L’impegno di suor Marta Meshko per la ricostruzione delle case distrutte dalla guerra

Il miracolo della speranza nell’Ucraina ferita

 Il miracolo della speranza nell’Ucraina ferita  QUO-267
22 novembre 2022

L’inverno è alle porte. In Ucraina, in un tempo di pace, questo momento portava con sé la gioia del vedere grandi fiocchi bianchi cadere dal cielo, del sentire la neve scricchiolare sotto i piedi, dello stare in famiglia, nelle case riscaldate, durante le lunghe serate invernali. Oggi, purtroppo, questo momento è di terrore e per tanti ucraini l’unico pensiero, ora, è come sopravvivere al freddo dell’inverno, che a volte dura anche fino ad aprile, con temperature che possono scendere a -25° C e con tante centrali elettriche e impianti di riscaldamento centralizzato andati distrutti nei bombardamenti russi. I più vulnerabili di tutti sono coloro che hanno perso le case per le bombe. Soltanto nella regione di Kyiv, durante i primi mesi dell’invasione russa, iniziata il 24 febbraio scorso, sono state parzialmente danneggiate più di 12 mila case private e circa 5 mila sono andate completamente distrutte. Stessa sorte è capitata a centinaia di palazzi a più piani. Non tutti gli abitanti, però, hanno deciso di fuggire: molti sono rimasti sulla propria terra, per ricostruire la propria casa e la propria vita.

«Una donna mi ha raccontato che ha visto la propria casa bruciare completamente in venti minuti, è rimasta soltanto una piccola capanna dove adesso abita con il suo marito. Per loro è molto doloroso svegliarsi ogni mattina e vedere intorno solo le rovine». È il racconto di suor Marta Meshko, della Congregazione delle Suore di Maria della Medaglia Miracolosa — fondata in Slovenia — che svolge il servizio a Kyiv dal 2005. Da alcuni mesi, insieme ai volontari dell’organizzazione De Paul Ucraina, fornisce materiale edilizio agli abitanti dei paesini intorno alla capitale, affinché possano iniziare a ricostruire le loro case distrutte dalle bombe. «È un vero miracolo — sottolinea la religiosa — vedere come queste persone, dopo aver perso tutto, anziché lamentarsi per il male subito ingiustamente, reagiscano subito a un gesto di bontà, ritrovando speranza nella vita. Mi commuove vedere come, in questa situazione tragica, riescano a manifestare gratitudine e speranza».

Suor Marta racconta che l’idea di aiutare in questo modo le persone è nata dalla consapevolezza acquisita durante il viaggio di ritorno a Kyiv dalla regione di Zakarpattia, dove la sua comunità ha trascorso i primi tre mesi dell’invasione, pregando giorno e notte. «Vivere il Vangelo qui e adesso, anche in queste condizioni», è stato il suo primo pensiero, quando ha pregato Dio per chiedere in che modo la sua comunità avrebbe potuto ricominciare il suo servizio nella capitale. La risposta per un aiuto concreto agli abitanti è arrivata quando suor Marta, insieme ai volontari, è andata a portare il cibo agli abitanti dei paesini di Moshchun e Zahaltsi, alla periferia di Kyiv. È stata una donna, Olha, a mostrare loro la sua casa totalmente distrutta. «Se almeno avessimo dei materiali, potremmo anche cominciare a ricostruirla da soli per poterla finire prima che arrivi l’inverno», è stata la confidenza di Olha a suor Marta che, in quelle parole, ha trovato l’indicazione chiara di cosa avrebbe dovuto fare con il denaro che la sua congregazione aveva messo a disposizione delle suore in Ucraina per le vittime di guerra. Suor Marta ha quindi deciso di comprare i materiali per aiutare le persone a ricostruire le case, chiedendo direttamente a loro quali fossero le necessità.

Di fronte alla sofferenza, il processo di discernimento avviene molto veloce, non c’è tempo da perdere. Dunque, già il giorno seguente, suor Marta e i volontari hanno iniziato la ricerca del materiale richiesto dagli abitanti del villaggio che avrebbero poi proceduto alla ricostruzione. «I materiali che abbiamo portato – spiega la suora — hanno rappresentato un impulso che ha dato alle persone speranza e gioia per il fatto che potevano iniziare i lavori. Abbiamo visto che il nostro aiuto ha generato una catena di bontà. Per esempio, una famiglia alla quale abbiamo portato blocchi in calcestruzzo aerato, ha poi aiutato un’altra famiglia a costruire il tetto. Quindi, ci sono state tanta solidarietà e tanta bontà. E sperimentarlo in queste condizioni mi è sembrato un miracolo».

Suor Marta spiega anche come la loro iniziativa non sia rivolta alle grandi masse: preferiscono sostenere meno persone, per poter stabilire un contatto personale, poterle visitare e parlare con loro. In questo modo, la religiosa riesce anche a svolgere la sua missione pastorale: poter quindi ascoltare la sofferenza subita dagli abitanti di questi paesini vicini alla capitale durante l’occupazione da parte dei militari russi. «Una donna, Halyna, mi ha raccontato — ricorda la religiosa — che quando i russi sono entrati nel villaggio, lei si è nascosta con la sua famiglia in cantina, al freddo. Riuscivano a uscire solo di notte, per poter cucinare qualcosa. Suo fratello Leonid, uomo coraggioso, andava in giro per il villaggio a dare il mangime agli animali, mucche, galline, maiali, abbandonati nelle stalle, e anche ai cani e gatti lasciati dai proprietari scappati dagli aggressori. Halyna, piangendo, mi ha raccontato che i militari russi hanno sparato ad una sua conoscente solo per non aver aperto il cancello velocemente come chiedevano loro».

Suor Marta nota anche come le persone, pur parlando apertamente del loro dolore, non abbiano la disperazione nei loro cuori, riuscendo quindi a mostrare tanta gratitudine quando qualcuno tende loro la mano. «Mi ricordo di nonna Sina, ultraottantenne, che vive nel paesino di Moshchun. Anche la sua casa è stata distrutta e lei è andata a vivere in una capanna. Abbiamo deciso di acquistare per lei una casetta in legno prefabbricata, lei si è commossa dalla gioia, non poteva credere che l’avessimo fatto per lei. Queste persone, in un breve periodo, hanno vissuto emozioni molto forti e contraddittorie non facili da elaborare. All’inizio dell’anno hanno visto le loro proprietà distrutte e ora incontrano qualcuno che offre loro un aiuto gratuito». Suor Marta continua il suo servizio anche in un momento in cui, quasi ogni giorno, sente risuonare l’allarme antiaereo, i missili russi continuano a distruggere le infrastrutture civili e a colpire le abitazioni della gente. «Sono consapevole — conclude — che non sono sola. So che il Signore è con me e con questa gente che io aiuto. In più, attraverso la preghiera, posso portare il loro dolore a Dio che può dare loro forza di andare avanti e di non concentrarsi sul male, perché una delle tentazioni consiste nell’analizzare il male, nel cercare di capirlo, ma il male non ha una logica e non lo si può comprendere. Bisogna, invece, indirizzare le proprie energie ed i pensieri all’azione, capire i bisogni concreti delle persone e cercare ad aiutarle».

di Svitlana Dukhovych


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