Il cardinale Czerny nella Giornata mondiale

Non lasciare soli
quanti vivono di pesca

 Non lasciare soli quanti vivono  di pesca  QUO-266
21 novembre 2022

Un appello a governi, organizzazioni internazionali e religiose — in particolare a istituzioni cattoliche come Stella Maris e Caritas — affinché si uniscano per un’attuazione efficace delle convenzioni e della legislazione esistenti in materia e per trovare soluzioni innovative ai problemi che affliggono pescatori e acquacoltori. A lanciarlo è il cardinale Michael Czerny in occasione dell’odierna Giornata mondiale della pesca, che nel 2022 coincide con l’Anno internazionale dedicato a queste attività in cui sono impegnate quasi 60 milioni di persone.

Attraverso un messaggio in lingua inglese il prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui) ricorda che l’annuale celebrazione del 21 novembre rappresenta un’occasione per riconoscere, da un lato l’enorme e talvolta sottovalutata fonte di cibo che il mare fornisce a milioni di esseri umani; e dall’altro, il ruolo, le professioni e i frequenti disagi che devono affrontare quanti vivono di pesca e acquacoltura.

Rimarcando la necessità di aumentare la consapevolezza dei problemi riguardanti questo settore primario — principale fonte di reddito e sostentamento per una cospicua parte della popolazione globale — e di sostenerne lo sviluppo attraverso politiche e leggi specifiche che consentano di adottare pratiche sostenibili, Czerny evidenzia come, dei 58,5 milioni di operatori a tempo pieno, part-time od occasionali attivi nella pesca di cattura e nell’acquacoltura, la maggior parte viva in Paesi in via di sviluppo: l’85% in Asia, il 9% in Africa, il 4% nelle Americhe e il resto in Europa e Oceania. Si tratta soprattutto di pescatori artigianali e in proposito il cardinale fa notare come questa attività su piccola scala, spesso condotta a livello famigliare, produca il 40% delle catture, contribuendo notevolmente alla sicurezza alimentare, alla nutrizione e alla salute. Infatti, osserva, essendo la fonte singola più importante di proteine ​​di alta qualità, il pesce è un alimento vitale per milioni di donne e di uomini.

Eppure, si rammarica il prefetto del Dssui, nonostante svolga un ruolo cruciale per il benessere e lo sviluppo di molte comunità, il settore è afflitto da difficoltà endemiche che minacciano la vita delle comunità di pescatori e, a volte, l’esistenza stessa della pesca.

Tra le minacce elencate dal porporato — che cita l’intervento del cardinale segretario di Stato Parolin alla Cop27 di Sharm el-Sheikh lo scorso 8 novembre — il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’acidificazione degli oceani. Da qui l’invito a prendersi cura di mari, laghi e fiumi e delle loro risorse come “patrimonio comune dell’umanità” attraverso la cooperazione internazionale, per aiutare anche ad affrontare problemi locali spesso riconducibili a vere e proprie violazioni dei diritti umani, primo tra tutti quello a condizioni di lavoro dignitose e sicure.

Nel richiamare il bisogno di contrastare l’inquinamento di acque salate e dolci, Czerny denuncia tra le cause la devastazione delle zone costiere (a volte a causa dello sviluppo urbanistico), metodi di pesca distruttivi (reti a strascico, navi “officina” attrezzate per la prima lavorazione del pesce e per la sua conservazione, dinamite o cianuro), fino alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

Ad incidere in maniera ulteriormente negativa è poi arrivato il Covid-19, che ha provocato la chiusura di porti, mercati ittici e ristoranti, con una conseguente riduzione significativa dell’attività di pesca e vendita di prodotti, perdita di posti di lavoro e di reddito, in particolare per le donne, che rappresentano una quota elevata (anche se spesso nascosta) di quanti sono occupati nel settore.

Non solo: l’impatto economico della pandemia è stato fortemente avvertito tra pescatori e addetti all’acquacoltura poiché la maggior parte di essi opera in autonomia, senza piani di protezione sociale o assicurazione, e viene pagata meno del salario minimo legale, spesso senza un contratto scritto.

E sebbene i governi di tutto il mondo siano intervenuti con piani di sostegno, purtroppo molte persone sono state lasciate senza aiuto e sole nell’affrontare la crisi. Del resto, conclude Czerny con parole di Papa Francesco, «il Covid-19 ci ha insegnato che tutto è connesso e che siamo sulla stessa barca», perciò occorre «unire gli sforzi per creare una nuova coscienza sociale e una forma innovativa di solidarietà».