la cura del creato e la prevenzione del traffico di essere umani. Suor Kanlaya appartiene alle suore del Sacro Cuore di Gesù di Bangkok, in Thailandia, comunità diocesana fondata nel 1897. Le suore svolgono il ministero di catechiste, amministratrici scolastiche, insegnanti e altre attività a livello parrocchiale.

Dopo avere letto l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, suor Kanlaya decide di creare un sistema di gestione della raccolta differenziata: lo spunto viene soprattutto dal paragrafo 211, quello che parla degli eco-cittadini: «Nel suo documento — ricorda la religiosa — il Pontefice ci sollecita ad adottare comportamenti e virtù persistenti nella nostra vita quotidiana per prenderci cura del pianeta, in quanto cittadini ecologici. La raccolta differenziata è una delle opzioni suggerite dal Santo Padre».

La modalità di procedere concretamente per la realizzazione del sogno di suor Agnes Kanlaya viene dal monaco buddista Pra Ajan Suchut Patchoto: con il suo aiuto la religiosa ha imparato, insieme a centinaia di altre persone, a differenziare i rifiuti e a smaltirli «fino ad arrivare a zero». In che modo, però, si inserisce in tutto questo la prevenzione del traffico di esseri umani? Trisopa lavora in questo territorio dal 2005 e sa molto bene che «povertà e disoccupazione sono le ragioni determinanti per cui le persone» diventano preda dei trafficanti. E così con la raccolta differenziata ha creato anche nuovi posti di lavoro: «Sapevo di essere sulla strada giusta e ricordavo il messaggio di Papa Francesco alla rete Talitha Kum: “Un’economia senza la tratta di persone è un’economia di cura. Per cura si può intendere la cura delle persone e della natura, offrendo prodotti e servizi per la crescita del bene comune” (8 febbraio 2021)».

Con le conoscenze tecniche e la convinzione di essere sulla strada giusta, suor Kanlaya decide di ampliare l’esperimento di «rifiuti zero» utilizzando la sala da pranzo del convento: «Volevo dimostrare che questo progetto era possibile, così come lo intendevo io». Sceglie poi di assumere una giovane, Wanrapa “View” Singwonsa. «Ci ha mostrato come pulisce meticolosamente i diversi tipi di plastica e li rivende, guadagnando così un piccolo reddito extra per la sua famiglia, e ci ha insegnato a fare lo stesso», racconta la religiosa. Dopo circa un anno, «ho iniziato a vedere i primi risultati e non solo nella nostra comunità. Ho avuto riscontri positivi e la collaborazione di molte congregazioni religiose, di scuole, comunità cristiane e organizzazioni ecclesiali». Per quanto riguarda la ragazza assunta, suor Kanlaya precisa che non solo ha potuto beneficiare «del guadagno in più per sostenere la sua famiglia ma che ha anche continuato ad acquisire conoscenza nel riciclo dei rifiuti. È orgogliosa di se stessa, soprattutto per la pazienza e diligenza nel contribuire, da un lato, a fare del nostro pianeta un posto migliore e, dall’altro, a guadagnare più denaro dalla vendita e dal riciclo dei rifiuti. Mi piace pensare che una donna semplice abbia trovato dignità e indipendenza per il solo fatto di avere smistato e riciclato i rifiuti. Nel futuro, vorrei invitarla a collaborare con me come relatrice nelle conferenze, per condividere la sua esperienza con altri, al fine di estendere questo progetto a famiglie a basso reddito in altre comunità povere».

Il progetto, però, non finisce qui: suor Agnes Kanlaya ci spiega che, oltre a smistare i rifiuti, ripulirli e venderli a istituzioni di riciclo, un altro modo per generare guadagno è usare gli stessi rifiuti per creare oggetti che possono essere venduti. «Possiamo anche riciclare rifiuti puliti che siano stati separati per tipologia», spiega. Buste di plastica possono diventare carburante diesel, la carta può diventare carta riciclata, le bottiglie dell’acqua possono trasformarsi in tessuti, lattine per bibite possono essere usate per realizzare borse. Alcuni tipi di plastica possono essere utilizzati per realizzare eco-brick, che spesso vengono fatti dai detenuti.

Una visita alla vicina scuola gestita dalle suore del Sacro Cuore, nella cui sala da pranzo suor Kanlaya ha allestito il suo laboratorio di prova, ci conferma il racconto. I rifugiati che arrivano da Paesi vicini e che non possono ottenere un lavoro legalmente trasformano l’immondizia in bellissimi reliquiari, cuscini, decorazioni, vasi, sciarpe, accessori per capelli, braccialetti e composizioni di fiori. Una delle rifugiate impegnate in questo progetto ci ha spiegato che quello che può essere inutile per una persona «è invece importante per realizzare prodotti che possono essere riutilizzati». Ci ha fatto vedere come riciclano la carta e come utilizzano i cartoni del latte per creare bellissimi vasi con belle immagini. Con questo impegno, «ho avuto la possibilità di aiutare famiglie povere a guadagnare qualche soldo e allo stesso tempo continuare a guarire il mondo affinché diventi una casa migliore per l’umanità», spiega Trisopa. Il suo lavoro non è ancora finito: ha in mente altri progetti per completare ciò che ha raggiunto con successo. Vuole trasformare, infatti, la sala da pranzo del convento in un laboratorio per la formazione alla separazione dei rifiuti, per insegnare come l’immondizia possa generare guadagno. «Oltre a separare i rifiuti per rivenderli — dice la religiosa — voglio arrivare a produrre tessuto dalle bottiglie di plastica. Questo aprirà strade di impiego sostenibile per le donne della comunità e farà sì che non siano tentate di abbandonare il loro villaggio per accettare lavori che le espongano al rischio di cadere vittime della tratta di persone».

Suor Kanlaya ammette, infine, che «la creazione di prodotti dalla spazzatura non porta certo a ottenere una società completamente a rifiuti zero ma sicuramente prolunga l’esistenza dei rifiuti stessi e genera denaro per i poveri».

di Bernadette Mary Reis


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