L’appello del cardinale Damasceno Assis durante la beatificazione di Isabel Cristina Mrad Campos

Si ponga fine al femminicidio

 Si ponga fine al femminicidio  QUO-283
12 dicembre 2022

«Il martirio di Isabel Cristina» spinge a invocare da Dio «la grazia che le donne siano rispettate nella loro dignità». Che cessino «lo sfruttamento delle donne e i crimini sessuali contro di loro. Che non siano viste, trattate e sfruttate come oggetti di piacere», soprattutto, che si ponga fine al «femminicidio!». È l’accorato appello rivolto dal cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo emerito di Aparecida, in occasione della beatificazione in Brasile di “Cris” — come era familiarmente conosciuta — Mrad Campos. Durante il rito, presieduto in rappresentanza di Papa Francesco sabato 10 dicembre nel parque de Exposições di Barbacena, il porporato ha esortato a non aver paura di «spezzare la catena della violenza e dell’oppressione» e ad abbandonare «le ideologie che, contrarie al Vangelo, cosificano le persone, soprattutto le donne!».

La fede, ha detto il cardinale all’omelia, porta a vivere «un’esperienza di rispetto, accettazione, tolleranza e e la promozione della dignità della vita per tutti, senza eccezioni, dalla concezione fino al suo termine naturale». Certo, ha aggiunto, non tutti sono chiamati «al martirio del sangue, ma tutti siamo chiamati a vivere ogni giorno il “martirio” quotidiano senza versamento di sangue, offrendo la vita a Dio e accettando le difficoltà e i sacrifici con amore».

Il porporato ha chiesto di guardare all’esempio di Isabel Cristina, affinché la nuova beata aiuti «a rinnovare la nostra adesione al martirio, accogliendolo nella nostra fedeltà quotidiana al Vangelo e alla nostra conformità a Cristo». Da qui l’invito ad avere il coraggio di «accettare le croci, le sofferenze, l’angoscia e il dolore della nostra vita quotidiana».

Rivolgendosi ai giovani, ha detto loro di non aver paura di spendere la vita per valori che non tramontano. «Conoscere e amare Gesù — ha spiegato — è ciò che dà senso alla nostra vita». Basti guardare alla beata: «giovane, studentessa, aveva sogni, aveva amici, le piaceva la musica... Dio non ci toglie nulla!». Al contrario, egli «diventa il nostro Tutto! In Lui, con Lui e attraverso di Lui tutti i nostri pensieri, parole e azioni si rinnovano». In questo rinnovamento, «non sono il potere, il piacere, il possesso, la violenza e l’oppressione che contano. Ciò che ha valore è la fede che ci porta a vivere nella speranza e testimoniare l’amore». L’arcivescovo emerito di Aparecida ha ricordato quanto diceva Isabel Cristina: «Spero che continueremo ad amarci ogni giorno di più. Così costruiremo il nostro piccolo mondo, pieno d’amore, di pace e di amicizia».

Riprendendo le parole più volte ripetute da Papa Francesco, il porporato ha evidenziato che è il martirio «di una vita nascosta e vissuta nella fedeltà ai valori del Vangelo», il martirio che tutti devono chiedere. Infatti, ogni giorno «attraversiamo la grande tribolazione, laviamo e rendiamo candida la nostra veste nel Sangue dell’Agnello e siamo invitati a testimoniare la nostra fede nelle più diverse realtà e circostanze: nelle nostre case con le nostre famiglie, sul lavoro con le persone che trascorrono parte della giornata con noi, nel traffico in auto o sui mezzi di trasporto pubblico, nella nostra partecipazione alla vita della Chiesa, infine in tutti gli ambienti in cui ci troviamo».

Damasceno Assis ha poi chiesto di pensare ai momenti in cui si deve essere comprensivi e pazienti con le persone che si incontrano, come quelli in cui «siamo obbligati a sopportare una malattia, unendo il dolore delle nostre sofferenze a quello di Cristo, offrendo la nostra vita come atto di lode a Dio». D’altra parte, «quanti poveri e malati — ha osservato — sono veri e propri martiri perché testimoniano l'amore di Cristo con l'offerta della propria vita!».

Non ebbe paura del martirio la giovane Cris, che durante il suo brutale assassinio, il 1° settembre 1982, «non temette colui che poteva uccidere il suo corpo ma non la sua anima». Quel crudele evento non «fu in alcun modo la vittoria della violenza e del male sulla pace e la bontà, perché venne in suo soccorso la parola di Gesù: “Non avere paura!”».

Così ella «non ebbe paura e divenne martire». Non è morta invano, perché «il sangue dei martiri è il seme dei cristiani» (Apologia, 50, 13). Questa frase di Tertulliano ricorda uno dei grandi doni della Chiesa: il martirio. A tale proposito, il cardinale ha posto l’interrogativo se non sia forse insensato considerare il martirio come un dono di Dio. In questo senso, sant’Óscar Romero, il vescovo martire di El Salvador, ha una risposta: «Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare, ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia un seme di libertà e un segno che la speranza sarà presto una realtà». Così, la fede testimoniata diventa «martirio quotidiano, nel vivere la verità, la giustizia, il perdono, la solidarietà, la gioia, l’amore e la pace».

Ci sono molti, nel tempo attuale, ha aggiunto il cardinale celebrante, che «non si lasciano sopraffare dalle forze della morte e quotidianamente, giorno dopo giorno, si sforzano di portare la luce in ambienti un tempo dominati dalle tenebre, per portare consolazione a coloro che soffrono, per portare la vita a coloro che muoiono senza speranza!».

Nei valori evangelici vissuti concretamente, secondo il carisma della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, la nuova beata «ha appreso la virtù della purezza e della castità, l’amore per i poveri, la cura per i bisognosi». Sono stati questi valori, «saldamente radicati nel suo cuore, che le hanno permesso di non cedere all’odio e alla brutalità e di rimanere fedele all’amore e alla pace», ha concluso il porporato.