Quella mano sul cuore
in segno di accoglienza

 Quella mano sul cuore  in segno  di accoglienza  QUO-253
05 novembre 2022

Colpito dalla consuetudine della gente di queste terre di accogliere gli ospiti portandosi la mano al cuore, Papa Francesco ha idealmente ripetuto il gesto di affetto nei due momenti pubblici che hanno scandito ieri il suo venerdì pomeriggio qui in Bahrein: entrambi incontri improntati al dialogo, interreligioso il primo ed ecumenico il secondo.

Dopo gli appuntamenti presso la propria residenza con il Patriarca ecumenico Bartolomeo e poi con il Grande imam di Al-Azhar, lo sceicco Ahmad Al-Tayyeb, il Pontefice ha raggiunto insieme a quest’ultimo la vicina moschea, sempre all’interno del complesso del Palazzo reale bahrenita, nei pressi della municipalità di Awali.

Ad accoglierli all’arrivo erano il presidente del Consiglio supremo per gli Affari islamici del Bahrein e membro del Muslim Council of Elders (Mce), Sheikh Abdulrahman bin Mohammed bin Rashid Al Khalifa, e il segretario generale dell’Mce, il giudice egiziano Mohamed Mahmoud Abdelsalam, attivo animatore dell’Alto comitato per la fratellanza umana, realtà in cui leader di varie fedi promuovo l’omonimo Documento per la pace mondiale e la convivenza comune firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 dagli stessi Papa Bergoglio e Al-Tayyeb.

Al chiaror della luna che svettava nel cielo nuvoloso all’imbrunire, insieme i due sono entrati nel cortile del luogo di culto, per partecipare alla tavola rotonda sul tema «Interfaith dialogue and the 21th century challenges» promossa dall’Mce, il Consiglio degli anziani saggi che riunisce studiosi, esperti e dignitari musulmani stimati per i principi di giustizia, indipendenza e moderazione. Organizzazione internazionale indipendente, fondata il 18 luglio 2014, si occupa di eventuali dissidi interni alle comunità islamiche e delle cause che li hanno originati, con l’obiettivo di difendere valori umanitari e principi di tolleranza, in opposizione al settarismo e alla violenza.

Alla proclamazione di due letture brevi di alcuni passi del Corano (Sura xxxvi. yâ sîn, versetti 33-36) cantati da un bambino musulmano e di altri del libro biblico della Genesi (2, 8-9.15-17; 3, 9-10; 4, 6-10) letti da una ragazzina cristiana, è seguita l’introduzione da parte del segretario dell’Mce. Dopo gli interventi del cardinale Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso, e dell’indonesiano Muhammad Quraish Shihab, in rappresentanza dell’Mce, hanno pronunciato i loro applauditi discorsi il Grande imam di Al-Azhar e il Papa, che in precedenti viaggi internazionali aveva già visitato moschee in Turchia e a Gerusalemme (2014), nella Repubblica Centrafricana (2015), in Azerbaigian (2016) e negli Emirati Arabi Uniti (2019).

Successivamente Francesco ha raggiunto in automobile la vicina cattedrale cattolica di Nostra Signora d’Arabia, la più grande chiesa del Golfo. Lo spettacolare edificio sorge su un terreno offerto dalla dinastia regnante Al Khalifa vicino al complesso del Sakhir royal palace l’11 febbraio 2013, festa di Nostra Signora di Lourdes. La posa della prima pietra di questa cattedrale nel deserto — ma nel senso più autentico del termine e non in quello negativo che ha assunto nel linguaggio comune — risale al 31 maggio 2014. Il progetto è stato sostenuto dal vicario apostolico Camillo Ballin, morto nel 2020, prima dell’inaugurazione avvenuta il 9 dicembre 2021 alla presenza del cardinale Tagle, che il giorno dopo aveva celebrato il rito della dedicazione. Dallo stesso anno essa è la sede episcopale del vicario apostolico di Arabia del Nord, che oltre al Bahrein comprende Kuwait, Qatar e Arabia Saudita.

Grandi pannelli fotografici addossati alla recinzione esterna che delimita il sagrato raccontano la storia dei vari incontri che hanno portato alla costruzione. Con una capacità di 2.300 posti, il tempio ha una simbolica forma ottagonale che rimanda a una tenda, nel ricordo di quella in cui Mosè incontrò il suo popolo. L’interno è decorato da sedici grandi coloratissime icone — con al centro quella di Gesù Pantocratore — alla cui realizzazione ha contribuito il fondatore del Cammino neocatecumenale Kiko Argüello.

Nel complesso — che ospita anche la residenza vescovile — gli immigrati, per lo più asiatici, che costituiscono la piccola comunità cattolica bahrenita affidano le loro preghiere alla statua policroma di Nostra Signora d’Arabia, venerata in una cappella laterale.

Accolto all’ingresso del tempio dal vescovo cappuccino Hinder e dal parroco, che gli ha porto il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione, il Papa è andato proprio nella cappella mariana, dove tre bambini gli hanno offerto dei fiori che egli ha deposto ai piedi dell’immagine della Vergine. Dopo essersi soffermato in silenziosa preghiera, ha quindi preso posto al centro dell’altare accanto al Patriarca ecumenico Bartolomeo, mentre una corale eseguiva il canto Make us one Father God, che inneggia all’unità tra i cristiani. Introdotto dalla lettura di un passo degli Atti degli apostoli (2, 1-12 - Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare), da parte dal vescovo anglicano di Cipro, Michael Lewis, il Santo Padre — alla cui sinistra era il cardinale Koch, prefetto del Dicastero ecumenico — ha pronunciato la sua meditazione. Al termine si è levata la preghiera per la pace — durante la quale venivano accese dal cero pasquale candele poi poste vicino al fonte battesimale — da parte dei vari rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane intervenuti, i quali poi hanno recitato insieme il Padre Nostro. Tra le intenzioni, una per la fine della violenza perpetrata da parole dure, armi mortali e fredda indifferenza, affinché «tutti i Paesi del mondo diventino oasi di pace»; una per quanti soffrono a causa di guerre, disastri naturali o disordini civili; una per le comunità cristiane di questa terra, affinché nella diversità possano rivelare il volto di Cristo, testimoniando insieme il Signore Gesù; e infine una per i credenti di tutte le tradizioni religiose presenti in Bahrein, perché crescano nel rispetto e nella comprensione reciproca, lavorando insieme per il bene della famiglia umana. Ad elevarle esponenti di antiche e più recenti Chiese ortodosse e anglicane. Intenzioni che il Papa ha riassunto firmando il libro d’onore della cattedrale. «Nostra Signora d’Arabia — ha lasciato scritto —, tenera Madre che ha cura di tutti i suoi figli, accompagni e custodisca quanti qui la visitano e la invocano. Nelle sue mani ripongo con fiducia il cammino delle comunità cristiane del Golfo».

La benedizione impartita dal Pontefice e dal Patriarca Bartolomeo e il canto della Preghiera della Pace di san Francesco hanno concluso la celebrazione, al termine della quale il Papa è rientrato alla residenza che lo ospita per pernottarvi.

dal nostro inviato
Gianluca Biccini