Bailamme

Un piccolo fiore per Maria

 Un piccolo fiore per Maria  QUO-281
09 dicembre 2022

«Quel tremulo fiore di Pace respira / la fonte sigillata / purissima / è la Madre del Verbo / Maria Immacolata». Questa breve poesia, inedita, l’ha scritta in questi giorni l’artista Massimo Lippi, forgiatore senese di versi e sculture. È dedicata all’Immacolata Concezione, e il suo titolo coincide con una delle litanie lauretane: Regina sine labe originali concepta.

Il lungo lavoro poetico di Lippi ha ricevuto negli ultimi quarant’anni (la prima pubblicazione di sue liriche risale al 1982) numerose attenzioni critiche e riconoscimenti, come, tra gli altri, quelli di Gian Luigi Beccaria, che, riflettendo sui tratti vernacolari del suo linguaggio, ha pensato alla «solennità arcaizzante peculiare delle parlate toscane, gravide di letteratura due-trecentesca»; di Franco Fortini, che ha individuato «una poesia vicina a Tarkovskij, a certe immagini poderose di Rublëv, Stalker e Lo specchio»; di Giovanni Raboni, che nel ribollire incandescente dei suoi non sempre facili versi ha nondimeno percepito fisicamente l’«imperversare abnorme e incontrollabile della chiarezza», dove «il magma è in funzione della trasparenza».

Sugli argini del torrente lavico del suo fare poetico — si ricordino le raccolte Non popolo mio (1991), Passi il mondo e venga la Grazia (1999), Exilium (2008) — spuntano ovunque piccoli fiori, della stessa specie di quello «tremulo» della citata lirica. Componimenti essenziali, abbreviati, giaculatori, germogliati nella terra della memoria cristiana di un artista formatosi «alla scuola dei contadini, dei barrocciai e degli artigiani del suo popolo», per dirla con un succinto autoritratto. Parole sbocciate dalle preghiere quotidiane ascoltate da bambino, e magari con graziosa fedeltà recitate negli anni, come le litanie che concludono il Rosario —Mater purissima, Regina Pacis… — e che plasmano, non solo evocativamente, i versi inediti, nei quali si svelano anche una menzione del Cantico dei Cantici («Fontana sigillata»), un richiamo al Memorare («Mater Verbi») e, quasi fiore nel fiore, un riecheggiamento dell’antico canto Nitida stella, col suo reiterato rivolgersi a Maria con l’appellativo «florum Flos».

La tentazione sarebbe di comporre un’antologia (del resto si è utilizzata la metafora del fiore) dei versi più esplicitamente oranti di un artista che «si abbandona (…) agli intravisti sorrisi della Grazia, pace anche per il lettore non credente», come ebbe a scrivere di lui Pier Vincenzo Mengaldo. Sono tanti. Ad esempio: «Fermate o Santi / del nostro cielo / il diabolico assalto / con l’umile / potentissima / preghiera»; oppure: «Andare per trasalimenti / da quest’esilio ad un altro / costantemente avversi / e fatti salvi / da la mano che sbuca / oltre la ràgia di nuvolette / come fossero il vestito bono / del Pastore / che traccia col rosso / del sangue / l’abbeverata dell’agnelli»; o ancora: «Basterà un fastellino / asciutto bene / d’ogni nostro dolore / o di creatura misericorde / docile in ascolto / bontà nascosta / che offra a Dio nei poveri / almeno un bicchier d’acqua / un fruscèllo di Speranza / lieve corona». All’ideale florilegio, aggiungiamo anche questa nuova piccola poesia per l’Immacolata Concezione.

di Paolo Mattei