Testimonianze
Le storie presentate a Francesco da musulmani e cattolici raccontano esperienze di amicizia

Una generazione
cresciuta nel dialogo

 Una generazione cresciuta nel dialogo  QUO-254
07 novembre 2022

«Sono il tenente Abdulla Attiya Sayed, sono cresciuto in una famiglia musulmana e ho studiato in questa scuola, un istituto cattolico, e attualmente sono in servizio come membro delle Guardie reali del Bahrein». Così si è presentato al Papa il primo dei tre giovani che hanno condiviso le loro testimonianze durante l’incontro nella scuola del Sacro Cuore, nel pomeriggio di sabato 5 novembre.

«Crescendo ho affrontato molte sfide nella vita» ha confidato: «Mi svegliavo presto, facevo allenamento fisico prima di venire a scuola e lo continuavo dopo l’orario scolastico. Mi sono imbattuto in molte persone che dubitavano di me, che pensavano che stessi sprecando il mio tempo, che non fossi abbastanza bravo. Tuttavia, ho fatto in modo di lavorare molto duramente per dimostrare che si sbagliavano».

«La vita mi ha fatto capire che, per avere successo, sono necessari duro lavoro, impegno e sacrificio» ha proseguito. «Nei miei 16 anni di carriera sportiva — ha aggiunto — ho raggiunto il successo, ho ricevuto apprezzamenti, medaglie e ho persino stabilito un record da Guinness. Mi rendo conto però, e lo accetto con grande umiltà, che le medaglie e i trofei alla fine si arrugginiscono. Sono l’amicizia e la fratellanza che dureranno per sempre».

Insomma, ha fatto presente Abdulla, «posso essere un campione in campo, ma ciò che conta davvero è diventare un campione fuori dal campo». E, ha detto, «devo ammettere che l’esperienza mi ha insegnato che per raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita è necessario affrontare il fallimento senza paura».

«Crescendo in Bahrein, e frequentando questa prestigiosa accademia, ho avuto l’opportunità di celebrare non solo l’Eid. Ho anche celebrato il Natale, il Diwali e molte altre feste che scaldano il cuore» ha affermato rivolgendosi a Francesco. In queste occasioni «tutte le persone e gli studenti di diverse religioni e provenienze hanno festeggiato insieme. Non c’era discriminazione se uno partecipava alla felicità dell’altro. La scuola del Sacro Cuore si è dimostrata un ottimo esempio di unità e rispetto reciproco». Poi, «da adulto, ho partecipato a operazioni militari che mi hanno portato a contatto con religioni di cui non conoscevo l’esistenza». Del resto, ha aggiunto, «ci sono molte religioni presenti nel regno del Bahrein come l’islam, il cristianesimo, l’induismo, il sikhismo, il buddismo e l’ebraismo. Tutte queste religioni possono non essere seguite da un numero uguale di persone, ma sono tutte rispettate allo stesso modo».

Questa realtà, ha rilanciato Abdulla, «si rifà alla nozione più raffinata della “unità nella diversità”, che è una caratteristica essenziale del nostro regno e che lega tutti insieme per mantenere la pace e la stabilità nella regione». Proprio «la “unità nella diversità” è la ragione principale della crescita e dello sviluppo del nostro Paese».

In conclusione, il tenente delle Guardie reali ha rimarcato il ruolo del re Hamad bin Isa Al Khalifa in questa direzione e ha ricordato «la famosa frase di Patrick Henry: “Uniti stiamo in piedi, divisi cadiamo”».

Vivere da cattolici nel Bahrein


Ha preso quindi la parola Nevin Varghese Fernandez, 31 anni. «Voglio rendere gloria al Signore — ha detto rivolgendosi a Francesco — per avermi scelto per dargli testimonianza e per avermi aiutato a condurre una vita cristiana qui in Bahrein. Crescere come cattolico è stato sicuro e senza rischi, perché abbiamo la fortuna di vivere in un Paese che promuove e sostiene varie religioni». E difatti, ha riconosciuto, «abbiamo potuto esprimere la nostra fede e avere conversazioni interreligiose con i nostri amici molto liberamente. Personalmente credo nell’esprimere la nostra fede più nei fatti che nelle parole, perché vedendo crediamo di più».

«Vivere da cattolici in un Paese a maggioranza musulmana è una gioia — ha fatto presente Nevin — perché siamo circondati da persone di fede che condividono gli stessi valori e la Chiesa ci ha dato una buona base, essenziale prima di andare all’estero per proseguire gli studi».

«Tutti guardano ai giovani per ricevere gioia, energia e incoraggiamento, ma essere un giovane cattolico nel mondo di oggi richiede anche molta preghiera e sacrificio poiché è facile cadere in tentazione ed essere attratti dalla vita mondana» ha detto. «Le sfide della vita quotidiana — ha aggiunto — possono spesso scontrarsi con i valori del Vangelo. È importante, quindi, creare relazioni buone e sane per ascoltare gli altri e rispondere in modo sano, testimoniando così una Chiesa aperta a tutti».

«Sappiamo benissimo che molti giovani nel mondo vivono in situazioni più impegnative delle nostre» ha affermato Nevin; ed è per questo che «siamo grati che la Chiesa sia al nostro fianco e che abbiamo esempi eroici di persone che rischiano la vita per la fede».

Proprio la presenza del Papa «in mezzo a noi», ha rilanciato, «ci dà forza e ci incoraggia nella nostra identità cattolica: vogliamo essere degni figli della Chiesa sotto la sua guida e siamo orgogliosi di poter praticare la nostra fede senza paura». E ha così concluso, rivolgendosi direttamente a Francesco, la sua testimonianza: «Sono incredibilmente felice che Dio mi abbia dato questa opportunità unica di stare davanti al successore dell’apostolo Pietro per rivolgermi a lei e chiedere anche la sua benedizione su tutti noi, affinché l’Onnipotente ci conceda la grazia di portare il suo amore al mondo e di essere un esempio vivente della sua presenza in mezzo al suo popolo».

Tre domande per il Papa


È stata infine la volta di Merina Motha, che ha raccontato la sua esperienza di giovane cresciuta in Bahrein in una famiglia cattolica: «Mi è stato insegnato ad avvicinarmi e a diventare un tutt’uno con la mia comunità. Faccio parte del ministero dei lettori e del coro nella nostra parrocchia locale e le parole non possono esprimere la trasformazione che tutto ciò ha portato in me».

«Diventare lettore — ha detto la ragazza al Papa — non solo mi ha insegnato quanto conta l’enunciazione delle parole, ma anche che la Parola di Dio è una storia. Sebbene questa storia si sia conclusa con il libro dell’Apocalisse, continua a vivere nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo di Dio». E «diventare corista mi ha incoraggiato in più di un modo. Cantare inni a Dio e sulla sua creazione ha ispirato momenti speciali e sacri anche nel mio cuore. Inoltre, sono stata accolta in una comunità che mi ha spinto a seguire le vie di Dio e anche a scoprire chi sono e cosa posso essere in questo mondo».

Ma «l’adolescenza ha portato un cambiamento» ha confidato. «Diventare adolescenti — ha spiegato — significa entrare in una fase della vita che comporta molte esperienze sconosciute. In quei momenti ciò di cui abbiamo più bisogno è una guida: non vogliamo mai camminare da soli e non vogliamo mai sentirci esclusi».

«Alcuni eventi, però, non possono essere controllati e accadono e basta» ha proseguito; e così «possiamo perdere di vista le nostre priorità e iniziare a indulgere verso una cultura dell’indifferenza. Cerchiamo di fuggire dai nostri problemi, possiamo iniziare a detestare noi stessi e coloro che ci circondano e persino a dimenticare le nostre stesse radici. Ma abbiamo una scelta e io scelgo di non lasciare che le mie emozioni mi controllino, ma piuttosto scelgo di usarle per rafforzare la fede in me stesso, nelle persone e nel mondo che ci circonda, oltre che in Dio».

«La fede è invisibile ma si sente, la fede è forza quando ci sentiamo deboli, la fede è speranza quando tutto sembra perduto» ha affermato Merina. «Se si crede in Dio e si crede in sé stessi — ha detto — tutto il resto andrà al suo posto. Se abbiamo fede nelle nostre capacità, e lavoriamo sodo, non c’è nulla che non possiamo realizzare».

La ragazza ha concluso la sua testimonianza «con una citazione che mi ha profondamente commosso: “La più grande gentilezza che si possa fare agli altri consiste nel condurli dall’errore alla verità”». Per poi proporre al Papa alcune domande: «C’è qualche consiglio che può darci dalla sua esperienza personale da adolescente? Come possiamo comunicare efficacemente con Dio attraverso la preghiera silenziosa? Pensa che le nostre convinzioni siano abbastanza forti da aiutarci a combattere problemi sociali come ansia, stress, bullismo e pressione dei compagni o dei colleghi?».