Il «virus più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano» è quello della guerra, perché «proviene dall’interno del cuore, corrotto dal peccato». Ancora una volta sono le tragedie dell’Ucraina e di tutti i popoli martoriati da violenze al centro dei pensieri di Papa Francesco, che anche nell’annuale messaggio per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio non dimentica le vittime innocenti mietute dai conflitti a ogni latitudine. Presentato venerdì 16 dicembre nella Sala stampa della Santa Sede, il documento ha per tema «Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace». Eccone i punti nodali.
Anche se ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio.
È un invito a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci.
Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, ribaltando l’apparente tranquillità delle società più privilegiate, generando disorientamento e causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle.
In una situazione che non era del tutto chiara neanche dal punto di vista scientifico, il mondo della sanità si è mobilitato... così come le Autorità politiche, che hanno dovuto adottare misure in termini di organizzazione e gestione dell’emergenza.
Il Covid-19 ha provocato anche un malessere nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e diverse limitazioni di libertà.
Non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato l’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze.
Ha minacciato la sicurezza lavorativa e aggravato la solitudine sempre più diffusa, in particolare dei più deboli e dei poveri.
Pensiamo ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza supporto durante il periodo di confinamento.
Un tale senso di sconfitta indebolisce gli sforzi per la pace e provoca conflitti, frustrazioni e violenze.
La pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità.
Dopo tre anni, è ora di interrogarci, imparare, crescere.
La più grande lezione che il Covid-19 ci lascia è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande è la fratellanza umana.
Urge promuovere insieme valori universali... La fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e nella globalizzazione si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia di giustizia, concordia e pace.
Spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti.
Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”.
È nella fraternità e nella solidarietà che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo eventi dolorosi.
Solo la pace che nasce dall’amore disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali.
Una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra... guidata da scelte umane colpevoli.
La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza... anche per quanti a chilometri di distanza ne soffrono gli effetti collaterali: basti pensare ai problemi del grano e del carburante.
Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate.
Non possiamo pensare solo a interessi personali o nazionali.
È ora di impegnarci per la guarigione della società e del pianeta.
Le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse.
Dobbiamo combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno un salario minimo e sono in difficoltà.
Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati.