Bailamme

«Nobody knows but Jesus» dal Mississippi al Tevere

 «Nobody knows but Jesus»  dal Mississippi al Tevere  QUO-258
11 novembre 2022

Ci sono versi di canzoni soffiate dal vento che quando meno te l’aspetti rivelano inattese consonanze. Parole scaturite da sorgenti lontanissime fra loro, fluite per secoli in alvei diversissimi, e che a un certo punto giungono alla stessa foce, mescolandosi nel medesimo mare di bellezza. Qualche volta può succedere di trovarsi davanti a una di tali confluenze di musica e rime così distanti e di goderne l’impensabile abbraccio.

Chissà che una cosa del genere non sia capitata anche ad Augustus Tolton, il primo prete cattolico nero degli Stati Uniti d’America, che ricevette l’ordinazione sacerdotale in San Giovanni in Laterano nella Pasqua del 1886. Era stato uno schiavo, come i suoi genitori, nel Missouri, sulle rive del Mississippi. Poi per una fortuita e avventurosa serie di eventi, fu inviato nell’urbe a studiare da seminarista nel Pontificio Collegio Urbano “de Propaganda Fide”, con la prospettiva di partire missionario in Africa.

Portava con sé, sulle rive del Tevere, la memoria di intere generazioni di avi le cui esistenze si erano consumate in campi e fabbriche nel completo asservimento a uomini da cui dipendeva la loro vita e la loro morte. Portava con sé il dolore della sua gente, e le canzoni che provavano a raccontarlo, fino ad esprimere la sua ultima indicibilità: «Nobody knows the trouble I’ve seen / Nobody knows my sorrow», «Nessuno sa i dolori che ho sofferto», recita uno di quei celebri brani composti da autori anonimi durante il lungo periodo della schiavitù del popolo afroamericano nel Nuovo Mondo. Una delle innumerevoli composizioni popolari che si sono consegnate al flusso della tradizione accumulando spesso molteplici varianti, come accade al secondo dei due versi citati: «Nobody knows but Jesus»: «Nessuno conosce il mio dolore, tranne Gesù».

Chissà, dunque, che a father Augustus non sia capitato di ascoltare in qualche chiesa di Roma un’altra composizione, Qui presso a te, Signor (mottetto imparentato con un brano angloamericano, ma la cui partitura musicale qualcuno attribuisce addirittura a Mozart), e di essersi commosso nel momento in cui il coro intona: «Niun vede il mio dolor, / tu ‘l vedi, o Dio». Dal Mississippi al Tevere, forse la sorpresa di quelle concordi parole riscaldò per un momento il cuore del sacerdote statunitense. Lo fanno ancora oggi se le si sente cantare. 

di Paolo Mattei