«Carestia di pace»

Rescuers clear debris of the destroyed two-storey maternity building in the town of Vilnyansk, ...
24 novembre 2022

«Il nostro tempo sta vivendo una carestia di pace»: è l’efficace immagine scelta da Papa Francesco ad Asti, domenica scorsa, quando all’Angelus al termine della messa celebrata in cattedrale è tornato ad invitare a pensare ai «tanti luoghi del mondo flagellati dalla guerra, in particolare alla martoriata Ucraina. Diamoci da fare e continuiamo a pregare per la pace», ha esortato il Pontefice, che poi è tornato sull’argomento come di consueto ormai dall’inizio delle ostilità nell’Europa orientale, durante l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. Nella circostanza ad offrirgli lo spunto per invocare la pace è stato un avvenimento sportivo, di quelli che al contrario delle operazioni belliche favoriscono «la fratellanza e la pace tra i popoli», ovvero i campionati mondiali di calcio, che si stanno svolgendo in Qatar.

Nel salutare «giocatori, tifosi e spettatori che seguono, dai vari Continenti» le partite, il vescovo di Roma ha auspicato che «questo importante evento possa essere occasione di incontro e di armonia tra le Nazioni». E ha perciò esortato a pregare «per la pace nel mondo e per la fine di tutti i conflitti, con un pensiero particolare per le terribili sofferenze del caro e martoriato popolo ucraino». In proposito, ha ricordato una delle pagine più tragiche della storia di questo Paese. «Sabato prossimo ricorre l’anniversario del terribile genocidio dell’Holodomor, lo sterminio per fame causato artificiosamente da Stalin in Ucraina nel 1932-33». E attualizzando la riflessione oltre a invocare preghiere «per le vittime di questo genocidio» ha chiesto di fare lo stesso «per tanti ucraini, bambini, donne e anziani, bimbi, che oggi soffrono il martirio dell’aggressione» militare russa.

E con il cuore sempre attento ai drammi che affliggono l’umanità, Papa Beroglio ha voluto ricordare anche «l’Isola di Giava, in Indonesia, colpita da un forte terremoto», che ha provocato morti e feriti, e la Giornata mondiale della pesca, celebrata lunedì, per una maggiore «sostenibilità» nelle attività di questo settore e nell’acquacoltura, «attraverso il rispetto dei diritti» dei lavoratori che vi sono impiegati — circa sessanta milioni nel mondo —, i quali «contribuiscono alla sicurezza alimentare, alla nutrizione e alla riduzione della povertà».