Il cardinale Sandri commemora le vittime dell’Holodomor e parla del dramma dell’Ucraina

Cieli ancora solcati
da strumenti di distruzione

 Cieli ancora solcati da strumenti di distruzione  QUO-272
28 novembre 2022

I cieli dell’Ucraina «sono solcati da strumenti di distruzione, che colpiscono ovunque, persino i reparti pediatrici», e in ogni caso se «non seminano direttamente la morte producono l’interruzione della corrente elettrica, dell’acqua, di quanto può scaldare le case e le famiglie, mentre il freddo attanaglia e l’inverno dilaga». È il grido di allarme lanciato dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto emerito del Dicastero per le Chiese orientali, durante la divina liturgia in occasione della commemorazione delle vittime dell’Holodomor, svoltasi nella basilica romana di Santa Sofia, sabato 26 novembre.

Il mistero del cuore dell’uomo e della sua mente, ha detto il porporato, è capace «di grandi sogni» ma anche di «pianificare inusitate malvagità». Infatti, il secolo scorso ha visto «scatenarsi l’abisso dell’iniquità», come ha sottolineato Giovanni Paolo ii nel suo testo Memoria e identità. Il nazionalsocialismo ha programmato «scientificamente lo sterminio di massa con le camere a gas e i forni crematori, il comunismo sovietico con deportazioni, gulag» e con «l’Holodomor, attraverso la fame e il freddo, il cui triste inizio oggi commemoriamo».

Proprio in questi giorni Papa Francesco ha mostrato ancora una volta «la sua vicinanza all’amato e martoriato popolo Ucraino», con le parole all’udienza generale dello scorso mercoledì ma anche con la lettera pubblicata venerdì. In essa «ripercorre i sentieri di dolore e devastazione, le lacrime e le croci, le morti dei bambini e degli adulti, e ha rivolto un pensiero a ciascuno, cominciando dai giovani, alle mogli, agli adulti, ai volontari, ai governanti, ai pastori, ai profughi e agli sfollati». Lodando l’ardore e il coraggio del popolo ucraino, il Pontefice «ha invitato a guardare alla Croce di Gesù, al grembo di Dio in cui riposano i vostri morti, piccoli e grandi, a tornare a Betlemme, nella notte fredda e buia, quando la luce arrivò non dagli uomini, ma da Dio», facendosi aiutare dalla supplica alla «Tutta Santa Madre di Dio, Maria Santissima, che ha portato Dio nel nostro mondo».

Il prefetto emerito ha voluto cogliere questa occasione per confermare il suo affetto per l’Ucraina e in particolare per la Chiesa greco-cattolica, con Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, cui ha inviato il suo fraterno abbraccio. In lui, ha detto, saluto «tutti i figli e le figlie del vostro amato popolo». Poi ha ricordato le tappe del suo legame interiore con quella terra, cominciando dal 2001, quando accompagnò Giovanni Paolo ii nel viaggio apostolico in cui furono beatificati alcuni martiri della Chiese bizantina e latina, «nel contesto ormai della ritrovata libertà dopo il tempo delle catacombe». Così anche nel 2017, in una successiva visita, quando la prima tappa fu proprio, a Kyiv, in piazza Maidan e al memoriale dell’Holodomor. «I nostri passi — ha raccontato — si diressero poi a Kharkiv, Sloviansk, Kramatorsk, luoghi oggi tristi e noti come molti altri del Paese, e vedevo i colpi di armi che di fatto non si erano mai fermate dal conflitto in Donbass del 2014». Ultima tappa fu quella insieme alle migliaia di pellegrini a Zarvanyitsia, «cercando lo sguardo di Maria, rifugiandoci sotto il suo manto». Poi, un ricordo personale di quel viaggio: «quanti racconti spezzati di sofferenza ho ascoltato, quanta violenza in questi mesi sembra aver frantumati i nostri sogni di pace e di futuro per l’Ucraina, quante tessere buie o rigate dal sangue».

La basilica di Santa Sofia, con i suoi splendidi mosaici, invita a chiedere la grazia «di essere consapevoli che — poiché l’unità della storia è nelle mani di Dio — ciascuno di questi frammenti viene e verrà ricomposto in un disegno» di cui ora non si possono «intuire i contorni, ma che certo sarà costellato della luce del cielo, della presenza dei santi e dei martiri, dell’intercessione della Madre di Dio». Sarà «svelata — ha concluso — la Sapienza, Haghia Sophia, che tutto presiede e nulla lascia di dimenticato o perduto, aprendoci sempre alla speranza della pace e della fraternità».