L’omaggio floreale dei piccoli

Un gesto di speranza

  Un gesto di speranza  QUO-294
27 dicembre 2022

Un pensiero a tutti coloro che soffrono la fame nel mondo, senza dimenticare di guardare a Betlemme, che significa “casa del pane”, di fronte a sprechi e spese per le armi. Papa Francesco si è rivolto così, dalla Loggia centrale della basilica Vaticana, ai circa 70 mila fedeli riuniti a Natale in un’assolata piazza San Pietro per il tradizionale messaggio e la benedizione Urbi et Orbi. Accompagnato da monsignor Diego Ravelli, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, Francesco si è affacciato a mezzogiorno in punto di domenica 25. Accanto a lui i cardinali diaconi James Michael Harvey e Marcello Semeraro, insieme al cerimoniere pontificio monsignor Ján Dubina.

Ad accoglierlo — con i tanti pellegrini presenti — l’inno pontificio eseguito prima dalla banda musicale della Guardia svizzera e poi da quella delle Forze militari italiane, che hanno anche fatto risuonare, a loro volta, le prime note dell’inno di Mameli.

Il Papa ha pronunciato il suo messaggio in italiano, invitando a non dimenticare che «Gesù, luce vera, viene in un mondo malato di indifferenza», e ha poi fatto riferimento ai drammi che si consumano nei cinque continenti. Dopo la solenne benedizione a tutti i presenti e a quelli che erano collegati attraverso radio, televisione e altri mezzi di comunicazione, ha quindi visitato il presepe allestito nella Cappella Sistina, realizzato da Giuseppe Passeri.

E proprio nella mangiatoia, piccolo oggetto ma anche segno «con cui Cristo entra nella scena del mondo» ed è vicino all’uomo, il Pontefice ha individuato il vero senso del Natale, dove Gesù insegna che «la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nelle persone, soprattutto nei poveri». Francesco lo ha ricordato durante la messa della notte, presieduta sabato 24 nella basilica Vaticana. In quest’occasione i protagonisti della celebrazione sono stati i piccoli, undici per la precisione, i quali hanno “circondato” con composizioni floreali la statua del Bambino Gesù, posta su un tronetto proprio davanti alla Confessione. Gesti avvenuti a conclusione del canto della Kalenda e scanditi dal suono a distesa delle campane, con l’accensione di tutte le luci della basilica fino a quel momento rimasta in suggestiva penombra. E così ha avuto inizio la messa, preceduta da un momento di preghiera proprio in preparazione alla celebrazione.

All’inizio della terza parte della preparazione si è, dunque, avviata la processione — accompagnata dal tradizionale canto Noel — alla quale hanno partecipato i cardinali e i vescovi presenti. A rappresentare l’Asia c’erano i bambini indiani Stefin Ennamplasseril ed Elisa Tharappel, Livia Fusco dalle Filippine e Marco Yun Stabile e Anastasia Ido Ryu dalla Corea; l’Africa, i congolesi Espérant Elukya Ohoto e Grâce Kabuiku Modiri; l’America, la messicana Elisabetta Zanetti e i salvadoregni Jacobo e Javier Levin; e l’Europa, l’italiano Francesco De Giorgio.

Sempre loro, al termine della celebrazione, hanno accompagnato il Papa che portava in braccio la statua del Bambinello. Dopo averlo baciato, Francesco lo ha consegnato al diacono ministrante perché fosse deposto nel presepe allestito nella cappella della Presentazione, all’altare di San Pio x , mentre il coro della Cappella Sistina intonava il tradizionale canto Tu scendi dalle stelle.

Nelle cinque preghiere dei fedeli, insieme a quelle in cinese, francese, portoghese e malayalam, l’invocazione, in arabo, al «Padre di tutti, che ama e dona la pace, affinché conceda a quanti hanno responsabilità politiche, sociali ed economiche» il coraggio di rigettare la violenza e di costruire l’amicizia tra i popoli. «Il Padre della luce che con la nascita del suo Figlio illumina la notte del mondo — ha invocato in cinese Zhang Xingwei — conceda alla Chiesa di far risplendere davanti a tutti la lampada della fede nella carità operosa». In francese, Marc Pauchard ha pregato perché «il Padre del Salvatore nostro Gesù Cristo, che ha mandato l’Unigenito nel mondo conceda a Papa Francesco di servire con amore apostolico il popolo santo affidato alla sua cura pastorale». Quindi, dopo l’invocazione in arabo di Jacob Shofany, in portoghese Daniele Luiza de Oliveira ha pregato affinché «il Padre della consolazione che non abbandona l’opera delle sue mani, conceda a quanti soffrono di trovare ristoro nella sua presenza e conforto nella solidarietà fraterna». Infine, in malayalam, l’indiana Neethu Babu ha auspicato che «il Padre della vita che ha in mano le sorti del mondo, infonda fiducia e speranza nel cuore dei giovani affinché diventino artefici di giustizia e custodi dei beni della terra».

Con Papa Francesco hanno concelebrato numerosi cardinali: tra loro il decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, il vice decano Leonardo Sandri e il segretario di Stato, Pietro Parolin, si sono accostati all’altare al momento della preghiera eucaristica. Molti anche gli arcivescovi, i vescovi e i sacerdoti concelebranti. Con i rappresentanti del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede erano gli arcivescovi Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, e Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali; monsignor Roberto Campisi, assessore; Francesca Di Giovanni, sotto-segretario per il Settore multilaterale della Sezione per i Rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali; e monsignor Joseph Murphy, capo del Protocollo.

I canti sono stati eseguiti dal coro della Cappella Sistina diretto dal maestro Marcos Pavan, accompagnato dal coro-guida.

Prima della celebrazione il Papa ha incontrato brevemente nella Cappella di San Leone una delegazione dell’ambasciata del Vietnam per la consegna di una lettera del presidente del Paese asiatico.