Un mosaico di razze
e culture

 Un mosaico di razze e culture  QUO-253
05 novembre 2022

È venuto a portare «l’affetto e la vicinanza della Chiesa universale, che guarda e abbraccia, vuole bene e incoraggia» la piccola ma dinamica comunità cattolica del Bahrein, e a ringraziarla per la sua «testimonianza mite e gioiosa di fraternità», che sparge in «questa terra semi di amore e di pace». Papa Francesco lo ha confidato durante la messa di sabato 5 novembre, nel terzo e penultimo giorno del viaggio nello Stato insulare del Golfo. Una mattinata, anche quella odierna, assolata e ventosa, in cui per il Pontefice c’è stato il primo vero bagno di folla da quando è qui.

Trentamila fedeli di 111 nazionalità


Palcoscenico di quella che è stata una delle più partecipate celebrazioni eucaristiche nella storia della regione, lo Stadio nazionale di Riffa, la seconda città bahrenita, in cui risiede la famiglia reale Al Khalifa, a sud della capitale Manama. Giuntovi in macchina da Awali, il vescovo di Roma ha trovato ad accoglierlo trentamila fedeli — in rappresentanza di ben 111 nazionalità — che gremivano l’impianto sportivo in ogni ordine di posto: dalle gradinate al prato.

Subito salito sulla papamobile scoperta, Francesco ha compiuto un lungo giro tra i presenti che gridavano «We love you Papa» al suo passaggio, mentre la corale intonava Jesus Christ you are my life, canto del Giubileo del 2000. Molti sorrisi e qualche lacrima di commozione sui volti che riflettevano il mosaico di razze e culture della comunità cristiana del Medio Oriente e in particolare di quella cattolica del Bahrein: quelli di antica tradizione orientale e quelli che, come migranti, risiedono temporaneamente in questa parte del mondo. Ad essi si sono uniti le sorelle e i fratelli nella fede provenienti dagli altri tre Paesi del vicariato apostolico dell’Arabia del Nord — Kuwait, Qatar e Arabia Saudita — così come coloro che sono arrivati da territori vicini e lontani. Soprattutto giovani e famiglie con bambini, ognuno dei quali ha ricevuto dagli organizzatori un sacchetto contenente una bandierina con i colori vaticani, un cappellino da baseball bianco con il logo del viaggio e una bottiglietta d’acqua potabile per dissetarsi nella calura di queste latitudini. Alcuni scattavano selfie, altri chiedevano una benedizione, altri ancora sollevavano i figli più piccoli per una carezza.

Indossati i paramenti, sul palco dominato da un grande arco giallo e con al centro un’imponente croce d’oro, il vescovo di Roma ha quindi presieduto la messa “per la pace e la giustizia” in lingua inglese. Hanno concelebrato numerosi cardinali, presuli e sacerdoti della regione e gli ecclesiastici del seguito papale, tra i quali il vescovo Hinder, ordinario locale, il cardinale Parolin, il nunzio Nugent. Accanto all’altare, una statua della Vergine Maria a rimarcare la devozione mariana di questa gente. Ai lati, due enormi maxischermi hanno permesso di seguire meglio lo svolgimento a tutti i presenti: arabi e asiatici soprattutto, ma anche africani, a rappresentare ogni componente del cattolicesimo qui in Bahrein: una comunità di 160 mila fedeli, 80 mila secondo altre stime, che costituiscono il 10 per cento circa della popolazione totale. Non sono solo di rito latino, ma anche di diverse tradizioni orientali, e la loro cura pastorale è assicurata da una ventina di sacerdoti (tredici diocesani e sette religiosi), assistiti da una novantina di catechisti attivi nelle due parrocchie del Paese, e da alcune suore, il cui numero non raggiunge la decina.

Sono per lo più lavoratori precari coinvolti nei recenti flussi migratori che dal subcontinente indiano e dall’Estremo Oriente li hanno portati qui in cerca di impieghi temporanei. Operai occupati negli impianti estrattivi e nell’edilizia che nel Golfo sembra non conoscere crisi, e collaboratrici domestiche al servizio di famiglie facoltose. Considerati pacifici perché rispettosi delle leggi, essi godono della fiducia della maggioranza islamica che detiene tutte le leve politiche, giudiziarie ed economiche.

Una celebrazione storica per il Paese


Piccolo gregge multietnico, dunque, ma che oggi ha mostrato tutta la sua coesione nelle differenze e il suo amore per la Chiesa nell’animare questa celebrazione storica con il primo Papa venuto in Bahrein, dove vive anche una popolazione arabo-cristiana autoctona. Si tratta di una rarità per la regione, un migliaio di persone attirate da altre nazioni mediorientali a metà del secolo scorso a motivo del boom petrolifero e oggi cittadine a pieno titolo.

Anche per questo la prima lettura è stata proclamata in arabo (Isaia 9, 1-6), mentre l’inglese che tutti unisce è stato scelto per il Vangelo (Matteo 5, 38-48). Invece l’omelia è stata pronunciata dal Pontefice in spagnolo, a differenza degli altri discorsi di questo viaggio che sono stati e saranno in italiano.

Il carattere cosmopolita del cattolicesimo


Anche la preghiera dei fedeli ha sottolineato il carattere cosmopolita del cattolicesimo bahrenita: le intenzioni sono state infatti elevate in konkani e malayalam (che si parlano in India), in tagalog (lingua delle Filippine), in swahili (idioma africano) e in tamil (dello Sri Lanka). In particolare il pensiero è andato a quanti soffrono a causa della guerra, della fame e della povertà, affinché non siano abbandonati.

Al termine il vescovo Hinder ha rivolto un indirizzo di saluto al Papa, che in dono gli ha offerto, come da tradizione, un calice. Anche nel precedente viaggio di Francesco negli Emirati Arabi Uniti era stato il presule cappuccino, allora vicario apostolico di Arabia del Sud, ad accogliere il vescovo di Roma.

Infine il Pontefice ha impartito la benedizione; e mentre lo stadio andava svuotandosi, è rientrato in macchina presso la residenza di Awali. Nel pomeriggio lo attende un incontro con i giovani e domani quello conclusivo del viaggio qui in Bahrein con i vescovi, i sacerdoti, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali nella chiesa del Sacro Cuore in Manama.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini