Al Corpo diplomatico

 Al Corpo diplomatico  QUO-009
12 gennaio 2023

«Occorre... procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte». È quanto ha raccomandato Papa Francesco ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede durante il tradizionale incontro di inizio anno in Vaticano. Ricevendoli in udienza lunedì mattina, 9 gennaio, nell’Aula della Benedizione, il Pontefice ha pronunciato un discorso nel quale ha riproposto l’attualità delle indicazioni della Pacem in terris di san Giovanni xxiii e ha offerto, come di consueto, una panoramica delle situazioni più rilevanti che contraddistinguono oggi il quadro socio-politico internazionale. Eccone i punti nodali.

Nel contesto di un dialogo rispettoso e costruttivo, la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese hanno concordato di prorogare per un altro biennio la validità dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi, stipulato a Pechino nel 2018. Auspico che tale rapporto collaborativo possa svilupparsi a favore della vita della Chiesa cattolica e del bene del Popolo cinese.

Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario dell’Enciclica Pacem in terris di S. Giovanni xxiii, pubblicata poco meno di due mesi prima della sua morte. Negli occhi del “Papa buono” era ancora vivo il pericolo di una guerra nucleare... Purtroppo, ancora oggi la minaccia nucleare viene evocata, gettando il mondo nella paura e nell’angoscia.

Non posso che ribadire in questa sede che il possesso di armi atomiche è immorale... Sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti, tutti!

Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti.

L’esempio più vicino e recente è proprio la guerra in Ucraina, con il suo strascico di morte e distruzione; con gli attacchi alle infrastrutture civili che portano le persone a perdere la vita non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo... Non posso che rinnovare quest’oggi il mio appello a far cessare immediatamente questo conflitto insensato.

Anche quest’anno, con tanto dolore, dobbiamo guardare alla Siria come a una terra martoriata. La rinascita di quel Paese deve passare attraverso le necessarie riforme, anche costituzionali, nel tentativo di dare speranza al popolo siriano.

La Santa Sede segue anche con preoccupazione l’aumento della violenza tra palestinesi e israeliani, con la conseguenza drammatica di molte vittime e di una totale sfiducia reciproca... Auspico che le autorità dello Stato d’Israele e quelle dello Stato di Palestina possano ritrovare il coraggio e la determinazione nel dialogare direttamente al fine di implementare la soluzione dei due Stati in tutti i suoi aspetti.

Alla fine del mese, potrò finalmente
recarmi pellegrino di pace nella Repubblica Democratica del Congo, con l’auspicio che cessino le violenze nell’est
del Paese e prevalga la via del dialogo... Il pellegrinaggio proseguirà in Sud
Sudan.

Non dobbiamo dimenticare altre situazioni in cui continuano a pesare le conseguenze di conflitti non ancora risolti. Penso in particolare alla situazione nel Caucaso meridionale. Esorto le parti a rispettare il cessate il fuoco.

Penso, altresì, allo Yemen, dove regge la tregua raggiunta nell’ottobre scorso ma tanti civili continuano a morire a causa delle mine, e all’Etiopia, dove auspico che continui il processo di pacificazione.

Seguo con apprensione pure la situazione in Africa Occidentale, sempre più afflitta dalle violenze del terrorismo.

Seguo parimenti con particolare attenzione la situazione del Myanmar, che ormai da due anni sperimenta violenza, dolore e morte.

Penso, infine, alla penisola coreana, per la quale auspico che non vengano meno la buona volontà e l’impegno per la concordia, al fine di costruire la tanto desiderata pace e la prosperità per l’intero popolo coreano.

La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto “diritto all’aborto”.

Il diritto alla vita è minacciato anche laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran, in seguito alle recenti manifestazioni, che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne.

In alcuni contesti, penso ad esempio all’Italia, è in atto un pericoloso calo della natalità, un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società.

La pace esige anche che sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa. È preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e sono molti i Paesi in cui la libertà religiosa è limitata.

Penso alle varie crisi politiche in diversi Paesi del continente americano, con il loro carico di tensioni e forme di violenza che acuiscono i conflitti sociali. Penso specialmente a quanto accaduto recentemente in Perú e, in queste ultime ore, in Brasile, e alla preoccupante situazione ad Haiti, dove si stanno finalmente compiendo alcuni passi per affrontare la crisi politica in atto da tempo.

Seguo, poi, con attenzione la situazione in Libano, dove si è ancora in attesa dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e auspico che tutti gli attori politici si impegnino per consentire al Paese di riprendersi.