È inammissibile la perdita
«L’incapacità di trovare soluzioni comuni alla mobilità umana nella regione» del Mediterraneo «continua a comportare una perdita di vite umane inammissibile»: è la denuncia di Papa Francesco contenuta nel messaggio inviato ai partecipanti all’ottava Conferenza «Rome M ed Dialogues», in corso dal 1° al 3 dicembre.
Illustri Signore e Signori!
A tutti Voi un cordiale saluto in occasione dell’ viii Conferenza Rome M ed Dialogues, che costituisce da diversi anni un appuntamento promosso dal Ministero italiano per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale e dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, al fine di promuovere politiche condivise nell’area del Mediterraneo.
Il metodo di questa Conferenza è di per sé significativo e importante, vale a dire l’impegno nel dialogo, nel confronto, nella riflessione comune, alla ricerca di soluzioni o anche solo di approcci coordinati verso quelli che sono — e non possono che essere — gli interessi comuni dei popoli che, nella diversità delle rispettive culture, si affacciano sul mare nostrum. Un mare, che, nella sua storia di medium terrarum, ha una vocazione di progresso, sviluppo e cultura che sembra purtroppo avere smarrito nel passato recente e che necessita di recuperare appieno e con convinzione.
Il Mediterraneo, infatti, ha la grande potenzialità di mettere in contatto tre continenti: un collegamento che storicamente, anche tramite la migrazione, è stato grandemente fecondo. Con esso confinano Africa, Asia ed Europa, ma troppo spesso dimentichiamo che le linee che delimitano sono anche quelle che mettono in contatto, e che l’ambivalenza del termine “confine” può alludere anche a un fine comune: cum-finis. Un aspetto, questo, di cui erano ben consapevoli le civiltà che ci hanno preceduto e delle quali il Mediterraneo è stato la culla. Con rammarico dobbiamo constatare che questo stesso mare, oggi, stenta ad essere vissuto come luogo di incontro, di scambio, di condivisione e di collaborazione. Eppure, nello stesso tempo, è proprio in questo crocevia di umanità che ci attendono tante opportunità. Dobbiamo dunque riprendere la cultura dell’incontro di cui abbiamo tanto beneficiato, e non solo nel passato. Così si potrà ricostruire un senso di fraternità, sviluppando, oltre a rapporti economici più giusti, anche relazioni più umane, comprese quelle con i migranti.
La presente Conferenza ha il pregio di rilanciare la centralità del Mediterraneo, attraverso il confronto su un’agenda particolarmente ricca di argomenti, che spazia dai temi di geo-politica e sicurezza, alla tutela delle libertà fondamentali della persona, alla sfida delle migrazioni, alla crisi climatica e ambientale.
L’importanza e la molteplicità degli argomenti sottoposti alla vostra riflessione sollecita una considerazione di fondo. Questa varietà è essa stessa già significativa di come i temi etico-sociali non possano essere disgiunti dalle molteplici situazioni di crisi geopolitica e anche dalle stesse problematiche ambientali. L’idea di affrontare i singoli temi in modo settoriale, separatamente e a prescindere dagli altri è, in tal senso, un pensiero fuorviante. Esso infatti comporta il rischio di giungere a soluzioni parziali, difettose, che non solo non risolvono i problemi ma li cronicizzano.
Penso in particolare all’incapacità di trovare soluzioni comuni alla mobilità umana nella regione, che continua a comportare una perdita di vite umane inammissibile e quasi sempre evitabile, soprattutto nel Mediterraneo. La migrazione è essenziale per il benessere di quest’area e non può essere fermata. Pertanto, è nell’interesse di tutte le parti trovare una soluzione comprensiva dei vari aspetti e delle giuste istanze, che sia vantaggiosa per tutti, che garantisca sia la dignità umana sia la prosperità condivisa.
L’interconnessione delle problematiche richiede che vengano esaminate insieme, in una visione coordinata e la più ampia possibile, come emerso in modo prepotente già nel corso della crisi pandemica, altra evidente conferma che nessuno si salva da solo.
Tale globalizzazione dei problemi si ripropone oggi a proposito del drammatico conflitto bellico in corso all’interno dell’Europa, tra Russia e Ucraina, dal quale, oltre ai danni incalcolabili di ogni guerra in termini di vittime, civili e militari, conseguono la crisi energetica, la crisi finanziaria, la crisi umanitaria per tanta gente innocente costretta a lasciare la propria casa e a perdere i beni più cari e, infine, la crisi alimentare, che colpisce un numero crescente di persone in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più poveri. Il conflitto ucraino sta infatti producendo enormi ripercussioni nei Paesi nordafricani, che dipendono per l’80% dal grano proveniente dall’Ucraina o dalla Russia. Questa crisi ci esorta a prendere in considerazione la totalità della situazione reale in un’ottica globale, così come globali ne sono gli effetti. Pertanto, come non è possibile pensare di affrontare la crisi energetica a prescindere da quella politica, non si può al tempo stesso risolvere la crisi alimentare a prescindere dalla persistenza dei conflitti, o la crisi climatica senza prendere in considerazione il problema migratorio, o il soccorso alle economie più fragili o ancora la tutela delle libertà fondamentali. Né si può prendere in considerazione la vastità delle sofferenze umane senza tener conto della crisi sociale, in cui, per un profitto economico o politico, il valore della persona umana viene sminuito e i diritti umani vengono calpestati.
Tutti noi dobbiamo acquisire una sempre maggiore consapevolezza del fatto che il grido del nostro pianeta maltrattato è inseparabile dal grido dell’umanità sofferente. Risuonano a questo proposito quanto mai attuali le parole dettate circa duemila anni fa da San Paolo nella Lettera ai Romani, là dove presenta il destino comune dell’umanità e della creazione, la quale — dice l’Apostolo — nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio, in vista della quale tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto (cfr. 8, 21-22).
Questo non è solo un obiettivo ultramondano, ma anche l’orizzonte dell’impegno di uomini e donne di buona volontà. Che possa essere anche l’orizzonte dei vostri dialoghi! Con questo auspicio vi auguro un sereno e fruttuoso lavoro, assicurando per questo la mia preghiera e invocando su tutti Voi la benedizione di Dio.
Dal Vaticano, 1 dicembre 2022
Francesco