I lavoratori immigrati
nel Golfo: diritti e religione

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03 gennaio 2023

Nel magistero sociale di Papa Francesco la solidarietà nei confronti dei migranti diviene apertura verso l’altro, anche se di fede diversa, nel quadro «del dialogo» e «di una cultura di tolleranza», come si legge nel documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Il documento fu firmato nel 2019 negli Emirati Arabi Uniti, paese fondatore e membro del Gulf Cooperation Council (Gcc). In Arabia, cuore dell’islam, la regione del Gcc, comprendente anche Arabia Saudita, Bahrein, Kuwait, Oman e Qatar, è la terza più importante destinazione dei flussi migratori a livello mondiale, dopo Nord America ed Europa.

L’Occidente spesso fa riferimento allo sfruttamento degli immigrati in questi paesi: si tratta certo di un problema reale per la manodopera non specializzata, ma il sistema della kafāla (tutela legale), con cui gli Stati hanno a lungo gestito la presenza di lavoratori stranieri, non ha impedito che tanti di loro, asiatici e africani, abbiano sviluppato un “senso di appartenenza” al luogo di residenza, in contesti che escludono l’integrazione, ma non mancano di garantire la coesistenza pacifica. La necessità di riformare la kafāla, che può creare condizioni per abusi, è una questione dibattuta in loco e alcune riforme sono già state avviate, ma ancora molti sforzi sono richiesti anche sul piano sociale.

In questo quadro in evoluzione, emerge come un dato di grande rilevanza la presenza degli immigrati cristiani. In costante crescita, essi rinviano a un ruolo attivo e particolarmente apprezzato della Chiesa cattolica nell’area, soprattutto nel settore della formazione. Un fertile dialogo tra alcune autorità locali ed esponenti della Chiesa cattolica ha aperto la strada alla nascita e all’espansione di spazi religiosi cristiani in Bahrein, in Kuwait e negli Emirati Arabi Uniti, dove le scuole cattoliche, sin dal secolo scorso, sono ben conosciute, e frequentate sia da figli di immigrati di religioni diverse sia da cittadini del Gcc. In realtà come la Sacred Heart School del Bahrein si è andata delineando una nuova sensibilità rispetto ai diritti “dell’altro”. Programmi di istruzione fondati su valori umani condivisi da musulmani e non-musulmani hanno contributo alla crescita sociale e a una collaborazione costruttiva tra comunità diverse. Tutto ciò oggi consente a tanti immigrati anche cristiani di vivere in modo positivo la loro esperienza di vita, di lavoro e di fede nel Golfo.

di Elena Maestri
Docente di Storia e istituzioni del mondo musulmano