Verso il viaggio del Papa
Il dialogo tra Francesco e gli universitari africani

Avanti!

 Avanti!  QUO-015
19 gennaio 2023

In vista dell’imminente viaggio di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, in programma dal 31 gennaio al 5 febbraio prossimi, la teologa segretario della Pontificia commissione per l’America Latina offre una rilettura del dialogo tra il Pontefice e gli universitari africani (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=BVQUER24be8) svoltosi il 1° novembre scorso , in occasione dell’Incontro sinodale «Building bridges across Africa».

In più occasioni il Santo Padre ha menzionato la minaccia che l’“indietrismo” rappresenta per la Chiesa cattolica. Forse per questo, nel ii Incontro sinodale tra studenti universitari e Papa Francesco: Building bridges across Africa, del 1° novembre 2022, Sua Santità esordisce con un monito ai giovani: «State attenti quando qualcuno vi dice all’orecchio che voi siete la novità, no, voi siete il passo avanti». La parola “avanti” è ripetuta 33 volte durante l’incontro. Questo significa essere apostoli: andare avanti senza paura. Di fronte alle commoventi domande degli studenti in difesa di una vita dignitosa per gli africani, Francesco li incoraggia a costruire ponti andando avanti. Li sprona a resistere nell’identità cattolica, uniti e organizzati, elaborando una dottrina politica propria a partire dalle radici storiche dei loro popoli, sostenendo che «l’organizzazione vince il tempo».

Considerando i giovani come i frutti di un albero con radici, dice loro: «fatevi carico della storia dei vostri popoli», «fatevi carico di questo potere», «siate missionari di voi stessi» perché «l’Africa non esiste per essere sfruttata. L’Africa non esiste per essere l’immagine di una sottocultura».

Dinanzi alla confusione espressa dai giovani cattolici rispetto alla molteplicità delle offerte di spiritualità e ministeri che vendono loro seducenti alternative di salvezza comunitaria, Papa Francesco consiglia loro di stare attenti al «supermarket della salvezza», a non lasciarsi imprigionare dalla «sindacalizzazione religiosa». Al contrario, propone loro di discernere a partire dal cuore, senza intermediari, pensando che «prima appartengo alla mia patria, appartengo a Dio, e poi vedi in che gruppo religioso sei».

Questi giovani cattolici, colpiti dalla critica situazione sociale africana, chiedono al Santo Padre che cosa fare di fronte: alla violenza verso le donne e la terra; alla fame; alla povertà; alla semi-permanenza dei rifugiati; alla migrazione economica per mancanza di un lavoro dignitoso; ai fondamentalismi religiosi tradotti in violenza urbana; all’ingiustizia ecologica; e alla disoccupazione giovanile per mancanza di formazione. Francesco, in sintonia con le sue due encicliche sociali, Laudato si’ e Fratelli tutti, risponde, rispettivamente, smascherando le cause della crisi socio-ambientale e proponendo l’organizzazione come la miglior politica.

Francesco spiega ai giovani che «il saccheggio delle risorse è la causa della tragedia della migrazione africana» perché «impoverisce lentamente i popoli (...) provocando lo spostamento e la migrazione dei giovani (...), i quali vanno a cercare lavoro in un altro posto perché il Paese non lo dà loro». Concorda con loro sul fatto che si tratta di una «migrazione economica (...) perché è la fame che vi porta a migrare».

Francesco mette in discussione lo slogan «l’Africa esiste per essere sfruttata», funzionale alla costruzione dell’idea su cui poggia culturalmente «una storia di colonizzazione molto selvaggia». Osserva che alcuni Paesi «restano in rapporto di dipendenza con il colonizzatore a causa delle ricchezze del sottosuolo», mentre «l’indipendenza o è totale o non è».

Secondo Francesco, «la domanda su “dove finiscono le nostre risorse” è una buona domanda», perché «c’è uno squilibrio tra la produzione e l’usufrutto della produzione». Di fronte a ciò, spiega ai giovani che «la sfida è costruire ponti, tra il nord e il sud, e anche attraverso il continente. Costruire ponti significa fare passi avanti. La missione dei giovani è di guardare sempre avanti, verso l’equità internazionale».

In difesa di tutta la vita, e di fronte all’evidenza di morte per l’Africa che il Mediterraneo rappresenta come cimitero più grande d’Europa, Francesco propone loro la politica migliore: l’organizzazione: «Non state fermi, muovetevi. Chiaramente darete fastidio, ma muovetevi. Organizzatevi e aiutate gli altri a organizzarsi. Se sarete soli, sarete vinti; ma se vi organizzerete, lotterete, molti saranno martiri, ma otterrete qualcosa. Sappiate che l’organizzazione vince il tempo, l’organizzazione va al di là del tempo. Organizzatevi, non giocate da soli, come isole, perché perderete. Organizzati soffrirete, sarete perseguitati, ma trionferete. Andate avanti. Che quello che rischiate produca frutti per la patria, per la gioventù dell’Africa. Andate avanti, vi accompagno in questo, ma aiutate gli altri a organizzarsi e organizzatevi».

Allora gli studenti gli chiedono: «Come ci incoraggia a continuare a lavorare per impegnarci nella vita politica del nostro Paese per impregnarla dei valori cristiani e della giustizia sociale»? Francesco risponde: «I giovani vogliono essere inclusi nel processo di crescita del Paese, di crescita della patria. Una crescita che vi permetterà non solo di fare domande su diversi temi, ma anche di esprimervi. Penso che la non partecipazione dei giovani sia la morte di un Paese. I giovani devono abituarsi a partecipare socialmente, politicamente, religiosamente, culturalmente, intellettualmente. Non potete aspettare domani».

Il Papa li avverte: «Commetterete imprudenze, ma è proprio dei giovani commettere imprudenze; così imparate a essere prudenti. Ma se non vi muovete, se non fate nulla, non sarete mai imprudenti e non imparerete mai a essere prudenti. Coraggio»!

Francesco li ascolta, discerne evangelicamente con loro, riflette socialmente con loro e si domanda: «Non è che la situazione sociale, economica, e persino la situazione culturale, sta creando nei giovani un complesso d’inferiorità? State attenti, non lasciatevi schiacciare dall’inferiorità, da nulla e da nessuno».

Li invita a «non lasciarsi schiavizzare! A volte si perde la vita lottando per queste cose. Quanti martiri sociali ci sono! Persino tra i giovani. Penso ai Paesi dell’America Latina, quanti giovani hanno perso la vita lottando socialmente e politicamente per il loro Paese. Ma sono diventati semi di ispirazione per altri giovani che portano avanti quella lotta. Per favore, non lasciatevi schiavizzare».

Dice loro: «Organizzatevi bene, con una certa prudenza, siate forti. Non lasciatevi intrappolare, lottate. Se non lottano i giovani, chi lo farà? È vero che ciò può essere seme di martirio, ma Dio ci dà il coraggio per questo. Fatevi coraggio con prudenza. Fatevi consigliare da persone sagge, da persone che possono capire tutto ciò».

Di fronte alla preoccupazione dei giovani per l’aumento degli attacchi fondamentalisti, il Papa li avverte: «Questo banditismo terroristico, quando cresce, è un suicidio sociale». Proprio per questo aggiunge che «di fronte a ciò i giovani non possono restare passivi». Precisa che l’alternativa sociale è «resistenza, organizzazione e dottrina politica», ma aggiunge anche: «Fate attenzione, perché l’azione politica dei giovani non può essere un’azione qualsiasi. Deve essere dottrina politica. Formatevi nella dottrina politica reale, concreta. Fare politica è una forma alta della carità perché va verso il bene comune».

Francesco racconta poi che tante volte vede «come i giovani fanno politica, ma si sbagliano o, peggio ancora, come si tendono loro trappole per farli sbagliare». Perciò dice loro: «Preparatevi seriamente, con una saggia dottrina politica». Ciò significa che «ogni popolo non può limitarsi a copiare le risorse di un altro popolo. Deve cercare il suo proprio cammino di superamento e fare una dottrina politica che nasca dal popolo stesso, non imposta, non che viene qualcuno a dirgli che cosa deve fare, che sia di destra o di sinistra. No. Dovete essere voi a segnare il vostro cammino». E aggiunge che devono farlo «insieme e organizzati» e indica loro i passi da seguire: «resistenza, organizzazione e dottrina politica, con prudenza e con astuzia; anche perché Dio vi ama e vi darà la forza per andare avanti».

Andare avanti, insieme e organizzati, presuppone un’educazione di qualità. Il Papa parla di come la mancanza di formazione professionale dei giovani «annulla la dinamica della gioventù ed è una delle armi dell’assoggettamento». Afferma che «la promozione umana nelle scuole e nelle università deve andare avanti ma in una linea liberatrice, non in una linea di cooperazione con i poteri di repressione». Spiega loro: «le scuole e le università devono essere libere (...), per il popolo, non per i settori più sofisticati o più agiati di una società (...). Si deve educare tutto il popolo, perché tutti siamo il popolo in un Paese, siamo quelli che cresciamo e che andiamo avanti».

Infine gli studenti gli chiedono: «Che cosa significa realmente essere un giovane cattolico africano»? Francesco risponde: «Oggi questa identità viene messa in discussione». Perciò li avverte: «Un giovane che non si fa carico delle radici che ha ricevuto (...) non può maturare». Li esorta a partecipare ma «senza trasformarsi in caudillos rivoluzionari», bensì «in quello che hanno ricevuto, ossia in una ricchezza culturale, politica, patriottica e portarla avanti»; e aggiunge: «Dovete lottare affinché vi lascino fare». Spiega loro che il modo di camminare è «uniti e in avanti nelle radici, nella storia e nella tradizione; e in avanti nella promessa politica, nel lavoro e nell’organizzazione».

Il messaggio del Santo Padre di fronte alla domanda dei giovani sull’identità cattolica è chiaro: «Impegnatevi! Un giovane cristiano ha l’obbligo d’impegnarsi, perché altrimenti non è cristiano. Quando Gesù spiega quale sarà il protocollo secondo il quale saremo giudicati, ti dice un sacco di cose che hanno a che vedere con l’impegno: Ho avuto fame e mi hai dato da mangiare? Ho avuto sete e mi hai dato da bere? Sono stato malato e mi hai visitato? Sono stato carcerato e sei venuto a trovarmi? Hai lottato per la giustizia? È questo il punto: è un impegno. Oggigiorno essere cristiani è impegnarsi. Dovete lottare contro tutta quella struttura che vi impedisce d’impegnarvi».

di Emilce Cuda