I lavori della Plenaria della Pontificia Commissione per la tutela dei minori

Una Commissione ampliata
per un mandato più ampio

 Una Commissione ampliata  per un mandato più ampio  QUO-248
28 ottobre 2022

Il 30 settembre 2022, Papa Francesco ha nominato dieci nuovi membri della Pontificia Commissione per la tutela dei minori (Pctm). Con i dieci membri riconfermati dalla precedente, sono ora 20 gli esperti della Commissione che, guidata dal presidente e dal segretario, costituisce un importante locus all’interno della Curia romana per la protezione dei minori e per il più ampio programma di safeguarding.

Nel marzo di quest’anno, Papa Francesco ha aggiunto la Commissione alle strutture centrali di governo della Chiesa in virtù della costituzione apostolica sulla Curia romana, Praedicate Evangelium, collocandola presso il Dicastero per la dottrina della fede (Ddf). Poiché il Santo Padre è impegnato a preservare l’autonomia della Commissione, essa continuerà ad essere guidata da un presidente nominato dal Papa.

Era fondamentale per il Santo Padre che la Commissione, per quanto riguarda la sua collocazione all’interno della Curia e del Ddf, mantenesse la sua indipendenza come organo consultivo del Papa, con accesso alle istanze che esercitano la leadership all’interno della Chiesa e con il mandato di supervisionare l’adeguatezza delle politiche e delle procedure della Chiesa in materia di prevenzione e safeguarding negli abusi.

La Commissione e il Dicastero per la dottrina della fede


«La vostra stretta collaborazione con il Dicastero per la Dottrina della Fede e con gli altri Dicasteri dovrebbe arricchire il vostro lavoro, mentre il vostro lavoro può arricchire a sua volta quello della Curia e delle Chiese locali. Lascio alla Commissione e al Dicastero, ai Dicasteri, la determinazione dei modi più efficaci perché ciò avvenga. Lavorando insieme, questi attuano concretamente il dovere della Chiesa di proteggere tutti coloro di cui è responsabile» (Papa Francesco, 29 aprile 2022).

Il Santo Padre ha stabilito che una stretta collaborazione tra la Commissione e il Ddf fosse fondamentale per la collocazione del lavoro della Commissione nel futuro. Ha dato atto alle preoccupazioni dei membri della Commissione e di altri che la collocazione presso il Dicastero potesse minare l’autonomia della Pctm. Per questo motivo la Commissione, pur facendo parte del Dicastero, continuerà ad essere guidata da un presidente delegato, nominato dal Papa e che riferisce direttamente al Pontefice. E le decisioni riguardanti il personale, i membri della Commissione, così come le proposte che essa produce, rimarranno indipendenti dal Dicastero. Papa Francesco è stato molto chiaro sul fatto che le voci indipendenti dei membri della Commissione e di coloro che essa serve non debbano essere compromesse.

Tuttavia, perché Papa Francesco ha deciso che il Ddf fosse l’organo più adatto ad accoglierla?

In primo luogo, il Santo Padre sa che è importante che la Commissione, con la sua attenzione alla tutela e alla protezione, sia il più vicino possibile al Dicastero che si occupa della disciplina e dell’amministrazione della giustizia. Nel suo motu proprio di febbraio, Fidem servare, Papa Francesco ha ristrutturato il Ddf in due sezioni, Dottrinale e Disciplinare, ognuna con un proprio segretario che assiste il prefetto per la sua area di competenza. In termini laici, Papa Francesco si sta impegnando in un processo di riforma del diritto, comune a molte giurisdizioni alla ricerca di una legittimità sempre maggiore. In altre parole, sta modificando gli attuali procedimenti legali per renderli più efficienti. Come in altri sistemi giuridici, la prevenzione va di pari passo con il perseguimento dei reati.

In secondo luogo, sottolineando l’importanza di rendere l’applicazione della legge un processo efficiente e avendo stabilito questa vicinanza tra la Commissione e la sezione disciplinare del Dicastero, il Santo Padre ha ampliato le possibilità di accesso al sistema della giustizia, e sebbene la Commissione non abbia e non avrà titolo nel trattare i casi, avrà un ruolo nell’accesso alla giustizia. Infatti, il Santo Padre nel suo discorso ha chiesto ai membri della Commissione «di proporre metodi migliori per consentire alla Chiesa di proteggere i minori e le persone vulnerabili e di assistere la guarigione dei sopravvissuti, riconoscendo che giustizia e prevenzione sono complementari».

La priorità del ruolo e dell’assistenza alle vittime/sopravvissuti


«È vostra responsabilità ampliare la portata di questa missione [della Commissione] in modo tale che la protezione e la cura di coloro che hanno subito abusi diventino una norma in ogni settore della vita della Chiesa. [...] Vi esorto a lavorare con diligenza e coraggio per far conoscere queste ferite, a cercare coloro che ne soffrono e a riconoscere in queste persone la testimonianza del nostro Salvatore sofferente. Perché la Chiesa conosce il Signore risorto nella misura in cui lo segue come Servo sofferente. Questa è la strada che tutti noi dobbiamo percorrere: vescovi, superiori religiosi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate, catechisti e fedeli laici. Ogni membro della Chiesa, secondo il proprio stato, è chiamato ad assumersi la responsabilità di prevenire i casi di abuso e a lavorare per la giustizia e la guarigione» (Papa Francesco, 29 aprile 2022).

Fin dall’inizio, la Commissione si è dedicata alla cura di vittime/sopravvissuti, con apertura ad apprendere dalle loro esperienze e incorporarle nel proprio lavoro. Questo aspetto del mandato della Pctm è stato sottolineato da Papa Francesco nell’udienza alla Commissione dell’aprile 2022: «È vostro compito espandere la portata di questa missione in modo che la tutela e la cura delle persone che hanno subito abusi diventi norma in ogni ambito della vita della Chiesa».

La realizzazione effettiva di tale impegno si riscontra anche nella presenza di sopravvissuti tra i membri della Commissione, sin dalla sua costituzione.

Attraverso questo, la Commissione ha evidenziato l’importanza della formazione della leadership ecclesiastica nell’accompagnamento con l’obiettivo di porre rimedio ad una carenza, spesso riferita da vittime/sopravvissuti riguardo alle esperienze di rivelazione iniziale relativamente agli abusi. Importante è stato quanto emerso dal lavoro dei Survivors advisory panels (Sap), promossi dalla Commissione con l’intento di individuare contenuti e modalità per includere in modo organico le voci e le esperienze delle vittime e dei sopravvissuti all’interno delle politiche di tutela e di cura delle Chiese.

I membri e il personale della Commissione sono stati da sempre un importante punto di contatto e di impegno con le vittime/sopravvissuti e i loro rappresentanti, attraverso la ricezione di segnalazioni e denunce, spesso anche inviate alla Commissione da altri Dicasteri della Curia.

La sistematica inclusione in un protocollo dedicato a tali corrispondenze da parte del personale in Vaticano ha rappresentato una preziosa fonte di riflessione a partire dalle problematiche contenute nelle comunicazioni, convergente nelle raccomandazioni offerte al Santo Padre e in attività e iniziative della Commissione, come seminari e gruppi di studio.

Le Linee guida


«Le politiche sono poco utili se non vengono messe in pratica, le linee guida sono inefficaci se non c’è una solida formazione per e da parte dei responsabili della loro attuazione. E niente di tutto questo si tradurrà in un meccanismo di prevenzione credibile se non c’è trasparenza nei rapporti e se non ci sono conseguenze per le mancanze. Questo è il futuro che Papa Francesco ha chiesto alla sua Commissione di contribuire a realizzare, e non vedo l’ora di guidare questi sforzi» (Card. Sean O’Malley, Presidente Pctm, Comunicato stampa, 30 settembre 2022).

Il Santo Padre ha conferito alla Commissione un mandato ulteriormente chiarito: vigilare sulle linee guida. In base all’art. 78, par. 2, della costituzione apostolica Praedicate Evangelium, la Commissione è stata incaricata di collaborare con le Conferenze episcopali, le diocesi e gli ordini religiosi per garantire l’efficacia delle linee guida per il safeguarding, con particolare attenzione alla prevenzione degli abusi (mandato del 2011 dell’allora Congregazione per la dottrina della fede con cui si richiedeva alla Conferenze episcopali di redigerle). Sebbene quasi tutte le 114 Conferenze episcopali del mondo abbiano redatto e presentato una serie di linee guida, rimane l’importante questione della loro efficacia e verifica, entrambe imprescindibili trattando di tutela dei minori.

Questa funzione di supervisione si esprimerà attraverso un processo in cui la Commissione esaminerà e offrirà feedback sull’adeguatezza dell’adozione e dell’attuazione dei requisiti della legge da parte di ciascuna Chiesa locale. È evidente che le visite «ad limina» rappresentano un momento chiave per il dialogo e l’impegno reciproco tra la Commissione e le Chiese locali su tali fondamentali questioni.

Papa Francesco ha poi indicato alla Commissione l’assunzione di due responsabilità aggiuntive, fondamentali per il progetto di safeguarding generale della Chiesa: l’istituzione di meccanismi di segnalazione in tutta la Chiesa per coloro che hanno subito abusi, e la redazione per il Santo Padre di un Rapporto annuale sulla tutela nella Chiesa, tratto dall’esperienza dell’attuazione di un programma di safeguarding più ampio.

Attuazione dell’articolo 2 di «Vos estis lux mundi»


«Ho seguito con interesse il modo in cui la Commissione, fin dal suo inizio, ha offerto opportunità di ascolto e di incontro alle vittime e ai sopravvissuti. Siete stati di grande aiuto nella mia missione pastorale verso tutti coloro che si sono rivolti a me in seguito alle loro dolorose esperienze. Per questo motivo, vi esorto ad assistere le Conferenze episcopali — questo è molto importante: assistere e supervisionare in dialogo con le Conferenze episcopali — nella creazione di centri adeguati dove le persone che hanno subito abusi, e i loro familiari, possano trovare accoglienza e ascolto, ed essere accompagnati in un processo di guarigione e giustizia, come indicato nel Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi (cfr. art. 2).

Questo sforzo sarà anche espressione della natura sinodale della Chiesa, della comunione e della sussidiarietà. Non dimentichiamo l’incontro che abbiamo avuto quasi tre anni fa con i Presidenti delle Conferenze episcopali. Essi devono istituire le commissioni e i mezzi necessari per attuare processi di cura per le persone che hanno subito abusi, con tutti i metodi che hanno, e per punire gli abusatori. E voi dovete supervisionare tutto questo. Vi incoraggio, per favore» (Papa Francesco, 29 aprile 2022).

Il mandato di istituire meccanismi di segnalazione in tutta la Chiesa per coloro che hanno subito abusi è stato codificato per la prima volta nel motu proprio del 2019, Vos estis lux mundi (Velm), art.2. Il documento, che è stato pubblicato poco dopo l’incontro dei leader della Chiesa a Roma nel febbraio 2019, presieduto dal Santo Padre, dà seguito a quanto emerso durante i lavori, in linea con le priorità indicate durante l’incontro dai partecipanti, in particolare dai sopravvissuti e le associazioni che li rappresentano. Il Papa ha incaricato la Commissione di supervisionare l’attuazione di queste procedure attraverso l’assistenza e la comunicazione con i leader della Chiesa.

La Commissione sta sviluppando un piano strategico per garantire l’attuazione di questo requisito di Velm nello spirito della nuova costituzione apostolica Praedicate Evangelium, la quale indica come la Curia debba essere al servizio delle Chiese locali in modo mirato. Pertanto, anche la struttura organizzativa della Pctm rifletterà un tale approccio sinodale, caratterizzato dal dialogo e dal rafforzamento reciproco.

Seguendo questo mandato rinnovato, la Commissione promuoverà le Chiese locali nella costruzione di capacità atte ad assicurare che sia facilitato lo sviluppo locale delle risorse necessarie per questa specifica tipologia di servizi pastorali. Affrontare la mancanza di capacità della Chiesa nei Paesi in via di sviluppo è una priorità cruciale, perché la disparità nella formazione e nella prevenzione degli abusi sessuali sui minori tra l’emisfero settentrionale e quello meridionale richiama l’urgenza della collaborazione della Chiesa nei Paesi più ricchi per porre rimedio all’enorme disuguaglianza nei servizi di safeguarding tra il nord e il sud del mondo.

Proprio nell’ottica di una collaborazione più incisiva nel combattere il male degli abusi, la Conferenza episcopale italiana (Cei) e la Commissione stanno stipulando un accordo per scambiarsi regolari aggiornamenti sulle iniziative poste in atto a livello nazionale e universale, ma anche per condividere competenze e professionalità così da creare una rete globale di Centri per l’accoglienza, l’ascolto e la guarigione delle vittime, sul modello degli standard internazionali sviluppati dalla Commissione e di quanto realizzato nelle diocesi italiane. Perché quest’attenzione sia estesa a tutti i Paesi, soprattutto a quelli in via di sviluppo, la Cei ha previsto uno stanziamento, per un periodo di tre anni, al fine di supportare la Commissione a svolgere il suo lavoro di costruzione di solidi meccanismi di salvaguardia nel sud del mondo. Si spera che questo significativo impegno della Cei, proveniente dai contributi dell’8×1000 che la Chiesa in Italia destina ai Paesi in via di sviluppo, possa essere integrato da futuri aiuti da parte di altre Conferenze episcopali.

Il Rapporto annuale sul safeguarding nella Chiesa


«Vorrei che ogni anno preparaste per me un rapporto sulle iniziative della Chiesa per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili. Questo potrebbe essere difficile all’inizio, ma vi chiedo di cominciare dove necessario, per fornire un resoconto affidabile su ciò che viene attualmente fatto e su ciò che deve cambiare, in modo che le autorità competenti possano agire. Questo rapporto sarà un fattore di trasparenza e responsabilità e — spero — fornirà una chiara verifica dei nostri progressi in questo sforzo» (Papa Francesco, 29 aprile 2022).

Questo Rapporto annuale descriverà nel dettaglio la natura e l’adeguatezza delle politiche e delle procedure di salvaguardia in tutta la Chiesa, nonché la loro attuazione ed efficacia. Valuterà la cura e l’accompagnamento delle vittime/sopravvissuti da parte della Chiesa e fornirà feedback e indicazioni generali sulle best practices in tutta la Chiesa. Sebbene la Commissione non si occupi di casi individuali, il Rapporto annuale fornirà informazioni su questioni quali: i Paesi e le diocesi in cui sono state implementate le linee guida per il safeguarding, se tali linee guida siano conformi a standard accettabili, quanto recentemente siano state riviste e dove non siano ancora state implementate.

Questo Rapporto annuale può diventare uno strumento vitale per contribuire a rafforzare la credibilità degli sforzi della Chiesa nell’affrontare gli abusi sessuali. Se servirà come principale punto di incontro tra la Commissione e le entità ecclesiali che cerca di coinvolgere, aiuterà a valutare i progressi in corso nello sviluppo da parte della Chiesa di quei processi e programmi che garantiscono la protezione dei minori e delle persone vulnerabili e la cura delle vittime/sopravvissuti. Il Rapporto favorirà la comunicazione sistematica dell’effettiva ricezione e implementazione da parte delle Chiese della visione del Papa; in particolare per quanto attiene l’agenda della Commissione che ora è stata ampliata in tutta la Chiesa.

Un secondo ruolo che tale Rapporto può svolgere è quello di aiutare a provare l’efficacia delle riforme delle politiche e delle pratiche in uso nella Chiesa. Cambiamenti e miglioramenti sono stati fatti a livello globale, ma molti rimangono sconosciuti o invisibili. Tracciando questi progressi, il Rapporto potrà contribuire ad un maggior grado di fiducia nella capacità della Chiesa di proteggere efficacemente i minori, di svolgere la sua missione evangelizzatrice e di promuovere una cultura di cura, assicurando giustizia e riconciliazione.

Inoltre, si auspica che un Rapporto annuale fornisca un grado di trasparenza e responsabilità così urgente in tema di protezione e di gestione degli abusi: il Rapporto annuale può costituire un importante punto di incontro e di dialogo con tutti i Dicasteri che compartecipano in qualche modo all’attuazione del safeguarding e nella protezione dei minori. Ad esempio, il Rapporto può assistere e informare il lavoro degli enti curiali responsabili di stabilire le linee guida sul ministero nell’ambito del programma di formazione sacerdotale.

Per facilitare il dialogo continuo con altre entità all’interno della Curia, in modo chiaro e coerente, la Commissione sta discutendo lo sviluppo di una serie di Memorandum per lo scambio di informazioni con i Dicasteri competenti. Questa serie di accordi fornirà un quadro per i contenuti del Rapporto annuale, che sarà poi presentato al Santo Padre il quale deciderà la forma della sua pubblicazione.

Una risposta sinodale


«L’intera Chiesa è in crisi a causa degli abusi; inoltre, la Chiesa non può fare un passo avanti ora senza accettare questa crisi.

È vero che gli eventi storici devono essere valutati con l’ermeneutica del tempo in cui sono accaduti. Ma questo non ci libera dal compito di assumerci le responsabilità e di accettare questi eventi come storia del “peccato che ci affligge”. Per questo credo che ogni Vescovo della Chiesa debba accettarlo e domandarsi: Cosa devo fare di fronte a questa catastrofe?

La riforma della Chiesa è stata portata avanti da uomini e donne che non hanno avuto paura di esporsi alla crisi e lasciare che il Signore li riformasse...  piangendo, e balbettando come meglio possiamo quel “allontanati da me, perché sono un peccatore”, l’eredità che il primo Papa ha lasciato ai Papi e ai Vescovi della Chiesa» (Papa Francesco, Risposta alla lettera di dimissioni del Cardinale Reinhard Marx, giugno 2021).

Incaricando la Commissione di garantire un’adeguata capacità di esaminare le accuse di abuso e di prendersi cura delle persone ferite, il Papa ha indicato la dimensione della sinodalità. Ha indicato che lo sforzo di creare servizi accessibili per le accuse di abuso «sarà anche un’espressione della natura sinodale della Chiesa, della sua comunione e della sussidiarietà».

Questa è stata la prima volta in cui l’approccio della Chiesa agli abusi sessuali è stato inquadrato in termini di sinodalità. Definendo questo lavoro nella prospettiva della comunione e della sussidiarietà, il Santo Padre lo ha associato a due concetti fondamentali dell’essere e del fare della Chiesa. Papa Francesco colloca il concetto di sussidiarietà all’interno del principio ecclesiastico secondo cui il ruolo delle strutture centrali di governo della Chiesa è quello di essere al servizio delle Chiese locali. Questo servizio non è opzionale. La Commissione non è un semplice consulente, che interviene quando le cose non vanno bene: la supervisione del funzionamento di efficaci servizi di safeguarding a tutti i livelli di leadership della Chiesa è un’espressione della supervisione di Pietro, che presiede nella carità con sollecitudine per tutta la Chiesa.

I documenti preparatori del Sinodo hanno messo in rilievo l’importanza dell’ascolto delle vittime/sopravvissuti e Papa Francesco ha dato uno status preminente alle questioni relative agli abusi. Tuttavia, il peso e il significato effettivamente attribuito alle esperienze delle vittime/sopravvissuti agli abusi sessuali da parte del clero nel processo sinodale sono ancora dolorosamente poco chiari e le testimonianze delle vittime/sopravvissuti sono state finora limitate, e l’impatto delle loro esperienze e intuizioni è difficile da discernere.

Se il dialogo è la congiunzione tra comunione e sussidiarietà nella Chiesa, allora Pietro è la congiunzione tra crisi e riforma. Se l’intera Chiesa implementerà questa visione di comunione secondo la visione che il Papa ha per la Commissione, potrà diventare un’autentica comunità, nella quale ogni membro svolge effettivamente il proprio ruolo distintivo. In questa visione, sotto la guida dello Spirito, nessuno è escluso e tutti sono invitati a partecipare alla vita della Chiesa.

La Chiesa come simbolo e mistero di comunione può nutrire la fede del popolo di Dio e motivare i fedeli a realizzare la pienezza della presenza della Chiesa nel mondo. Il modello di comunione, caratterizzato dalla sussidiarietà e dal dialogo, è la chiave per risolvere questioni difficili, come gli abusi sessuali, che non hanno risposte facili. È la via da seguire per il popolo di Dio quando si trova ad affrontare la lunga ombra proiettata dalla Croce di Cristo.

di Andrew Small
Segretario pro tempore della Pontificia Commissione per la tutela dei minori