Il sesto giorno/6

Immagine e dualità

 Immagine e dualità  QUO-252
04 novembre 2022

La creazione dell’uomo e della donna


La finezza con cui ha interpretato il ruolo di studiosa, la mitezza che ha contraddistinto i suoi rapporti con le persone: ricordiamo così Giorgia Salatiello — morta ieri, 3 novembre — docente ordinario della Facoltà di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana e stimata collaboratrice del nostro giornale. Pubblichiamo il suo ultimo articolo scritto per la rubrica «Il sesto giorno».

La maggior parte degli animali che Dio chiama all’esistenza con la sua azione creatrice sono coppie, un maschio e una femmina, eppure l’autore del testo sacro non fa menzione di questo fatto pur così fondamentale per la vita. Solo il sesto giorno, con la creazione della donna e dell’uomo, compare il riferimento alla dualità dei generi e, significativamente, in relazione all’essere entrambi a immagine di Dio.

Si può, quindi, ragionevolmente pensare che il differire dei generi abbia, nell’essere umano, un valore del tutto peculiare che va al di là del semplice dato biologico, comune agli altri viventi. Precisamente l’accostamento all’immagine consente di avviare una riflessione su questa peculiarità del differire umano che trova la sua prima espressione già sul piano linguistico in cui, oltre ai termini di maschio e femmina, troviamo quelli di uomo e donna.

Senza voler operare forzature, si può, però, tranquillamente affermare che proprio l’essere entrambi immagine di Dio conferisca agli esseri umani quell’irriducibilità alla pura materialità che, invece, contraddistingue gli altri esistenti. Spiritualità, intelligenza, volontà libera e capacità di uscire da sé per andare incontro a Dio e agli altri, tutto questo è racchiuso nel concetto dell’immagine come somiglianza tra la creatura e il Creatore. Tutti i tratti che si sono ora indicati come costitutivi dell’immagine sono, ovviamente, comuni sia alla donna che all’uomo, ma, considerando che la dualità dei generi non è né secondaria né derivata in quanto voluta da Dio fin “dal principio”, è lecito pensare che tale dualità non sia irrilevante riguardo a essi.

Solo la concretezza dell’esistenza può svelare come quelle identiche caratteristiche siano differentemente declinate nelle due modalità del femminile e del maschile, conferendo a ciascun genere la sua irriducibilità unica e irripetibile. La comunanza dell’identica immagine unita alla differente appartenenza di genere, inoltre, contribuisce a rendere ragione della reciproca attrazione tra la donna e l’uomo, che, a partire da ciò che condividono, possono recare ciascuno all’altro/a la specificità dei doni che li contraddistinguono.

Un’altra rilevante conseguenza è che, in questo modo, è scongiurato qualsiasi pericolo di fusione simbiotica ed è salvaguardata quella distanza che consente a ciascuno dei due di rimanere se stesso, pur in un incontro assolutamente profondo e, sovente, intimo. È, così, allontanato anche il rischio dell’appiattimento su di un modello unico, quello di un solo genere, del quale l’altro non sarebbe che una copia sbiadita e imperfetta. È immediatamente evidente che da tutto ciò scaturisce l’esigenza di una piena e convinta valorizzazione della differenza connessa alla dualità dei generi, senza alcun timore che questo possa intaccare il valore condiviso dell’essere identicamente immagine di Dio.

Dio ha voluto creare la donna e l’uomo differenti e ha affidato loro, come un compito prioritario, quello di salvaguardare e arricchire tale differenza, recando ciascuno la peculiarità della personale appartenenza di genere. Non è questo un compito che possa essere realizzato una volta per tutte, ma, in ogni epoca e in ogni contesto, a esso deve essere dedicata la massima attenzione e deve essere perseguito con un impegno che è di tutti e che coinvolge ognuno perché prima della dualità dei generi viene l’irriducibile peculiarità personale che rende ogni donna e ogni uomo diversi dagli altri e capaci di recare un contributo insostituibile.

di Giorgia Salatiello