L’incontro con Papa Francesco alla fine del viaggio da Gerusalemme a Roma

Dio è al lavoro

 Dio è al lavoro  QUO-262
16 novembre 2022

Lunedì 14 novembre ho fatto un viaggio nel paese dei paradossi. Mi trovavo nel più piccolo Stato del mondo, eppure il susseguirsi di gallerie e corridoi del Vaticano, la successione di anticamere, vestiboli e saloni fino alla preziosa biblioteca papale, mi davano l’impressione di camminare nel più grande palazzo del pianeta. Attraversavo quelle sontuose sale ricche di opere d’arte, dai marmi policromi dei pavimenti ai soffitti a cassettoni talmente belli che avrei voluto avere le ali per ammirarli da vicino, andavo da colui che corre in soccorso dei poveri, che denuncia la disumanità del capitalismo, che ci incita a guarire dalla febbre del guadagno, un vicario che, ieri in Argentina e oggi al centro della cristianità, è vicino agli umili e agli umiliati.

Ulteriore paradosso, il cerimoniale attraverso il quale si accede a Papa Francesco scompare appena ci si trova davanti a lui, tanto il suo sguardo limpido e il suo sorriso benevolo riscaldano subito l’atmosfera. Né l’età né i tormenti fisici impediscono al suo volto di irradiare. Credo che a illuminare la stanza non sia la luce di piazza San Pietro che filtra dalle finestre, ma lui.

Ed ecco che devo parlargli, anche se avrei preferito ascoltarlo. Mi incoraggia. Scopro presto che il suo ascolto è profondo quanto le sue parole. Sia le sue frasi che il suo silenzio portano l’interlocutore a tirare fuori il meglio di sé. Gli racconto del mio percorso dall’ateismo alla fede, un cammino che passa dalla rivelazione nel deserto del Sahara e continua con la lettura dei Vangeli e il recente soggiorno in Terra Santa, dove sono rimasto un mese e dove, grazie al Vaticano, ho avuto una serie di incontri. Di quel soggiorno ho cominciato a scrivere il racconto, La sfida di Gerusalemme.

A Francesco brillano gli occhi di un fuoco speciale quando cito Charles de Foucauld. E appena accenno alla mia notte mistica mi recita a memoria il memoriale di Blaise Pascal. Ogni riflessione lo porta in alto, molto più in alto di me, ai piani elevati in cui abita il suo pensiero.

Il Santo Padre risponde con franchezza e umorismo alle varie domande che gli faccio. Tutto ciò che del suo ministero dovrebbe stancarlo o infastidirlo sembra invece divertirlo: eccellente rimedio contro il logorio. I pensieri legati alla carica che ricopre e la sua tremenda responsabilità non hanno intaccato la sua libertà. Poiché Gerusalemme è l’unico luogo di pellegrinaggio legittimato dai tre monoteismi, cristianesimo, ebraismo e islam, ci soffermiamo ad analizzare la specificità di ogni fede. Più volte insiste sull’obbligo evangelico di andare incontro agli altri, “missione” mal interpretata un tempo, quando ha assunto l’aspetto della conquista imperialista, ma che oggi riacquista tutto il suo significato originale.

Racconterò altrove, nel libro che sto scrivendo, ciò che mi ha dato Papa Francesco nel tempo in cui ho potuto beneficiare della sua presenza. In questa sede mi limiterò a dire che mentre andavo via riflettendo sulla sua vita dedicata al messaggio cristiano e sulla forza che da lui emana, una forza che viene da altrove e di cui lui si ritiene soltanto il veicolo, sì, ripensando a quell’uomo che è totalmente se stesso e molto più di se stesso, già sui primi scalini ho esclamato: «Non c’è dubbio, qui Dio è al lavoro».

di Éric-Emmanuel Schmitt


(traduzione di Alberto Bracci Testasecca)