L’albero della vita
e il seminatore di pace

 L’albero della vita  e il seminatore di pace  QUO-252
04 novembre 2022

«Sono qui, nella terra dell’albero della vita, come seminatore di pace, per vivere giorni di incontro».

Con queste parole Papa Francesco ha iniziato il suo 39° viaggio in Bahrein, che rappresenta quasi un terzo atto rispetto al viaggio ad Abu Dhabi nel febbraio del 2019 e in Iraq nel marzo del 2021. Tre viaggi che si muovono al tempo stesso molto indietro, alle radici, all’inizio della storia dell’umanità eppure anche in avanti, verso un futuro di pace e di fratellanza che oggi appare fragile, in pericolo, ma che si può costruire se si sceglie la via dell’incontro e non quella dello scontro: «Siamo qui insieme perché intendiamo navigare nello stesso mare, scegliendo la rotta dell’incontro anziché quella dello scontro, la via del dialogo indicata da questo Forum: “Est e ovest per la coesistenza umana”» ha detto il Papa proprio nel discorso di chiusura del Bahrain Forum for Dialogue. Lo stesso nome Bahrein, questo piccolo stato arcipelago nelle acque del Golfo Persico, si può tradurre con l’espressione “due mari”: «pensiamo alle acque del mare,» ha sottolineato il Papa iniziando il suo intervento al Forum, «che mettono in contatto le terre e in comunicazione le genti, collegando popoli distanti. “Ciò che la terra divide, il mare unisce”, recita un antico detto. E il nostro pianeta Terra, guardandolo dall’alto, si presenta come un vasto mare blu, che congiunge rive diverse. Dal cielo sembra ricordarci che siamo un’unica famiglia: non isole, ma un solo grande arcipelago. È così che l’Altissimo ci vuole e questo Paese, un arcipelago di oltre trenta isole, può ben simboleggiarne il desiderio».

Vivere nel mondo ma con lo sguardo di Dio, leggere la storia alla luce del Vangelo, questa la sfida oggi come ieri, per il cristiano. Innanzitutto, quindi, vivere, cioè scegliere la vita. Da qui il richiamo all’albero della vita, la prima immagine alla quale ricorre il Papa, nel discorso di ieri alle autorità appena atterrato ad Awali, prendendo spunto da questo “emblema di vitalità” molto sentito in Bahrein: una maestosa acacia, che sopravvive da secoli in un’area desertica, dove le piogge sono molto scarse. «Sembra impossibile che un albero tanto longevo resista e prosperi in tali condizioni» ha osservato Francesco: «Secondo molti, il segreto sta nelle radici, che si estendono per decine di metri sotto il suolo, attingendo a depositi sotterranei d’acqua». La presenza di queste abbondanti sorgenti di acque dolci crearono la fama per il Bahrein di essere una terra paradisiaca, ricorda il Papa, «l’antico regno di Dilmun era detto “terra dei vivi”». In questa terra dei vivi arriva il Vescovo di Roma come seminatore di pace, con l’urgenza di chi sa che oggi, «nel giardino dell’umanità, anziché curare l’insieme, si gioca con il fuoco, con missili e bombe, con armi che provocano pianto e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio». Per questo giardino che rischia di morire soffocato dalle ceneri della guerra, è fondamentale ritornare alle sorgenti di acqua fresca e pulita; è questo il cuore del primo discorso di Papa Francesco che vale la pena rileggere e meditare: «Ecco l’acqua vitale alla quale ancora oggi attingono le radici del Bahrein, la cui più grande ricchezza risplende nella sua varietà etnica e culturale, nella convivenza pacifica e nella tradizionale accoglienza della popolazione. Una diversità non omologante, ma includente, rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto». Il mondo occidentale è vero che si è evoluto nel senso della globalizzazione ma, nota il Papa, questo processo ha fatto perdere qualcosa di prezioso, si tratta dello «“spirito del villaggio”: l’ospitalità, la ricerca dell’altro, la fraternità. Al contrario, assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala, dell’indifferenza e del sospetto reciproco, al dilatarsi di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate, a populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti. Nonostante il progresso e tante conquiste civili e scientifiche, la distanza culturale tra le varie parti del mondo aumenta, e alle benefiche opportunità di incontro si antepongono scellerati atteggiamenti di scontro».

C’è un’acqua che può far rifiorire il giardino dell’umanità ed è quella che indica Papa Francesco, seminatore di pace e “rabdomante di speranza”: «pensiamo invece all’albero della vita e negli aridi deserti della convivenza umana distribuiamo l’acqua della fraternità: non lasciamo evaporare la possibilità dell’incontro tra civiltà, religioni e culture, non permettiamo che secchino le radici dell’umano! Lavoriamo insieme, lavoriamo per l’insieme, per la speranza!». 

di Andrea Monda