Il discorso consegnato alla comunità del seminario conciliare di Barcellona

Quel rosario sacerdotale

 Quel rosario sacerdotale  QUO-282
10 dicembre 2022

Pubblichiamo una nostra traduzione del discorso in spagnolo consegnato dal Pontefice alla comunità del seminario conciliare di Barcellona ricevuta in udienza questa mattina, sabato 10 dicembre, nella Sala dei Papi.

Stimato rettore,
cari alunni del Seminario Conciliare di Barcellona:

Vi ringrazio di cuore per le vostre parole e vi do il benvenuto in questa casa di Pietro, che è la casa di tutta la Chiesa. So che avete desiderato molto questo incontro e avete chiesto al vostro Arcivescovo, con insistenza, di poter essere qui. Come vedete, la preghiera perseverante dà i suoi frutti, non lo dimenticate mai. È anche importate invocare la mediazione della Chiesa, perciò non smettete di chiedere le preghiere dei vostri pastori e dei fedeli, affinché Dio vi conceda perseveranza nel cammino del bene.

Parlando dei formandi, ci sono due tentazioni: quella di concentrarsi sulle cose brutte, tenendo conto solo delle esperienze negative, e quella di cercare di presentare un mondo idilliaco e irreale. È per questo che, restando in questo tema della preghiera con cui abbiamo cominciato, mi è sembrato interessante un libretto di un vescovo santo della vostra terra, san Manuel González, che sgrana in un rosario sacerdotale le cose belle e quelle brutte che c’interrogano, facendone una preghiera che, per intercessione della nostra Madre Immacolata, presentiamo a Dio.

Ricordate che, quando sarete sacerdoti, il vostro primo obbligo sarà una vita di preghiera che nasca dal ringraziamento per questo amore di predilezione che Dio vi ha dimostrato nel chiamarvi al suo servizio. Questo è il primo mistero gaudioso dal quale tutto nasce. In questa fase di formazione in cui vi trovate, vi farebbe bene se nella vostra preghiera poteste fare un confronto con gli atteggiamenti della Santissima Vergine, chiedendovi: Come stava lei quando Dio l’ha chiamata? E io, come stavo? Con quale zelo prospetto la mia futura vita sacerdotale? Mi leverò — dice san Manuel — come una bolla in una pentola bollente di amore, per portare Dio al mondo? Lo porterò fin sulle montagne, a quel che più arduo e doloroso?

Il sacerdote “non è un dominatore delle anime con l’argento e l’oro... la sua ricchezza, il suo potere, è solo la virtù del nome di Gesù”, ciò vuol dire renderlo presente nell’Eucaristia, nei sacramenti, nella parola, affinché nasca nel cuore degli uomini, essere in tutto e sempre suo strumento. Per questo ci offriamo, come Gesù, nel tempio, come vittime, per la redenzione del mondo. E, nell’ultimo mistero gaudioso c’è un’idea molto importante per tutta la vostra vita, non l’abbandonate mai, mi riferisco a Gesù perso nel tempio, a quel Gesù che devo sempre tornare a cercare nel tabernacolo. Perdetevi lì con Lui, mentre attendete i vostri fedeli: “il buon sacerdote sa molto bene che, finché gli restano occhi per piangere, mani con cui mortificarsi e corpo da affliggere, non ha diritto a dire che ha fatto tutto ciò che doveva fare per le anime che gli sono state affidate”.

Questa dedizione prefigura quello che potete meditare nei misteri dolorosi. Dio ci chiede sacrificio, sacrificio del cuore, rinunciando alla nostra volontà, come Lui ci propone nel Getsemani; sacrificio della sensibilità, nell’ascesi che contempliamo nella flagellazione; sacrificio dell’onore, tanto spagnolo, pensando — come cantate nell’inno di Quaresima — che cercare l’alloro della nobiltà, del titolo accademico, dell’elogio mondano ci allontana da Dio, e bisogna piuttosto aspirare alle corone di spine che c’identificano con il Signore. In questo consiste il sacrificio di accettare la propria croce e di cominciare un cammino, molte volte di abbandono, è il sacrificio della vita. Guardando la croce, leviamo gli occhi al cielo e vediamo il nostro destino. Vi sembra difficile? Non lo è, bastano cose semplici: il letto duro, la stanza stretta, la tavola scarsa e povera, le notti al capezzale degli agonizzanti, alzarsi presto al mattino per aprire la chiesa prima dei bar, e aspettare, accompagnando Gesù solo, i peccatori e i feriti nel cammino della vita.

E arriviamo ai misteri gloriosi, che sono la nostra azione di rendimento di grazie per la Messa di Gesù sulla croce. Dopo il trionfo della resurrezione, Gesù è entrato nel santuario del cielo e da lì perpetua questa continua azione di rendimento di grazie. Vederlo seduto alla destra del Padre ci chiama alla speranza e ci riempie di gioia, perché ci assicura il paradiso. A tal fine Dio invia lo Spirito Santo, l’unico che può insegnarci questi misteri, e un giorno darà a voi il dono di essere sacerdoti di Cristo. Non smettete mai di assaporare e rievocare questo amore di predilezione che si riversa e si riverserà abbondantemente nel vostro cuore, nella vostra ordinazione e nel resto dei vostri giorni. Non spegnete mai quel fuoco che vi renderà intrepidi predicatori del Vangelo, dispensatori dei tesori divini. Unite la vostra carne a quella di Gesù, come Maria, per immolarvi con Lui nel sacrificio eucaristico, e anche nella gloria del suo trionfo.

Cari seminaristi, prendete quindi il vostro rosario e chiedete a Maria, Regina e Madre della Misericordia, di aiutarvi a scoprire i misteri del sacerdozio a cui Dio vi chiama, contemplando i misteri di suo Figlio, accettando che la gioia della sequela e la perfetta identificazione sulla croce sono l’unico cammino per la gloria. Che Dio vi benedica.