Messaggio del Papa al Congresso mondiale dell’educazione cattolica

La scuola come lezione
di vita

 La scuola come lezione di vita  QUO-275
01 dicembre 2022

Pubblichiamo in una traduzione italiana dallo spagnolo il testo della lettera che il Papa ha inviato ai partecipanti al Congresso mondiale dell’educazione cattolica, in corso a Marsiglia, in Francia, dal 1° al 3 dicembre, sul tema «La scuola cattolica come corpo di speranza per cambiare il mondo. Costruire insieme il villaggio educativo».

Al signor Philippe Richard
Segretario generale
dell’Ufficio Internazionale dell’Educazione Cattolica (OIEC)

Signor Segretario Generale,

Rispondo con piacere alla sua richiesta di unirmi al Congresso promosso dell’Ufficio Internazionale dell’Educazione Cattolica, che si tiene a Marsiglia dal 1° al 3 dicembre, e al quale partecipano esponenti di questo ambito essenziale della vita della Chiesa, giunti da ogni parte del mondo.

Per la società, l’educazione è certamente un dovere ineludibile e, in molti casi, una sfida urgente. Per il cristiano è inoltre una forma di partecipazione alla funzione profetica che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa. Pertanto, quando ci avviciniamo all’educazione, non possiamo farlo pensando a qualcosa di meramente umano e incentrando la questione su programmi, abilitazioni, risorse, ambiti di ricezione, poiché la vocazione cristiana ci chiede di dare voce a una Parola che non è nostra, che ci supera, che ci trascende.

Logicamente l’insegnamento della scuola cattolica non si limita a questioni confessionali e i contenuti sono aperti a tutti i rami del sapere e a qualunque persona cerchi questo tipo di istruzione. Tuttavia, come diciamo che l’attività della scuola non può ridursi a impartire materie, ma deve anche formare persone nella loro integrità, così, nel parlare della scuola cattolica, è altrettanto irrinunciabile questa componente profetica, che dà all’uomo la capacità non solo di acquisire alcune conoscenze, ma anche di conoscere sé stesso e di riconoscersi come un essere capace di amare e di essere amato.

Con questo non stiamo parlando di proselitismo, e tanto meno di escludere dalle nostre scuole quanti non la pensano come noi. Ciò che voglio dire è che la scuola nel suo complesso si deve configurare come una lezione di vita in cui si integrino diversi elementi, in intima collaborazione con altre istanze, come la famiglia e la società. In tal modo, l’identità delle nostre scuole riuscirà a rendersi presente nel quotidiano, nell’impercettibile e nel vissuto, a intavolare un dialogo, a essere una parola che possa interpellare le persone di fede e al tempo stesso gettare ponti di dialogo con i non credenti.

La grande domanda è: come riuscire a far sì che la scuola cattolica sia realmente quello che il Signore le chiede di essere? Mi sembra che la risposta sia in Gesù stesso. Guardiamo come Lui fu inviato e come invia i suoi discepoli; come Lui insegnava e come chiede loro di insegnare. La prima cosa che vediamo è che il suo invio è allo stesso tempo un atto di amore e di obbedienza. E così invia i suoi discepoli come membra del suo corpo, affinché, ognuno secondo la propria vocazione, rendano trasparente il messaggio che Lui vuole trasmettere, lì dove vuole giungere. La nostra prima caratteristica nasce pertanto dalla comunione. Le nostre lezioni non sono monadi, le nostre scuole non sono compartimenti stagni. Ognuno di noi, e ogni nostra attività, è in comunione con Dio che ci invia, con la Chiesa universale e locale, in un progetto comune che ci supera e ci trascende, al servizio dell’umanità. Questa lezione darà, anche a chi non è cristiano, la certezza che non camminiamo da soli, perché viviamo in una famiglia, in una società, siamo corresponsabili, lavoriamo insieme per un bene comune, nonostante le nostre differenze.

La seconda caratteristica che possiamo trattare oggi è che siamo in cammino, in movimento. Gesù cammina sempre ed esorta i suoi discepoli a fare lo stesso, e addirittura comanda loro di andare davanti a Lui. Chiede loro di andare incontro, di raggiungere i confini della terra. Perciò la scuola cattolica deve accogliere nelle sue iniziative le problematiche sociali, in ambito locale e universale, deve imparare e, in questo processo di apprendimento, deve insegnare ad aprire la mente a nuove situazioni e a nuovi concetti, a camminare insieme senza escludere nessuno, a stabilire punti di incontro e ad adattare il linguaggio affinché sia capace di catturare l’attenzione di chi è più lontano. Voi certamente mi direte che tutto ciò è necessario per dare la migliore formazione possibile ai nostri studenti, ma lo è anche per fare di loro uomini e donne che non si accontentino di accumulare mere conoscenze, e per far sì che questa dottrina consenta loro di acquisire quella saggezza di cui parla san Benedetto, che li faccia crescere e faccia crescere gli altri, lì dove il Signore li invia.

Tutto ciò presuppone un lavoro artigianale che non possiamo realizzare senza l’aiuto di Dio e senza il sostegno di tutti; perciò chiediamo la forza dello Spirito del Risorto, dispensatore di ogni dono. Che illumini i vostri lavori e vi conceda quella scienza che si eleva dalle realtà umane fino a raggiungere la conoscenza sublime di Dio.

Fraternamente,

Francesco

Roma, San Giovanni in Laterano, 31 agosto 2022