Il racconto

Ricordando
Simone e Shireen

 Ricordando Simone e Shireen  QUO-246
26 ottobre 2022

Ricordando Simone — travolto e ucciso a 19 anni in un incidente stradale il 24 agosto sulla via Prenestina a Roma — mamma Cristina, papà Alessio e la sorella Claudia, 14 anni, si sono presentati al Papa con il sorriso, «marchio di fabbrica della famiglia Sperduti» dice il loro parroco, don Maurizio Mirilli. Facendosi portavoce della comunità del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi e, aggiunge, «anche dell’intero quartiere, particolarmente appassionato nel ricordo di Simone e solidale con la sua famiglia e i suoi amici».

«Al Papa abbiamo chiesto “protezione”, cioè preghiera, sostegno, speranza, forza di vivere un dolore così grande» dice la mamma del ragazzo. «Non abbiamo odio, non proviamo rancore per la persona che ha causato l’incidente: sarà la giustizia a fare il suo corso». Cristina porta al collo una foto del figlio e una collanina con il nome di Simone. E al Pontefice ha voluto dare proprio una foto del diciannovenne: ne ha scelta una «con il sorriso, perché tutti lo ricordiamo con la sua solarità».

A Francesco la famiglia ha simbolicamente donato anche una t-shirt dei vigili del fuoco. Che è il mestiere del papà. «Quel 24 agosto, con mia moglie e mia figlia, eravamo in ferie a Cervia e a essere chiamati sul luogo dell’incidente sono stati proprio i colleghi della mia squadra».

Guardando la passione del papà, anche Simone — tifoso romanista doc — voleva diventare vigile del fuoco: era pronto per presentarsi alla selezione per essere assunto e intanto faceva il magazziniere alla Lidl. E stava andando a lavorare, con il suo scooter, quando un automobilista ha svoltato a sinistra su via Prenestina per imboccare il Raccordo anulare senza rispettare la precedenza.

«A sostenere la famiglia in questo dolore — racconta il parroco — c’è una bella “rete” di parenti e amici che sta coinvolgendo l’intero quartiere: un murales esprime il sentimento di dolore ma anche la memoria e la forza di sentirsi veramente comunità». Questa tragedia, «vissuta nella compostezza», aggiunge don Mirilli, è anche «un invito a fare di più contro le tanti stragi sulle strade di Roma».

Durante l’udienza generale il Pontefice ha salutato Anton Abu Akleh, fratello di Shireen Abu Akleh, la giornalista di Al Jazeera uccisa lo scorso 11 maggio nel campo profughi a Jenin, in Cisgiordania, mentre stava realizzando un servizio. La famiglia Abu Akleh è greco-cattolica melkita. Con padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, erano presenti anche la moglie e le due figlie di Anton.

Inoltre l’arcivescovo Luigi Bressan ha consegnato al Papa l’opera omnia del gesuita trentino Martino Martini (1614-1616) che visse a lungo in Cina.

Significativa la partecipazione all’udienza di Eliton Pashai, leader delle comunità sufi Bektashi negli Stati Uniti d’America e in Canada.

Particolarmente numerose le persone ammalate e con disabilità che Francesco ha accolto e personalmente salutato e incoraggiato. L’Ordine di Malta ha accompagnato, dall’Austria, 400 persone che vivono l’esperienza della sofferenza e sono sulla sedia a rotelle. Francesco ha poi personalmente incoraggiato alcune persone con la sclerosi laterale amiotrofica, le famiglie che danno vita all’esperienza dell’Associazione italiana per l’assistenza agli spastici, i giovani con sindrome di Down venuti da Caserta e numerosi pellegrini non udenti e non vedenti. Con il sagrato che, in assoluta semplicità, è divenuto luogo di vera accoglienza solidale e “casa” per tutti, soprattutto i più fragili. Prima di incontrare i pellegrini in piazza San Pietro, Papa Francesco ha ricevuto in udienza — nell’auletta dell’Aula Paolo vi — la squadra argentina di calcio, composta da giocatori con nanismo, che ha appena vinto i Mondiali in Spagna dopo aver vinto la Coppa America in Perú. «Siamo venuti a casa del Papa — dicono — per raccontargli le nostre storie e condividere la gioia per la vittoria in una competizione che, anzitutto, è stata una grande festa di amicizia e di fraternità». E Francesco li ha incoraggiati in questa avventura.

di Giampaolo Mattei