Costruire ponti Dal Canada la storia di Manuel

Vorrei essere un albero

 Vorrei essere  un  albero  ODS-006
30 dicembre 2022

Manuel, come stai?

Non molto bene, oggi. Mi sembra di non riuscire a trovare pace in questi giorni. Ora sta arrivando l’inverno e non so se potrò dormire all’aperto. Prima lo facevo, ma l’inverno scorso ho capito che faceva troppo freddo per me. Non so perché sono cambiato (a Toronto, nelle notti d’inverno si possono raggiungere a volte i 30 gradi sotto zero).

Una volta mi hai parlato della tua paura che la gente non ti ascolti, che vivrai la tua vita senza che qualcuno sappia qualcosa di te. C’è un giornale che vuole ascoltare quello che i senza dimora e i poveri vogliono dire. Che ne pensi?

Mi sembra una buona idea.

Ok. Allora, che vorresti che la gente sapesse di te?

Che sono un aborigeno. Che sono nato e cresciuto a Toronto.

Ti piace questa città?

Sì, all’inizio mi piaceva perché è la città che non dorme mai: 24 ore su 24, sette giorni su sette… c’è sempre movimento. Poi le luci, mi piacevano le luci e la luminosità di questa grande città. All’inizio…

E adesso?

Non mi piace più. Sento che non ho mai il tempo per stare con me stesso, per stare da solo. Anche di notte. Ora dormo nel parco e c’è sempre gente che cammina, che parla… Ora sento il bisogno di un cambiamento. Non so se un’altra città possa essere la risposta. Forse ho bisogno di una città piccola per potermi isolare, per stare da solo.

Com’è il quartiere in cui vivi ora?

È un quartiere accatastato, dove la gente guarda i senzatetto dall’alto in basso. Le persone si comportano come se il parco appartenesse solo a loro. Quando sono lì, non mi salutano mai… Il giorno del Ringraziamento ero lì da solo e nessuno mi ha rivolto la parola. Credo di essere scoppiato a piangere quel giorno. E a nessuno importava. Ho pensato che se fossi morto a nessuno sarebbe importato. Vivo o morto mi avrebbero trattato allo stesso modo.

C’è qualcosa che ti piace lì, visto che non sei ancora partito?

Sì, gli alberi. A volte penso che abbiano dei sentimenti e mi chiedo come ci si debba sentire a restare bloccati nello stesso posto per anni. Sono molto gentili a South Riverdale. A volte parlo con loro: “Ragazzi, devo lasciarvi, mi dispiace. Sta arrivando l’inverno. Fa freddo. Non posso restare qui. Devo lasciarvi e questo mi rende triste”. A volte penso che sarebbe bello trasformarmi in un albero.

Manuel, tu preghi?

Lo facevo, come lo fanno i nativi. Bruciando tabacco ed erba dolce e lasciando le ceneri vicino agli alberi.

Riesci a perdonare le persone che ti ignorano?

Adesso è molto difficile. Alla fine dovrò farlo, per non trattenere tutta la rabbia che mi porto dentro. Altrimenti finisco per dare un pugno in faccia a qualcuno.

È utile?

Sì, un po’ (ride).

Vedo che hai con te il telefono. È l’amico che non hai?

In realtà, non lo uso più come prima. E mi fa arrabbiare il fatto di doverne comprare uno nuovo ogni mese perché qualcuno me lo ruba o perché lo perdo o lo rompo. Per la maggior parte del tempo, durante il giorno, sono all’incrocio. E penso che la sera controllerò il telefono e giocherò un po’. Ma ora sono così stanco che mi addormento all’instante. Prima passavo più tempo a fare domande a Google.

Che tipo di domande?

Una volta ho chiesto a Google come si arriva in paradiso. Pensavo di volerci andare. Non voglio finire con il diavolo.

Cosa ti ha risposto?

Credo che abbia risposto dicendo che per i cristiani bisogna avere fede in Gesù e pregare. Una volta ho anche chiesto a Google se Dio esiste.

Ti ha chiarito la questione?

Non proprio. Troppo politicamente corretto. Non mi ha dato una risposta precisa. Dovrei chiederlo di nuovo. Forse ha cambiato opinione.

Cosa hai imparato stando per strada a Toronto e in generale?

Ho imparato a non prendere le cose sul personale. A non pensare che la gente ti giudichi. Perché questo è stato parte del mio problema. Quando ti guardano e fanno finta che tu non ci sei. È difficile per me, soprattutto quando è una brutta giornata. Mi sono reso conto di avere molta rabbia. La sento soprattutto quando ho paura e litigo con le persone che conosco o quando penso di essere uno stupido per essermi ridotto così. Sono sempre arrabbiato quando vedo le persone felici. So che non è giusto. E sento di non essere felice, di non esserlo mai stato e che nessuno dovrebbe esserlo (sorride). In quei momenti qualcosa dentro di me si rompe e scatta la rabbia. Non sono felice e devo capire perché. E devo imparare a non prendermela con gli altri. Per questo cerco di passare più tempo da solo...

Devo andare ora. Devo andare all’incrocio.

*responsabile della St. John
The Compassionate Mission

di padre Nicolaie Atitienei *