La piaga del lavoro minorile dilaga in Afghanistan

Se questa è una bambina

An Afghan girl works at a brick kiln in Nangarhar province on November 20, 2022. (Photo by Str / ...
15 dicembre 2022

Disperazione, stanchezza, paura: nello sguardo di questa bambina afghana c’è tutto questo e anche di più. Alla sua giovane età, dovrebbe andare a scuola, giocare, sorridere al mondo con speranza e curiosità. Invece lei fa l’operaia in una fornace di mattoni situata nella provincia di Nangarhar. Le sue piccole mani non vestono bambole, non sfogliano libri, non danzano nell’aria, ma scavano e impastano terra e argilla. Non è da sola, purtroppo: come lei, tanti altri minori in Afghanistan sono costretti a lavorare. Le ultime stime di Save the children ne contano almeno un milione in tutto il Paese.

All’origine di questo dramma c’è la crisi economica dovuta al congelamento dei fondi internazionali, deciso dopo il ritorno dei talebani al potere, e la guerra in Ucraina che ha provocato rincari a tutte le materie prime. Mesi e mesi di siccità estrema e inondazioni fuori stagione, inoltre, hanno spazzato via raccolti, ucciso capi bestiame e azzerato le fonti primarie di cibo e acqua potabile. La popolazione è alla fame: secondo i dati della Croce rossa internazionale, 20 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare. «Non riusciamo a coltivare nulla sulla nostra terra, abbiamo venduto tutto il nostro bestiame — racconta un anziano dell’impervia provincia di Balkh, nel nord dell’Afghanistan —. I nostri figli sembrano scheletri».

Presi dallo sconforto, i genitori ritirano i figli da scuola per mandarli a lavorare, cercando di guadagnare qualcosa. E i bambini che lavorano possono ritenersi “fortunati” perché, in qualche modo, riescono a sopravvivere. Per gli altri, invece, la prospettiva è quella di essere sedati con i farmaci somministrati dai loro stessi genitori, affinché non sentano troppo i morsi della fame, oppure di essere venduti ai creditori che reclamano il saldo dei debiti provocati dalla povertà. E l’orrore più grande è che una bambina vale 100.000 afghani, ovvero mille euro, mentre un rene viene pagato tre volte tanto.

«La comunità internazionale perseveri nei suoi sforzi per combattere lo sfruttamento del lavoro minorile in modo risoluto, congiunto e deciso, affinché i bambini possano godere della bellezza di questa fase della vita, coltivando anche i sogni di un futuro luminoso», ha scritto Papa Francesco a maggio scorso, nel messaggio inviato alla quinta Conferenza globale sull’eliminazione del lavoro minorile, svoltasi a Durban, in Sudafrica. Un “mandato” da ricordare ancora e ancora, affinché questa piaga scompaia per sempre. (isabella piro)