Storie di povertà e malattie nell’Iraq colpito dalla mancanza di acqua

Poca e sporca

Haider Jalil, 10, fills a water tank from a truck outside his family home in the village of ...
05 dicembre 2022

Zahraa ha 7 anni, sua nonna Kazem con una medicazione di fortuna, un semplice unguento, tenta di alleviarle il dolore alle mani. La piccola ha una irritazione alla pelle che la famiglia riferisce alla Reuters essere causato dall’acqua contaminata, un problema particolarmente diffuso nel villaggio di Al Bu Ruwayyshid, a Diwaniya, nell’Iraq centro-meridionale. Poco più di un agglomerato di case che sorgono sulla riva di un vecchio canale ormai prosciugato, in un Paese dove la mancanza di accesso a fonti d’acqua pulita ha causato il ritorno del colera, che quest’estate ha fatto registrare quasi mille casi. Lì vivono anche i fratelli Khudair, Hamza e Haider, 15, 12 e 7 anni: loro padre, Abbas, si è suicidato in agosto dopo che sono falliti i tentativi di trovare una fonte d’irrigazione per i propri terreni agricoli, inariditi dalla siccità che devasta il Paese assieme alle conseguenze di un conflitto mai superato. Abbas percepiva un’indennità mensile di disoccupazione, ma è stato piegato dai debiti contratti per la diminuzione dei raccolti, causata dagli sconvolgimenti climatici, e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, legato al conflitto in Ucraina. Ha provato a scavare pozzi per coltivare i suoi ortaggi, ma ogni pozzo costava l’equivalente dell’indennità che riceveva e ogni volta che un po’ d’acqua affiorava in superficie durava per qualche giorno e poi si prosciugava.

«Il cambiamento climatico è una realtà in Iraq», ha dichiarato la missione delle Nazioni Unite a Baghdad, aggiungendo che il Paese è il quinto più vulnerabile al mondo per le conseguenze del riscaldamento globale a causa dell’aumento delle temperature, della diminuzione delle precipitazioni e delle sempre più frequenti tempeste di polvere. «La desertificazione minaccia oggi quasi il 40 per cento» del territorio, ha denunciato il presidente iracheno Abdul Latif Rashid alla recente Cop27. A Diwaniya, intanto, i bambini continuano a riempire fatiscenti barili d’acqua da cisterne mobili. Uniche fonti di sopravvivenza per i cuori straziati di Khudair, Hamza, Haider e Zahraa. (giada aquilino)