Il magistero

 Il magistero  QUO-263
17 novembre 2022

Giovedì 10

Vicini
alla gente con
misericordia
e tenerezza

La vita dei formatori del seminario non è facile, vero? Al mio tempo la formazione era per serie. “Oggi tocca questo, questo...”. E chi sopportava fino alla fine si ordinava, gli altri abbandonavano.

A quel tempo uscivano eccellenti sacerdoti. Oggi non funziona più, perché è un’altra carne, un’altra materia prima. Altri giovani, altre preoccupazioni.

Una delle tentazioni che vive la Chiesa è quando presentano schemi rigidi di formazione. Sono nate congregazioni religiose che sono un disastro e si è dovuto chiuderle. Congregazioni di una rigidità incredibile, dietro cui si nasconde vero marciume.

È importante discernere, nella formazione, come accompagnare i ragazzi.

Se un formatore non ha capacità di discernere, dica al vescovo: “mandami a fare altro, per questo non sono tagliato”.

Discernere presuppone silenzio, preghiera, accompagnare, capacità di soffrire, non avere la risposta fatta.

C’è il problema del numero dei seminaristi, non ci può essere un seminario con quattro persone... allora unitevi.

La vicinanza deve contagiarci... vicinanza con misericordia e tenerezza.

Queste tre cose dovete ottenere nei ragazzi. Che siano sacerdoti, buone persone, misericordiosi ma con tenerezza.

Sacerdoti
e non dirigenti
d’impresa

Non possiamo avere come sacerdoti dirigenti d’impresa di una parrocchia che dirigono gridando, che massificano tutto, che non sanno dialogare, o che sono incapaci di accarezzare un bambino, baciare un anziano, o non vanno a “perdere tempo” a parlare con i malati.

Soffro quando incontro gente che piange perché è andata a confessarsi e le hanno detto di tutto... Il nostro popolo non può stare nelle mani di delinquenti.

Ripeto le quattro vicinanze del sacerdote: la prima con Dio.

Un sacerdote che non prega finisce nella spazzatura... non dico nel peccato mortale, ma nella mediocrità, che è peggio.

Perché il peccato fa paura e ti vai subito a confessare. La mediocrità è uno stile di vita e perseveri fino alla fine.

Quanto più occupato è un sacerdote, più deve perdere tempo nella preghiera.

Seconda vicinanza: al vescovo. In questo non negoziate mai.

Non c’è Chiesa senza vescovo. “È un disgraziato”... Ma è tuo padre. E se non hai il coraggio di dire le cose in faccia, non dirle a un altro, te le tieni per te.

E cercalo, non per arruffianartelo, ma per stargli vicino o almeno rispettarlo.

Con il vescovo non si gioca, perché è Cristo per voi.

Terzo, vicinanza tra i sacerdoti... Se vedete un seminarista che ha la lingua lunga, mandatelo un po’ fuori che provi il lavoro duro... poi vedete se riaccoglierlo o no.

Non formiamo più pettegoli.

La quarta vicinanza è con il popolo di Dio. Mi dispiace quando vedo sacerdoti “tirati a lucido”, che si sono dimenticati del popolo dal quale sono stati presi.

Non devono tirarsela come fossero extraterrestri perché stanno studiando filosofia, teologia... perché diventeranno sacerdoti separati.

(Ai partecipanti a un corso per rettori e formatori di seminari dell’America latina )

Sabato 12

Colonizzazioni
ideologiche
che fanno
stragi

Avete vissuto tempi non facili nella storia recente. A volte sembrava quasi non ci fossero più le condizioni per continuare. Ma, grazie a Dio, anche in questi periodi di burrasca, avete perseverato!

Avete confidato in Dio e nel sostegno della Chiesa, avete continuato a impegnarvi in uno spirito di fede e di speranza.

Siatene certi: i semi gettati nella speranza mettono radici e crescono sempre!

La realtà non è statica, è dinamica. Questo vale anche per le aggregazioni ecclesiali: si evolvono e si sviluppano, e ogni cambio d’epoca le pone di fronte a una nuova missione.

Il rinnovamento interno va visto come un’opportunità per rilanciare le attività di servizio e di sostegno alle nuove generazioni di insegnanti nelle scuole cattoliche e in istituzioni interconfessionali o secolari.

Siete “collaboratori del Papa”: infatti, la missione del Successore di Pietro è confermare e sostenere i fratelli nella fede.

Sostenere
nella fede
gli insegnanti
cattolici

Voi, nella scuola, fate presente il servizio della Chiesa di sostenere nella fede gli insegnanti cattolici, perché possano svolgere al meglio il loro lavoro e la loro testimonianza, in situazioni spesso complesse.

La presenza di educatori cristiani nella scuola è di vitale importanza.

È decisivo lo stile che egli o ella assume... Non dev’essere spiritualista, in orbita, “fuori dal mondo”. Dev’essere radicato nel presente e nella sua cultura.

La sua personalità sia ricca, aperta, capace di stabilire relazioni sincere con gli studenti, di capire le loro domande, le loro paure, i loro sogni.

E sia anche capace di testimoniare la fede cristiana in ogni ambito dell’esistenza, senza tagliare le ali ai sogni dei giovani, senza impoverire le loro aspirazioni.

Sostenere insegnanti di ogni età e condizione lavorativa: sia quelli con una lunga esperienza — ricchi di soddisfazioni ma anche di fatiche —, sia le nuove generazioni, docenti animati da entusiasmo e voglia, ma con le fragilità e le incertezze dei primi anni.

Questi insegnanti sono in condizione di lasciare un segno, nel bene e nel male, nella vita di bambini, adolescenti e giovani.

Quale responsabilità! E quale opportunità. Sappiamo, per esperienza personale, come sia importante avere bravi insegnanti e saggi educatori nella formazione!

L’arte di educare va coltivata e accresciuta continuamente. Non è qualcosa che si è acquisito una volta per tutte.

Se questo vale per professioni che richiedono aggiornamento, quella di insegnante ha una particolarità unica: perché non si lavora con oggetti, ma con soggetti!

L’educazione ha a che fare con esseri umani, per di più nell’età evolutiva... persone che cambiano da un anno all’altro.

I giovani di una generazione sono diversi da quelli della successiva. Gli educatori devono continuamente rinnovarsi.

Non possono essere rigidi. Sono chiamati ogni anno a ripartire, a ritrovare la capacità di empatia e di comunicazione.

Vostro compito è aiutarli a tener vivo il desiderio di crescere insieme ai loro studenti, a trovare modi efficaci per trasmettere la gioia della conoscenza e il desiderio di verità, adottando linguaggi e forme culturali adatti.

Attenti alle colonizzazioni ideologiche. Una cosa è parlare la lingua del momento, un’altra è lasciarsi colonizzare ideologicamente. Insegnate agli insegnanti a discernere cos’è una novità che fa crescere.

Le colonizzazioni ideologiche quando entrano nell’educazione fanno stragi.

La vostra Unione può contribuire a sensibilizzare gli insegnanti cattolici riguardo al Patto Globale sull’Educazione... che propone «un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna».

(All’assemblea generale dell’Unione mondiale
degli insegnanti cattolici)

Le crisi
mostrano
che l’uomo
non è padrone
della Storia

Si celebrano a Barcellona i 500 anni dall’arrivo di un povero soldato a un luogo recondito della Spagna, mentre era in cammino verso la Terra Santa. Dopo aver servito il re fino a versare il proprio sangue, ferito nel corpo e nello spirito, si era spogliato di tutto e nutriva il proposito di seguire Cristo in povertà e umiltà.

A lui poco importava alloggiare in ostelli per i poveri o doversi rifugiare in una grotta per pregare, e che questo comportasse l’essere “considerato stolto e pazzo”.

Eppure cinque secoli dopo le autorità civili e religiose di quella regione, insieme al preposito generale dell’istituto religioso da lui fondato, la Compagnia di Gesù, si riuniscono per celebrare quell’evento.

È significativo pensare che, per portarlo fino a lì, Dio si sia servito di una guerra e di una peste.

La guerra, che lo fece uscire da Pamplona e fu il detonatore della conversione, e la peste che gli impedì di arrivare a Barcellona e lo trattenne nella grotta di Manresa.

È una grande lezione per noi, perché non ci mancano guerre e pesti per farci convertire. Possiamo quindi considerarle un’opportunità per invertire la rotta.

Perché, per mezzo delle crisi, Dio ci dice che non siamo noi i padroni della Storia, con la maiuscola, e neppure delle nostre storie, e per quanto siamo liberi di rispondere o meno alla sua grazia, è sempre il suo disegno di amore a guidare il mondo.

Ignazio si dimostrò docile a questa chiamata [e] non trattenne quella grazia per sé, ma la considerò un dono per gli altri, un cammino, un metodo che poteva aiutare a incontrare Dio.

(Lettera al cardinale Omella nel v centenario della conversione di sant’Ignazio di Loyola)

Domenica 13

Elogio
della
perseveranza

Il Vangelo odierno ci porta a Gerusalemme, nel tempio. Lì, attorno a Gesù, alcune persone parlano della magnificenza di quel grandioso edificio (Lc 21, 5).

Ma il Signore afferma: «Di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra». Poi rincara la dose, spiegando come nella storia tutto crolla [per] rivoluzioni e guerre, terremoti, carestie, pestilenze e persecuzioni. Come a dire: non bisogna riporre troppa fiducia nelle realtà terrene.

Sono parole che possono darci amarezza: già tante cose vanno male, perché anche il Signore fa discorsi negativi?

In realtà il suo intento è donarci la via di uscita da questa precarietà.

E come? Cristo lo svela nell’ultima frase: «Con la perseveranza».

La parola indica l’essere “molto severi”; in che senso? Con sé stessi, ritenendosi non all’altezza? No. Con gli altri, diventando rigidi e inflessibili? Nemmeno.

Gesù chiede di essere “severi”, ligi, persistenti in ciò che conta. Perché molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse: diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni, ai nostri simboli.

Sono cose importanti, ma passano. Invece Gesù dice di concentrarsi su ciò che resta, per evitare di dedicare la vita a costruire qualcosa che sarà distrutto.

Essere perseveranti, severi e decisi nell’edificare su ciò che non passa.

Costruire
ogni giorno
il bene

La perseveranza è costruire ogni giorno il bene... soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro.

Esempio: so che pregare è importante, ma ho sempre da fare, e rimando.

Oppure, vedo furbi che approfittano delle situazioni, che “dribblano” le regole, e smetto pure io di osservarle, di perseverare nella giustizia e nella legalità.

Ancora: faccio un servizio nella Chiesa, per la comunità, per i poveri, ma vedo che tanta gente nel tempo libero pensa solo a divertirsi, e allora mi vien voglia di lasciar stare. Perché non vedo risultati o mi annoio o non mi rende felice. Perseverare, invece, è restare nel bene.

Chiediamoci: sono costante oppure vivo la fede, la giustizia e la carità a seconda dei momenti? La mia preghiera e il mio servizio dipendono dalle circostanze o da un cuore saldo nel Signore?

Se perseveriamo non abbiamo nulla da temere, anche nelle vicende tristi e brutte della vita, nemmeno del male, perché rimaniamo fondati nel bene.

Dostoevskij scrisse: «Non abbiate paura dei peccati degli uomini, amate l’uomo anche col suo peccato, perché questo riflesso dell’amore divino è il culmine dell’amore sulla terra».

La perseveranza è il riflesso dell’amore di Dio, [che] è fedele, è perseverante.

(Angelus in piazza San Pietro)

Lunedì 14

Imparare
dalla
Amazzonia

La vostra esperienza di ricercare in natura le risposte ai problemi di salute mi ha fatto pensare all’Amazzonia. Non alle stregonerie dell’Amazzonia!

Le popolazioni autoctone — in Amazzonia come in altre parti — sono depositarie di ricchi patrimoni di terapie naturali; ma anche questi purtroppo rischiano di perdersi se si estinguono le culture originarie.

[Esse] hanno questo atteggiamento con il creato, con l’ambiente, del ben vivere, che non è la dolce vita no, è l’armonia del vivere della persona, della famiglia, del popolo con il creato.

Vedo nel vostro lavoro un modo creativo di fare impresa e generare occupazione a partire da un’intuizione ecologica, che risponde all’esigenza prioritaria di ritrovare armonia tra esseri umani e creato.

E vedo anche il tentativo di sviluppare un rapporto personalizzato con la gente del territorio, una capacità di ascolto per poter consigliare, orientare.

Questo aspetto è molto importante nell’ottica di un’assistenza sanitaria di base.

Purtroppo la figura del medico di famiglia è quasi scomparsa, e il rischio è che, per privilegiare le “eccellenze”, si trascuri la buona qualità dei servizi sanitari territoriali; oppure che questi risultino talmente burocratizzati e informatizzati, che le persone anziane o poco istruite si trovino escluse o emarginate.

Ovviamente le farmacie non possono supplire a ciò che compete al servizio sanitario, ma possono venire incontro a un bisogno reale della gente compensando certe carenze.

La vostra attività si potrebbe riassumere in armonia e cura.

Armonia

È un concetto che ha un alto valore teologico e spirituale; addirittura si può considerare un nome di Dio, perché lo Spirito Santo è Egli stesso Armonia.

Cura

Oggi, in un mondo globalizzato e interconnesso, appare evidente il confronto tra due culture: quella del consumismo e dello scarto, e quella della cura.

Dobbiamo scegliere: non ci è concesso di rimanere neutrali... perché il grido della terra e dei poveri chiede responsabilità.

La cultura del consumismo e dello scarto è pervasiva e condiziona molti comportamenti, e così anche la cultura della cura si esprime in tante piccole e grandi scelte, che ognuno è chiamato a compiere, a seconda del ruolo che occupa.

(Alla rete di farmacisti “Apoteca natura”)

Mercoledì 16

In cerca di Dio
anche nella
desolazione

Riprendiamo le catechesi sul discernimento. Abbiamo visto come sia importante leggere ciò che si muove dentro di noi, per non prendere decisioni affrettate, sull’onda dell’emozione del momento, salvo poi pentircene quando ormai è troppo tardi.

Cioè leggere cosa succede e poi prendere le decisioni. In questo senso, anche lo stato spirituale che chiamiamo desolazione, quando nel cuore è tutto buio, è triste, può essere occasione di crescita.

Se non c’è un po’ di insoddisfazione, di tristezza salutare, una sana capacità di abitare nella solitudine e di stare con noi stessi senza fuggire, rischiamo di rimanere sempre alla superficie delle cose.

La desolazione provoca uno “scuotimento dell’anima”: mantiene desti, favorisce la vigilanza e l’umiltà e protegge dal vento del capriccio. Sono condizioni indispensabili per il progresso nella vita spirituale.

Una serenità perfetta ma “asettica”, senza sentimenti, quando diventa il criterio di scelte e comportamenti, rende disumani.

Per molti santi e sante, l’inquietudine è stata una spinta decisiva per una svolta.

È il caso di Agostino di Ippona o di Edith Stein o di Giuseppe Benedetto Cottolengo o di Charles de Foucauld.

Le scelte importanti hanno un prezzo che la vita presenta, non vengono dalla lotteria; e tu devi pagare quel prezzo. Un prezzo che devi fare con il tuo cuore, un prezzo della decisione, un prezzo di portare avanti un po' di sforzo. Non è gratis, ma è alla portata di tutti. Tutti dobbiamo pagare questa decisione per uscire dallo stato di indifferenza, che ci butta giù.

La desolazione è anche un invito alla gratuità, a non agire sempre e solo in vista di una gratificazione.

Ci offre la possibilità di crescere, di iniziare una relazione più matura, più bella, con il Signore e con le persone care, che non si riduca a un mero scambio di dare e avere.

Molte preghiere sono di questo tipo: richieste di favori al Signore, senza un vero interesse nei suoi confronti.

Andiamo a chiedere... Gesù era spesso circondato da gente che lo cercava per ottenere qualcosa, guarigioni, aiuti materiali, ma non semplicemente per stare con Lui.

Era pressato dalle folle, eppure era solo.

Potrebbe sembrare strano, irreale, chiedere al Signore: “Come stai?”. E invece è una maniera molto bella di entrare in una relazione vera, sincera, con la sua umanità, con la sua sofferenza, anche con la sua singolare solitudine.

Imparare
a stare
col Signore

Fa bene imparare a stare con Lui senza altro scopo, esattamente come succede con le persone a cui vogliamo bene: desideriamo conoscerle sempre più, perché è bello stare con loro.

La vita spirituale non è una tecnica a nostra disposizione, non è un programma di “benessere” interiore che sta a noi programmare. La vita spirituale è la relazione con il Vivente... irriducibile alle nostre categorie.

E la desolazione è la risposta più chiara all’obiezione che l’esperienza di Dio sia una forma di suggestione, una semplice proiezione dei nostri desideri.

La desolazione è non sentire niente, tutto buio: ma tu cerchi Dio nella desolazione.

Chi prega si rende conto che gli esiti sono imprevedibili: esperienze e passi della Bibbia che ci hanno spesso entusiasmato, oggi, stranamente, non suscitano alcun trasporto.

E, altrettanto inaspettatamente, esperienze, incontri e letture a cui non si era mai fatto caso o che si preferirebbe evitare — come l’esperienza della croce — portano una pace immensa.

Non aver paura della desolazione, portarla avanti con perseveranza, non fuggire. E [in essa] cercare di trovare Cristo. E la risposta arriva, sempre.

Mai
scoraggiarsi
di fronte
alle difficoltà

Di fronte alle difficoltà, quindi, mai scoraggiarsi, ma affrontare la prova con decisione, con l’aiuto della grazia di Dio che non viene mai a mancare.

E se sentiamo dentro una voce insistente che vuole distoglierci dalla preghiera, impariamo a smascherarla come la voce del tentatore; e non lasciamoci impressionare: semplicemente, facciamo il contrario di quello che dice!

(Udienza generale
in piazza San Pietro)