Il magistero

 Il magistero  QUO-247
27 ottobre 2022

Venerdì 21

Non si può
giustificare
l’uccisione
degli anziani

La vostra regione, un tempo ricca di miniere di carbone, di una forte industria metallurgica e di rinomate fabbriche tessili, ha subito una terribile battuta d’arresto.

Purtroppo, crisi economica significa anche impoverimento della popolazione.

Oltre alla preoccupazione per il sociale, avete a cuore anche la dimensione culturale della regione, consapevoli del fatto che l’uomo non si nutre solo di pane, ma anche dell’orgoglio delle proprie radici che la cultura mette in evidenza.

In questi ambiti di azione sociale e culturale potete ritrovarvi, qualunque sia la vostra appartenenza politica.

Dando la precedenza ai bisogni essenziali dei cittadini, spesso trascurati a favore di argomenti di moda, potrete dimostrare la volontà di essere al servizio di coloro che eleggendovi hanno riposto in voi fiducia.

Portate all’attenzione delle massime autorità le aspirazioni e le reali necessità della popolazione del territorio, lontano da qualsiasi ideologia o pressione mediatica che rovinano la realtà.

Accoglienza
e cura

Nel campo sociale vorrei incoraggiarvi con due parole: accoglienza e cura.

L’accoglienza dei più svantaggiati: i migranti, le persone con disabilità. Esse hanno bisogno di più strutture per agevolare la loro vita e quella dei loro cari e, soprattutto, per dimostrare il rispetto loro dovuto.

Possano le disposizioni in materia di inclusione consentire a molte di loro di avere un posto nel mondo del lavoro.

Per quanto riguarda la cura, penso in particolare all’attenzione da prestare agli anziani nelle case di riposo, e alle persone alla fine della loro vita, che devono essere accompagnate mediante le cure palliative.

Gli operatori, per natura, hanno la vocazione di fornire cura e sollievo, non potendo sempre guarire, ma non possiamo chiedere agli operatori di uccidere i loro pazienti, che è il programma della cultura dello scarto: non serve, uso e getto.

Se uccidiamo con delle giustificazioni, finiremo per uccidere sempre di più.

Su questioni così essenziali, il dibattito possa essere condotto nella verità per accompagnare la vita al termine naturale.

L’ambito culturale è un importante fattore di unità nella misura in cui si presenta come frutto di un passato comune.

La regione è stata teatro di eventi che l’hanno plasmata e che spetta a voi valorizzare per trasmetterne l’eredità.

In virtù della sua fede in Cristo che si è fatto povero, la Chiesa si è sempre preoccupata dello sviluppo integrale dei più abbandonati della società e potete contare sul suo aiuto.

Essa cerca di raggiungere migranti, anziani e malati; tutti coloro che sono “rimasti indietro”, la cui più grande povertà è l’esclusione e la solitudine che ne deriva.

Il migrante va accolto, accompagnato promosso e integrato.

(A parlamentari e sindaci della diocesi francese
di Cambrai)

Un’ economia che includa
i più deboli

Tutte le nostre capacità, incluso il successo negli affari, sono doni di Dio e dovrebbero essere orientate allo sviluppo degli altri e all’eliminazione della povertà, specie attraverso la creazione di lavoro.

Il tema del vostro Congresso pone una sfida al mondo imprenditoriale: creare una nuova economia per il bene comune.

Nel cominciare a metterla in pratica, tenete presente che l’attività economica deve avere come soggetti tutti gli uomini e tutti i popoli. Qualsiasi “nuova economia” dev’essere inclusiva.

Troppo spesso lo slogan “non lasciare indietro nessuno” viene pronunciato senza intenzione di offrire lo sforzo per trasformare le parole in realtà.

Voi siete chiamati a fungere da lievito per garantire che lo sviluppo raggiunga tutte le persone, ma soprattutto quelle più emarginate, più bisognose.

Non dimentichiamo l’importante contributo offerto dal settore informale durante la pandemia da Covid-19 ancora in corso.

Durante il lockdown, i lavoratori informali hanno assicurato beni necessari per la vita quotidiana e la cura dei nostri cari più fragili, e hanno mantenuto le attività economiche di base, nonostante l’interruzione di molte attività formali.

Accantoniamo l’idea che l’inclusione dei poveri e degli emarginati possa essere soddisfatta dai nostri sforzi per fornire assistenza finanziaria e materiale.

Il lavoro, porta della dignità
di un uomo

La porta alla dignità di un uomo è il lavoro. Non basta portare il pane a casa, è necessario guadagnare il pane.

Il lavoro dev’essere inteso e rispettato come un processo che va oltre lo scambio commerciale tra datore e dipendente.

Tale lavoro dovrebbe essere ben integrato in una economia di cura... non solo lavoro legato all’assistenza.

Desidero condividere la “buona notizia” che, ad Assisi, mille giovani economisti e imprenditori hanno ragionato sulla creazione di una nuova economia e firmato un Patto per riformare il sistema.

Troppo spesso i giovani vengono esclusi [ma] la creatività e il pensiero “nuovo” spesso vengono da loro; e noi, persone più avanti con gli anni, dobbiamo avere il coraggio di fermarci e ascoltarli.

Questi giovani hanno proposto una “economia del Vangelo”, che comprende: un’economia di pace e non di guerra; che si prende cura del creato e non lo depreda; a servizio della persona, della famiglia e della vita; dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza; che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari; che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti; un’economia in cui la finanza sia amica e alleata dell’economia reale e del lavoro.

Oggi, ci sono centinaia, migliaia, milioni di giovani che lottano per accedere ai sistemi economici formali, o anche solo al loro primo lavoro retribuito, dove mettere in pratica le conoscenze accademiche, le competenze acquisite.

Vorrei incoraggiarvi, dirigenti d’azienda e imprenditori maturi e di successo, a una nuova alleanza con i giovani che impegnati in questo Patto. Essi sempre portano dei problemi, ma hanno il fiuto di far vedere la vera strada.

Per camminare con loro, insegnare loro e imparare da loro.

(Al congresso di Uniapac international)

Sabato 22

L’amore
genera vita

In questa comunità si vede l’impronta di due carismi: quello di San Francesco d’Assisi e quello del Beato Giuseppe Puglisi.

Un carisma antico e noto, quello francescano, diventato un grande albero con tanti rami; e un carisma recentissimo, quello del prete martire Don Pino, che ha dato la vita per amore del suo popolo e specialmente dei suoi ragazzi.

Francesco e Don Puglisi hanno vissuto il Vangelo in “frontiera”. Ma facciamo attenzione: questa parola può diventare uno slogan, magari di moda. Non vogliamo che sia questo.

“Frontiera” è lo stile di Cristo, che pur essendo Dio, è venuto incontro a noi, pecore smarrite, perduti e senza speranza.

Frontiera è lo stile di Francesco che, come Gesù, si spoglia delle sue ricchezze e si fa mendicante per abbandonarsi completamente alla Provvidenza del Padre che è nei cieli, e così condividere la condizione dei piccoli, degli ultimi, di chi è medicante di pane, ma anche e soprattutto di amore.

Frontiera è lo stile di Don Puglisi, che si fa padre dei ragazzi della sua parrocchia a Brancaccio, va loro incontro sulla strada per toglierli dalla strada, li educa a servire Dio e il prossimo e non a servire i propri interessi e quelli dei mafiosi.

Rispetto
dignità
promozione

Frontiera non è uno slogan... lo dimostrano le vostre storie diverse, perché ognuno di voi è unico e irripetibile. Ma in tutte c’è un filo d’oro che le lega e le accomuna: il filo dell’amore che vince il male e genera vita.

Amore che è accoglienza e ascolto; amore che è vicinanza, tenerezza, compassione; che è rispetto, dignità e promozione.

Il nome “Città dei Ragazzi” mi fa pensare anche a un altro carisma: quello di Don Bosco, il carisma salesiano, che spinge a dedicarsi ai ragazzi e ai giovani perché diventino buoni cristiani e onesti cittadini. Infine voglio sottolineare, della vostra esperienza, quello che in realtà è l’elemento più importante, il cardine: al centro c’è Cristo Risorto.

Se non sbaglio sta proprio nel vostro stemma, Gesù Risorto, perché è al centro della vita dei membri della Comunità.

Voi vi consacrate a Lui per trasmettere la sua luce, perché i ragazzi e le ragazze che sono nel buio possano “venire alla luce”, rinascere a una vita nuova.

Spargete semi di Vangelo sulla vera frontiera del mondo, che è il cuore umano: la vera frontiera.

(Alla Comunità Frontiera della Città dei ragazzi di Mola di Bari)

Lunedì 24

La famiglia non è una
ideologia è una realtà concreta

La teologia è chiamata a elaborare una visione cristiana della genitorialità, della filialità, della fraternità — non solo del legame coniugale —, che corrisponda all’esperienza famigliare, nell’orizzonte dell’intera comunità umana e cristiana.

La cultura della fede è chiamata a misurarsi, senza ingenuità né soggezione, con le trasformazioni che segnano la coscienza attuale dei rapporti tra uomo e donna, amore e generazione, famiglia e comunità.

Apprezzo il vostro impegno nel portare avanti con coerenza e creatività il progetto magisteriale che ispira la sua eredità e il suo aggiornamento.

È un impegno che riempie di contenuto il titolo di “pontificio” attribuito all’Istituto... Per questo sbaglierebbe gravemente chi leggesse il suo rinnovato legame con il magistero vivente in termini di contrapposizione alla missione ricevuta con la sua originaria istituzione.

Il seme cresce e genera fiori e frutti. Se non cresce rimane come pezzo di museo.

La Chiesa sollecita l’integrazione della teologia del legame coniugale con una più concreta teologia della condizione famigliare.

Le inedite turbolenze che mettono alla prova tutti i legami famigliari, chiedono un attento discernimento per cogliere i segni della misericordia di Dio. Non siamo profeti di sventura, ma di speranza.

Perciò, nel considerare i motivi di crisi, non perderemo mai di vista i segni consolanti e commoventi delle capacità che i legami famigliari continuano a mostrare.

Tutti abbiamo visto quanto siano preziose, nei momenti di vulnerabilità e di costrizione, la tenacia, la tenuta, la collaborazione dei legami famigliari.

Insostituibile “grammatica antropologica” degli affetti

La famiglia rimane una insostituibile “grammatica antropologica” degli affetti umani fondamentali. La forza di tutti i legami di solidarietà e di amore apprende nella famiglia i suoi segreti.

Quando questa grammatica è trascurata o sconvolta, l’ordine delle relazioni umane e sociali ne patisce le ferite profonde.

La qualità del matrimonio e della famiglia decide la qualità dell’amore della singola persona e dei legami della comunità.

È perciò responsabilità sia dello Stato sia della Chiesa ascoltare le famiglie, in vista di una prossimità affettuosa, solidale, efficace: che le sostenga nel lavoro che già fanno, incoraggiando la loro vocazione.

Dobbiamo custodire la famiglia ma non imprigionarla, farla crescere [e] stare attenti alle ideologie che si immischiano per spiegarla dal punto di vista ideologico.

La famiglia non è un’ideologia, è una realtà e cresce con la vitalità della realtà.

Quando [sono] le ideologie a spiegare o a verniciare la famiglia si distrugge tutto.

C’è una famiglia che ha questa grazia di uomo e donna che si amano e creano, e per capire la famiglia dobbiamo sempre andare al concreto, non alle ideologie.

Le ideologie rovinano, si immischiano per fare una strada di distruzione. Attenti!

Non dobbiamo aspettare che la famiglia sia perfetta per prendercene cura .

Il matrimonio e la famiglia avranno sempre imperfezioni.

Ai novelli sposi sempre dico: se volete, litigate, ma fate pace prima che finisca la giornata... perché la “guerra fredda” del giorno dopo è pericolosa.

Per trent’anni l’incarnazione del Figlio Unigenito consistette nell’abitare e nel radicarsi dentro i legami famigliari e comunitari della sua condizione umana.

Non era un semplice tempo di “attesa”, era un tempo di “intesa” con la condizione umana più comune.

(Alla Comunità accademica del Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo ii )

Mercoledì 25

Imparare
a leggere
la tristezza
per camminare
nella vita
spirituale

Il discernimento non è principalmente un procedimento logico; esso verte sulle azioni, e le azioni hanno una connotazione affettiva, che va riconosciuta, perché Dio parla al cuore. Entriamo in merito alla prima modalità affettiva, oggetto del discernimento, cioè la desolazione.

Essa è stata definita «l’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni» (s. Ignazio di Loyola).

Tutti ne abbiamo esperienza. Il problema è come poterla leggere, perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci.

Nessuno vorrebbe essere desolato. Tutti vorremmo una vita gioiosa, allegra.

Eppure questo non sarebbe un bene.

Il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di rimorso. È bella l’etimologia di questa parola: la coscienza che morde, non dà pace.

Manzoni nei Promessi sposi ha dato una splendida descrizione del rimorso come occasione per cambiare vita.

Si tratta del celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato, il quale, dopo una notte terribile, si presenta distrutto dal cardinale, che si rivolge a lui con parole sorprendenti.

«“Voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?”. “Una buona nuova, io?” — disse l’altro. “Ho l’inferno nel cuore […]. Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova”. “Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”, rispose pacatamente il cardinale».

È importante imparare a leggere la tristezza. Tutti conosciamo cosa sia. Ma sappiamo sappiamo capire cosa significa?

Essa è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili.

San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo.

Per questo, essa è indispensabile per la salute, ci protegge perché non facciamo del male a noi e ad altri.

Sarebbe molto più grave e pericoloso non avvertire questo sentimento.

La tristezza alle volte lavora come semaforo: “Fermati! È rosso, qui. Fermati”.

Per chi invece ha il desiderio di compiere il bene, è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci.

In tal caso, si deve agire in maniera contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto.

Pensiamo al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno: se lasciassimo appena avvertiamo noia, non concluderemmo nulla.

La strada
verso il bene
è in salita

È un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene è stretta e in salita, richiede un combattimento.

Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, mi vengono in mente cose da fare con urgenza.

È importante, per chi vuol servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione.

Purtroppo, alcuni decidono di abbandonare la preghiera o la scelta intrapresa, il matrimonio o la vita religiosa, spinti dalla desolazione, senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo.

Una regola saggia dice di non fare cambiamenti quando si è desolati.

Sarà il tempo successivo, più che l’umore del momento, a mostrare la bontà o meno delle nostre scelte.

Nella vita spirituale la prova è un momento importante, la Bibbia lo ricorda esplicitamente.

Se vuoi andare sulla strada buona, preparati: ci saranno ostacoli, tentazioni, momenti di tristezza.

È come quando un professore esamina lo studente: se vede che conosce la materia non insiste: ha superato la prova.

Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza, possiamo uscirne rafforzati.

Nessuna prova è al di fuori della nostra portata; nessuna sarà superiore a quello che possiamo fare.

Non fuggire dalle prove: vedere cosa significa che io sono triste: perché?

Cosa significa che sono in desolazione e non posso andare avanti?

San Paolo ricorda che nessuno è tentato oltre le sue possibilità, perché il Signore non ci abbandona mai.

Ma non permanere morti, vinti per un momento di tristezza, di desolazione: andate avanti.

Per l’Ucraina

Non dimentichiamo di pregare e continuare con la preghiera per la martoriata Ucraina: il Signore protegga quella gente.

(Udienza generale in piazza San Pietro)