2022: un anno con Papa Francesco

Quel grido ostinato di pace

 Quel grido ostinato  di pace  QUO-296
29 dicembre 2022

«Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano... la pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo... Propongo che mercoledì prossimo sia una giornata di preghiera per la pace». Al termine dell’Angelus domenicale del 23 gennaio il Papa lanciava un primo appello per scongiurare l’invasione russa dell’Ucraina. Quindi, concludendo l’udienza generale del 26 successivo, esortava a chiedere «con insistenza al Signore che quella terra possa... superare ferite, paure e divisioni... È un popolo [che] ha sofferto la fame [e] tante crudeltà. Le preghiere e le invocazioni che oggi si levano... tocchino le menti e i cuori dei responsabili perché facciano prevalere il dialogo e il bene di tutti sia anteposto agli interessi di parte. Per favore, mai la guerra».

Un grido ostinato e ininterrotto che ha segnato tutto l’anno 2022. Purtroppo, infatti, l’escalation militare non si è arrestata e circa un mese dopo, il 24 febbraio, iniziava il conflitto. Appena il giorno precedente, sempre all’udienza del mercoledì, Francesco aveva confidato: «Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione nell’Ucraina. Nonostante gli sforzi diplomatici... si stanno aprendo scenari sempre più allarmanti... Tanta gente, in tutto il mondo, sta provando angoscia e preoccupazione... E ora vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti... Invito a fare del prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, una Giornata di digiuno per la pace». E facendo seguire i gesti alle parole, all’indomani dell’esplosione del conflitto, il 25 febbraio il Papa con un’iniziativa inedita si era recato personalmente nella sede dell’ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede. Inoltre aveva avuto i primi di una serie di colloqui telefonici con il presidente dell’Ucraina e con l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina. Da allora ogni domenica e ogni mercoledì il Papa ha ripetuto appelli per la pace (oltre un centinaio), ha anche espresso in alcune interviste il desiderio di recarsi a Kyiv (e a Mosca) e ha inviato alcuni cardinali (Krajewski più di una volta, ma anche Czerny e Grech) e l’arcivescovo Gallagher a manifestare la propria vicinanza al martoriato popolo, soprattutto ai profughi rifugiatisi nei Paesi confinanti. In più di un’occasione, incontrando fedeli giunti a Roma dalla nazione dell’Europa orientale, ha avuto gesti di tenerezza soprattutto nei confronti dei bambini.

Nel mese di marzo, con l’intensificarsi dei bombardamenti, c’erano stati il 16 la videochiamata con il Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, il 19 la visita all’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù nel reparto dove vengono curati i piccoli arrivati dall’Ucraina e il 25 l’atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria: «Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore — aveva pregato il Pontefice — ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria. Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina... Fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace».

Più di recente, all’Angelus del 2 ottobre si era rivolto per la prima volta direttamente ai capi dei due Stati belligeranti, e il 25 novembre aveva scritto una lettera agli ucraini nel nono mese di guerra: «Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione», aveva assicurato. Una vicinanza testimoniata dalle lacrime di commozione che gli hanno rigato il volto durante la tradizionale sosta di preghiera dell’8 dicembre ai piedi della statua dell’Immacolata nei pressi di piazza di Spagna.