Presentato il Documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo

Il principio
della “restituzione”

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27 ottobre 2022

È per me una grande gioia presentarvi il Documento di lavoro per la Tappa Continentale del Sinodo. I contenuti del Documento sono la testimonianza evidente del processo in atto nella Chiesa. Le sintesi attestano che, dove la consultazione è avvenuta, ha portato frutti abbondanti. La sorpresa del gruppo che ha collaborato alla lettura delle sintesi e alla scrittura del Documento è la singolare convergenza su molti punti di contributi che provenivano da contesti ecclesiali e culturali assai diversi. È vero che il Documento è stato redatto a partire dalle sintesi delle Conferenze episcopali e non direttamente dai contributi delle Chiese particolari. Supporre che tutte le Conferenze episcopali abbiano di proposito soffocato la profezia del popolo di Dio è altrettanto ideologico che supporre il contrario. Si potrà migliorare nell’attuazione di una dinamica sinodale in cui siamo tutti apprendisti; ma una cosa è certa: spettava ai Pastori, in quanto «principio e fondamento di unità nelle loro Chiese» (Lumen gentium 23), «non spegnere lo Spirito, non disprezzare le profezie, vagliare ogni cosa, tenere ciò che è buono» (1 Ts 5, 19-21). In questo modo si è riavviata una vera circolarità di rapporto tra popolo di Dio e pastori, per nulla scontato nella Chiesa.

In questo senso posso dire che il Documento è una fedele restituzione delle sintesi. Il lavoro del gruppo di esperti è stato improntato ad onestà intellettuale: come potrete verificare, non ci sono riflessioni teoriche sulla sinodalità, ma riprese della voce delle Chiese. Per tutti noi è stata una sorpresa ascoltare come, pur nella differenza di sensibilità, il popolo santo di Dio converga nel chiedere un profondo rinnovamento della Chiesa. L’introduzione al Documento offre i criteri di lettura del testo; l’icona biblica indica la prospettiva che si sta aprendo alla Chiesa con il cammino sinodale — allargare la tenda! —; la conclusione spiega i prossimi passaggi per la tappa continentale. Lo svolgimento è descritto con precisione, per cui non sto a ripetere cose che trovate indicate nel testo.

Mi piace sottolineare un principio che sostiene tutto il processo sinodale: quello della restituzione. Il Documento viene inviato ai pastori delle Chiese particolari. Non bastava inviarlo formalmente ai presidenti delle assemblee continentali (ovvero ai presidenti delle riunioni internazionali delle Conferenze episcopali e ai patriarchi delle Chiese orientali cattoliche)? La scelta vuole sottolineare la logica del processo sinodale, che avviene per una circolarità continua di profezia e discernimento. Nei due momenti della prima tappa la circolarità era evidente: alla consultazione del popolo di Dio, che partecipa alla funzione profetica di Cristo (cfr. lg 12), è corrisposto necessariamente il discernimento dei pastori nelle Conferenze episcopali. Ma questa dinamica vale sempre, anche per i momenti successivi di discernimento previsti dal processo sinodale.

La tappa continentale costituisce un ulteriore momento di discernimento nel quale le sette assemblee continentali potranno valutare se e quanto il Documento che hanno ricevuto corrisponde alla vita e alle attese delle Chiese nel loro continente. Per garantire che questa tappa sia organica al processo sinodale, bisogna che anche le assemblee continentali siano vincolate alla dinamica circolare di profezia-discernimento. Questo può avvenire solo restituendo il Documento al soggetto della profezia, cioè al popolo di Dio che vive nelle Chiese particolari. La scelta non risponde a un criterio organizzativo, ma a un principio sinodale: inviando il Documento ai vescovi nelle Chiese particolari si restituiscono al popolo di Dio i frutti del processo iniziato dalla consultazione nelle Chiese particolari. Se, infatti, possiamo riconoscere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa ascoltando il popolo di Dio, a quel popolo che vive nelle Chiese dobbiamo restituire questo Documento. Ai vescovi verrà chiesto di ascoltare “almeno” le commissioni sinodali e gli organismi di partecipazione. Ma sarebbe bello che ogni Chiesa facesse lettura del Documento con un coinvolgimento ampio del popolo di Dio.

Con questa scelta si ripete a un livello più profondo tutto il dinamismo sinodale: dall’ascolto del popolo di Dio i singoli vescovi potranno verificare se e quanto la sua Chiesa si riconosce nel Documento; le possibili osservazioni al Documento potranno essere inviate dalle singole Chiese alle Conferenze episcopali, le quali potranno a loro volte produrre per la tappa continentale una sintesi più organica, che contribuirà al discernimento della assemblea continentale. In questo modo i documenti che perverranno alla Segreteria del Sinodo dalle assemblee continentali faranno risuonare di nuovo la voce di tutte le Chiese. Anche in questo modo si realizza quel radicamento dello stile sinodale che il Papa ha auspicato con la decisione di tenere due assemblee generali del Sinodo, una nell’ottobre 2023 e la seconda nell’ottobre del 2024. La fiducia è che, entrando in questo dinamismo di restituzione, ad ogni tappa possiamo crescere in una mentalità sempre più sinodale e rafforzarci in quel «camminare insieme», che è il principio fondante di una Chiesa costitutivamente sinodale.

di Mario Grech

Lo spirito Santo è all'opera


Il Documento di lavoro per la Tappa Continentale del Sinodo non è un testo che emerge da scritti teologici, ma è il «frutto di una sinodalità vissuta, una dimensione della vita della Chiesa», che permette di  constatare che «lo Spirito Santo è all’opera». Lo ha sottolineato il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Luxembourg, e relatore generale della xvi assemblea generale ordinaria del Sinodo, durante la presentazione svoltasi stamane nella Sala stampa della Santa Sede. Il porporato lussemburghese ha puntualizzato che il Documento non è nemmeno un Instrumentum laboris ma «una sorta di riassunto della sintesi che la Segreteria ha ricevuto, fino ad ora, nella fase di ascolto del Sinodo». È un vero riflesso di ciò che le Conferenze episcopali hanno inviato, espressione della «conversazione spirituale del popolo di Dio». Il testo è, infatti, «una sintesi della sintesi» fornita da 112 Conferenze episcopali, da tutte le 15 Chiese cattoliche orientali, da 17 Dicasteri vaticani, dai superiori degli ordini e delle congregazioni religiose, da diversi movimenti e associazioni laicali. Senza dimenticare l’iniziativa “Sinodo digitale” e i tanti influencer che hanno consentito ai giovani di partecipare. Il cardinale ha ricordato che è stato un gruppo di persone proveniente da diversi continenti — vescovi, sacerdoti, religiosi e laici — a redigere questo documento. E questo lavorare insieme, ha aggiunto, è stata un’esperienza sinodale che ha aiutato a cogliere e a comprendere il frutto della riflessione comune di tanti gruppi sparsi nel mondo. In questo senso, si è trattato di sperimentare la «comune dignità di cristiani radicati nel battesimo». Questo sacramento,  fonte di tutta la vita cristiana e radice della comunione e della partecipazione, aiuta infatti a vivere la missione unica della Chiesa. Infatti, se come popolo di Dio «camminiamo tutti con Cristo sotto la guida dello Spirito Santo, saremo più consapevoli della nostra missione comune e di quella personale». 

Dopo l’intervento di monsignor Coda, segretario generale della Commissione teologica internazionale (di cui pubblichiamo il testo in questa pagina), il gesuita Giacomo Costa, consultore della Segreteria generale del Sinodo, ha spiegato che il testo è «un documento di lavoro che raccoglie il tesoro più o meno nascosto nel racconto dell’esperienza di ascolto del primo anno del Sinodo». È strutturato in una prima parte dedicata «ai frutti dell’esperienza di camminare insieme, con le sue forze e ombre»; una seconda, più sviluppata, che «approfondisce intuizioni, interrogativi, questioni emersi durante l’ascolto»; e una terza che segnala «i passi individuati per andare avanti come Chiesa locale in uno stile sinodale». 

Gli ha fatto eco Anna Rowlands, professoressa associata di Pensiero e pratica sociale cattolica all’Università di Durham, che ha illustrato due aspetti del testo: l’uso delle citazioni dalle relazioni ricevute  e  la composizione, per la prima volta, del Documento in due lingue principali. In particolare, la Rowlands ha evidenziato che le citazioni servono anche a ricordare che lo scopo ultimo di questo processo «non è produrre documenti» ma «aprire orizzonti di speranza per il compimento della missione della Chiesa». Riguardo all’uso dell’italiano e dell’inglese, la docente ha spiegato che un testo di questo tipo viene sviluppato in una sola lingua e poi tradotto. Il Sinodo ha diversificato questo processo, «principalmente in risposta alla necessità di riesprimere con attenzione ciò che abbiamo ascoltato».  Lavorare in due lingue, così,  «fa emergere tutto ciò che è implicito».


Tra profezia e discernimento


Il documento — vi leggiamo —  «offre alle Chiese locali l’opportunità di ascoltare la voce l’una dell’altra, in vista delle Assemblee Continentali» (n. 7). Riveste con ciò un preciso significato teologico nella tappa di consultazione del percorso sinodale: sia perché «carico del tesoro contenuto nel racconto dell’esperienza di ascolto della voce dello Spirito da parte del Popolo di Dio»; sia perché «orientato al servizio della missione» (n. 8).

Questa prospettiva permette di rispondere, in sintonia con la vocazione missionaria della Chiesa descritta dal Vaticano ii, alle seguenti domande: perché questo documento? Chi ne è il soggetto? Com’è stato costruito? Quale l’obiettivo che persegue?

Il perché, innanzi tutto: per raccogliere il racconto dell’esperienza vissuta dal popolo di Dio alla luce della fede che si interroga sul suo cammino, in quanto questo cammino «comprende — afferma la costituzione sulla Rivelazione Dei Verbum — tutto quello che contribuisce a condurre la sua vita e a incrementarne la fede, così che la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, custodisce e trasmette tutto ciò che essa è, tutto ciò che crede» (n. 8). Il risultato è non solo prezioso ma indispensabile nell’implementazione del percorso sinodale: l’ascolto del senso della fede di cui è dotato tutto il popolo di Dio, in virtù del dono conferito dal battesimo e per cui tutti i discepoli sono «uno in Cristo Gesù» (cfr. Gal 3, 28) e dunque partecipi e corresponsabili con «diversità di ministero dell’unità della missione» (Apostolicam actuositatem, 2).

Di qui la seconda domanda: chi è il soggetto di questo racconto? Il popolo di Dio, appunto, nella comunione variegata delle sue componenti ed espressioni a livello universale, e cioè nei diversi contesti socio-culturali. È così riconosciuta e attivata la sua vocazione di «popolo messianico» che «ha per capo Cristo [...] per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio [...] per legge il comandamento nuovo dell’amore (cfr. Gv 13, 34) [...] per fine il regno di Dio» (lg 9), e che perciò è aperto a tutti nel dialogo e nell’incontro come segno e promotore di unità e fraternità nella libertà e varietà.

Ecco allora — terza domanda: come? — il metodo di cui il documento vuol essere frutto e strumento: l’ascolto della voce dello Spirito che, alla luce della Parola di Dio, si rivolge al popolo di Dio nell’oggi della storia. Dunque, metodo teologale della conversazione spirituale e del discernimento comunitario: non un’inchiesta sociologica né un semplice confronto di opinioni, ma l’ascolto del sentire nella fede, con amore e speranza, del popolo di Dio che vive e legge la storia con lo sguardo del discepolo.

E infine quale l’obiettivo? Istruire sentieri in vista di una risposta condivisa, non preconfezionata e uniforme, all’interrogativo che guida il processo e che troverà espressione col discernimento autorevole dei pastori nella tappa successiva: «Come si realizza quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo? E quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?» (Documento preparatorio, 2).

La chance per tutta la Chiesa resa così disponibile — e che già possiamo riconoscere come grazia di cui il popolo di Dio, con stupore ed entusiasmo, sta cominciando a fare esperienza — è che la peculiarità del tema del processo sinodale è anche la sua risorsa: «il suo oggetto — la sinodalità — è anche il suo metodo» (Documento preparatorio, 25), ciò su cui si riflette è l’esperienza che si va facendo, non solo per sé, ma come lievito e sale per quanto la famiglia umana è chiamata a vivere in questo sfidante e drammatico tornante della sua storia.

Abbiamo dunque tra le mani una testimonianza di quell’«accensione (nella Chiesa) della sua coscienza profetica» che Paolo vi auspicava, con nitida e fiduciosa chiaroveggenza, nella Ecclesiam suam, quale frutto del Vaticano ii (cfr. n. 23). La convocazione, da parte di Papa Francesco, del processo sinodale è un passo in avanti importante, teologicamente provvidenziale e persino irrinunciabile, in questa direzione. 

di Piero Coda