DONNE CHIESA MONDO

Saggi
Il primo messaggio economico del Papa è nella scelta del nome

Francesco, ieri e oggi

 Francesco, ieri e oggi  DCM-010
05 novembre 2022

La prima parola economica del suo pontificato Papa Bergoglio la scrisse la sera del 13 marzo 2013, quando scelse il suo nome. Francesco è molti messaggi assieme, ma è anche un messaggio all’economia. La prima scuola di economia nel medioevo fiorì dai francescani, e le prime banche popolare europee nacquero anch’esse dai francescani minori: i Monti di Pietà, centinaia di istituti di crediti nati tra il 1458 (Ascoli) e il concilio di Trento. Francesco d’Assisi non è solo povertà; è anche ricchezza, sebbene vista dalla prospettiva paradossale e profetica del Vangelo.

Papa Francesco ha da subito attribuito una grande importanza all’economia. Non a caso è il primo papa che ha lanciato nel 2019 un movimento mondiale di giovani economisti e imprenditori, che ha avuto il 22-24 settembre 2022 ad Assisi un suo momento in presenza molto importante.

Ripercorriamo le tappe essenziali della visione della povertà di Papa Francesco, tramite tre delle sue encicliche più direttamente sociali.

Prima una premessa, legata al nome Francesco. Nella visione della povertà di questo papa c’è molto del poverello di Assisi. San Francesco iniziò la sua rivoluzione, anche economica, scegliendo come sua forma di vita soltanto il Vangelo; soltanto: sta in questo avverbio limitativo la novità del francescanesimo. Noi non abbiamo più le categorie per comprendere cosa fosse la povertà di Francesco e poi di Chiara. Diversamente da quella dei monasteri, era una povertà individuale e una povertà comunitaria: non solo le persone, neanche i conventi dovevano possedere alcun bene. Come amava dire Ugo di Digne, il solo diritto che hanno i francescani è il diritto a nulla possedere, a vivere sine proprio. Francesco i suoi frati e le sue suore tentarono qualcosa di impensato che ci lascia ancora oggi senza fiato: tornarono lungo le strade, raccolsero l’eredità del primo nome dei cristiani, “quelli della via”, da ricchi divennero mendicanti poveri in mezzo ai poveri. Francesco passò per la cruna non perché allargò l’orifizio dell’ago ma perché ridusse il “cammello”, fino a renderlo sottilissimo. “Beati i poveri” divenne la loro felicità desiderata e bramata: «Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, sì la sposa piace» (Paradiso, xi , 84). Solo Dante poteva racchiudere in un solo verso il paradiso di Francesco.

All’indomani della sua elezione, scrive la Evangelii Gaudium (EG, 2013), il primo documento teologico di Francesco, una sorta di mappa del suo pontificato che riguardava direttamente l’economia. Papa Francesco legge il capitalismo del xxi secolo come una economia dell’esclusione dei poveri, che non solo sono “gli ultimi”, sono gli scarti, gli invisibili che non sono ultimi perché non partecipano neanche alla gara: «Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della iniquità. Questa economia uccide».

Infine, un messaggio forte dell’Evangelii Gaudium all’economia: Il tempo è superiore allo spazio. Il nostro sistema di sviluppo e di crescita è tutto schiacciato sul qui e ora, e così rischia di spezzarsi il legame che unisce tra di loro le generazioni. Ridare priorità al tempo significherebbe, oggi, usare le risorse non rinnovabili della terra sapendo che le abbiamo ereditate dai padri e che dobbiamo lasciarle in eredità ai figli. Rimettere al centro il tempo significa allora giudicare le scelte di politica economica dalla prospettiva di un bambino, o di una bambina, che oggi sta nascendo in un villaggio africano o asiatico. Se il tempo è superiore allo spazio, allora le donne devono avere ben altro spazio nella vita civile ed economica. La donna, in quanto luogo della nascita della vita, è l’immagine per eccellenza di un tempo superiore allo spazio. In uno spazio infinitesimo inizia nel tempo il processo più importante, quello della vita.

La Laudato si’ è l’enciclica di papa Francesco che ha avuto l’impatto maggiore nell’opinione pubblica mondiale. Nella sua essenza è un grande discorso concreto di bene comune. Oggi, soprattutto in Occidente, non riusciamo a vedere la questione etica del mondo proprio perché ci manca la grande categoria di bene comune — e quindi anche quella strettamente collegata di beni comuni, relegata nelle ultime pagine dei manuali di Economics, ancora tutta centrata sui “beni privati” — la grande assente della nostra civiltà dei consumi e della finanza. E quando una società riduce i beni comuni sta impoverendo i più poveri.

Eppure la nostra epoca ha conosciuto e conosce ancora nella propria carne che cosa siano i mali comuni: guerre mondiali, pericolo atomico, pandemie, il terrorismo globalizzato. Abbiamo imparato che cosa significhi essere anche un corpo quando cadevano e cadono ancora le bombe sulle case dei ricchi e su quelle dei poveri, quando la follia suicida omicida uccideva manager e operai, quando la peste (e il virus) — leggiamo i Promessi sposi— colpivano il Griso, Fra Cristoforo e don Rodrigo. Ma dall’esperienza del male comune non abbiamo imparato la sapienza del bene comune.

Il terzo luogo dove guardare per capire l’economia di Francesco è la Fratelli tutti (2020).

Fratelli tutti affida la fondazione biblica del suo discorso quasi esclusivamente alla parabola del Buon Samaritano del Vangelo di Luca. Una scelta importante e forte, che chiarisce subito che la fraternità di Francesco è fraternità universale centrata sulla vittima. Francesco sceglie di guardare il mondo accanto alle vittime, e da lì lo ama e lo giudica, fin dal suo primo viaggio che volle fare a Lampedusa. Anche a costo di trascurare altre dimensioni fondanti della fraternità, come la reciprocità. Una parabola non parla di fratelli di sangue, non nomina mai la parola fraternità per rivelarci la prossimità. «Chi è il mio prossimo?», è la domanda dello scriba che genera uno degli incipit più stupendi di tutta la letteratura: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico…». L’anima di questo racconto sta nel contrasto tra prossimità e vicinanza: chi si china sulla vittima diventando suo prossimo, il Samaritano, è il meno vicino alla vittima tra i passanti per quella strada, perché non giudeo e appartenente ad un popolo scomunicato. Il levita e il sacerdote, coloro che in quel mondo erano gli addetti alla cura e all’assistenza, erano molto più vicini a quella vittima eppure passano oltre. Chi si si prende cura dell’uomo mezzo morto non lo fa perché era suo vicino ma perché decide di diventare prossimo. Fratelli si nasce, prossimi si diventa scegliendo di diventarlo. Scrive Francesco: «Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano… Non c’è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c’è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza».

Il prossimo, il fratello e la sorella del Vangelo non sono il vicino. È questa una dimensione essenziale di questa nuova e diversa fraternità.

Questa enciclica segna anche la fine della dottrina della guerra giusta, che arrivava alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina. Da anni si attendeva una parola chiara e forte su questo pezzo di dottrina cristiana che strideva troppo con le parole sulla pace di Francesco e di molti suoi predecessori. E finalmente è arrivata: «Oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!».

Concludo con le parole sulla povertà che Papa Francesco ha rivolto ai giovani di Economy of Francesco (Assisi, 24 settembre 2022): «La nostra civiltà ha molto impoverito la parola povertà e poveri. Credere in una “Economia di Francesco” significa impegnarsi a mettere al centro del vostro agire e del vostro pensiero i poveri, che oggi prendono nomi e volti nuovi. A partire da essi guardate l’economia, a partire da essi guardate il mondo. … san Francesco non amava soltanto i poveri: ha amato anche la povertà. La tradizione francescana ci parla di un “matrimonio mistico” di Francesco con Madonna povertà. Francesco non andava dai lebbrosi di Assisi soltanto per aiutare quei poveri ad uscire dalla povertà; lui andava dai poveri perché voleva diventare povero come loro: sta qui la sua grande profezia… Non c’è nulla che più scandalizza l’economia della prima beatitudine: “beati i poveri”, nulla fa più scandalo di “madonna povertà”. Ed è invece da qui che dobbiamo partire, che voi imprenditori ed economisti dovete incominciare, abitando questi paradossi evangelici di Francesco».

di Luigino Bruni
Economista, direttore scientifico «Economy of Francesco», professore di Economia alla Lumsa