Vent’anni fa la visita di san Giovanni Paolo II a Montecitorio

Un pezzo di storia conservato nella memoria

 Un pezzo di storia  conservato nella memoria  QUO-260
14 novembre 2022

Giovanni Paolo ii faceva il suo ingresso nell’Aula di Montecitorio con un passo lento sostenendosi col bastone. Quando entrò, letteralmente scoppiò un applauso da parte di tutti i presenti. Poteva apparire un atto dovuto ma non era scontato. Per me fu un autentico senso liberatorio. Avevo vissuto quell’ingresso con molta ansia che si trasformò subito in serenità d’animo. Dopo quell’applauso avevo capito che la visita del Papa sarebbe stata un vero successo. E fu così. Bisogna comprendere il perché.

Quella visita si caratterizzava non solo per essere la “prima volta” di un Papa nella sede autorevole del Parlamento italiano dopo la presa di Porta Pia. La visita tuttavia giungeva nel momento di un forte conflitto tra i partiti di maggioranza e opposizione che non permetteva di considerare tutto ovvio, soprattutto nella dialettica politica e possibili dispetti reciproci. Almeno un’ora prima dell’arrivo di Giovanni Paolo ii eravamo riuniti in una saletta del Palazzo. Erano presenti il presidente Berlusconi, il presidente del Senato Pera, il cardinale Ruini e faceva gli onori di casa il presidente Casini. Il discorso del Papa era stato inviato nel frattempo e i politici presenti erano alquanto agitati per i temi affrontati. Alcuni erano evidentemente a loro favore mentre altri appartenevano all’opposizione. Da qualsiasi parte si guardava quel testo c’era chi trovava ragioni a favore e chi contro. Come avrebbe reagito l’assemblea?

I miei timori erano tutti concentrati nell’ascoltare le battute che in quella sede ristretta venivano fatti e il timore era giustificato. L’applauso caloroso e convinto che accolse Giovanni Paolo ii mise fine all’ansia. In effetti, il Papa “volò alto”. Il discorso fu ripetutamente interrotto dagli applausi di consenso da una parte e dall’altra dell’emiciclo. Le parole d’inizio si potrebbero descrivere oggi all’insegna della “via della bellezza”. Giovanni Paolo ii fece l’elogio della bellezza dell’Italia, della sua cultura e delle tradizioni che da secoli accompagnano la storia di questo Paese, ma sottolineò con forza l’impronta indelebile che la fede cristiana aveva impresso a questo secolare processo. Affrontò temi delicati quali la denatalità e la situazione delle carceri, la disoccupazione e la formazione giovanile, l’esigenza di ricercare sempre il bene comune e il coraggio per andare oltre le fazioni e lotte interne ai partiti. Propose di guardare in faccia il limite del relativismo etico e di realizzare leggi che avessero a cuore la difesa e dignità della vita personale così come gli inalienabili diritti fondamentali di ogni persona.

La lungimiranza di quelle parole si manifesta da sé nel momento in cui si pensa che tutte queste tematiche sono ancora oggi sotto i nostri occhi per molti versi irrisolte, e forse aggravate per il mutato contesto culturale e politico.

La conclusione del Papa fu geniale. Citò Dante quando nel suo Purgatorio afferma «Roma onde Cristo è Romano»!

Impossibile rileggere quelle parole senza provare l’emozione di rivedere lo sguardo di Giovanni Paolo ii , di risentire la sua voce e cogliere il suo sorriso che si estendeva a tutti i presenti. Salutò uno a uno i vari rappresentanti mostrando di conoscere bene alcuni, di avere familiarità con altri e curiosità per quanti incontrava per la prima volta.

In quegli anni ero il “cappellano” della Camera, è ovvio che partecipassi alle varie fasi per la preparazione della visita. Ripensare a quei momenti mi fa concludere che la grande fatica è stata bilanciata dalla gioia di conservare nella memoria un pezzo di storia.

di Rino Fisichella