Il Giardino Laudato si’ di Ladispoli

Per sopravvivere al grigio

 Per sopravvivere  al grigio  QUO-244
24 ottobre 2022

Ladispoli era una volta un blasonato angolo di maremma laziale che vedeva, nell’alta primavera, il transito di greggi transumanti; era il regno del latifondo cerealicolo dove i “monelli”, i giovani venuti dalle regioni limitrofe, preparavano, malpagati e sfruttati, il terreno per la semina. Nelle aree più interne, per intenderci a ridosso dell’Aurelia, dominava incontrastata la macchia mediterranea, con le farnie e le roverelle e gli intensi profumi dei fiori del sottobosco. Verso il mare si stendeva l’intrico della foresta planiziaria, interrotta dalle tranquille lagune costiere. Poi, fin dai primi anni del ‘900, si verificò la scoperta e la corsa al turismo balneare e questo litorale divenne un esempio di garden-city, fiorito di casette e ville per i vacanzieri romani della buona borghesia. Oggi però il tranquillo borgo di una volta ha ceduto il passo ad una distesa di edifici, con poco verde e molto cemento, frutto di un’edilizia improvvisata e distorta, retaggio di logiche speculative. È quel grigio che uccide la vista e il cuore, che abbatte gli alberi, e costringe gli animali che resistono a trovare rifugio altrove. Succede in tante parti del mondo e alla fine l’occhio si abitua, come ci si abitua al destino di una Terra maltrattata, intossicata, trafitta dall’uomo che fa da padrone. Eppure la gente di qui sembra non aver perso la propria vocazione alla cura del Creato, sembra decisa a conservare la bellezza naturalistica e storica di questo piccolo centro marittimo: basti pensare al Bosco di Palo, alle campagne di Monteroni o al Monumento Naturale Palude di Torre Flavia. Per questo la diocesi e il Circolo Laudato si’ del Sacro Cuore di Ladispoli, senza salire in cattedra, senza farsi paladini di un ecologismo limitato alla mera tutela degli ecosistemi, cercano di rinsaldare in ogni modo il legame tra l’uomo e l’opera di Dio, cercano di sanare le ferite inferte al territorio e di trasmettere alle giovani generazioni il concetto, caro al Papa, di ecologia integrale, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti da quella che, con saggezza, i popoli indigeni chiamano madre.

Le iniziative per la Casa comune


Durante il mese del Tempo del Creato, conclusosi lo scorso 4 ottobre, ma di fatto, come dice Francesco, tempo che è propizio sempre a qualunque latitudine, si sono moltiplicate le iniziative: concerti, passeggiate ecologiche, incontri, liturgie e celebrazioni promosse dalle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina per sensibilizzare i cittadini ai temi dell’enciclica Laudato si’, in una rassegna dal titolo “CustodiAmo il Creato”. «Imparare a custodire il Creato con un impegno a tutto campo: uno stile di vita diverso, una corresponsabilità al bene comune, un’educazione all’altro», afferma monsignor Gianrico Ruzza, vescovo di Porto-Santa Rufina e membro della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, che prima dell’estate, aveva inaugurato e benedetto proprio qui a Ladispoli, nella parrocchia del Sacro Cuore, un nuovo Giardino Laudato si’. Da Nord a Sud, in questi ultimi anni i giardini ispirati all’enciclica di Papa Francesco, sorti su terreni sottratti alla criminalità organizzata o in luoghi aridi e deserti o drasticamente urbanizzati e apparentemente ostili alla vita in tutte le sue forme, si sono moltiplicati e con essi le aree verdi di cui tutta la cittadinanza può adesso beneficiare. E a quanti pensano che un parco o un giardino che porta il nome del verso cardine del Cantico delle Creature, possa essere solo una velleità, un abbellimento estetico, monsignor Ruzza ribadisce invece che dietro al valore simbolico di questi luoghi si cela un imperativo morale e uno scopo: «Ricordare a tutti che non si può intervenire sui danni degli ambienti naturali senza cambiare la società umana che li ha prodotti». Per questo nelle interazioni tra ambiente e uomo, un’attenzione particolare deve essere dedicata a restituire dignità agli esclusi: le persone più deboli e i popoli dove i disastri ambientali si fanno sentire con maggior intensità e frequenza.

In occasione di questa inaugurazione, il parroco del Sacro Cuore, don Giovanni Righetti, ha voluto ricordare l’impegno della comunità ecclesiale per adottare stili di vita per la cura della Casa comune: il decalogo dell’Oikos per impegnarsi ad un consumo responsabile; la piantumazione di alberi ogni domenica di Avvento; il Giardino Laudato si’, appunto, per guardare con rinnovata speranza alla bellezza del Creato, spesso trascurato, maltrattato e sacrificato sull’altare dei nostri egoismi e visioni utilitaristiche.

La testimonianza del vescovo


«Mi colpisce molto il fatto — afferma il vescovo Ruzza — che i primi a reagire e a volersi impegnare a trovare risposta alle questioni ambientali siano i bambini e i giovani. È un dato molto importante che come Chiesa, ma anche come società non dobbiamo trascurare, però io penso che ci sia un lungo deserto da attraversare prima di vedere in atto la conversione ecologica invocata da Francesco. Un deserto culturale ovviamente, per accogliere questa proposta che ci fa il Santo Padre. Non è una proposta nuova, fin nel libro della Genesi se ne parla ma io penso che la comunità ecclesiale possa fare molto per incidere sulle coscienze e dare un orientamento nuovo secondo le indicazioni del Papa che rielaborano, in chiave moderna e attuale, ciò che la Scrittura da sempre ci dice. La Cei si sta impegnando molto, soprattutto attraverso le varie commissioni che si occupano di questo: penso alla “Giornata del Creato”, al lavoro della Commissione per la pastorale sociale, penso al grandissimo impegno nell’ascolto sinodale che mette questi temi al centro proprio perché vengono dall’ascolto del Popolo di Dio. Sul tema del lavoro, di cui mi occupo personalmente e che è anche un tema rilanciato dalla Laudato si’. Riguardo a questo i dati sono davvero drammatici: continuano le morti bianche. Ci sono 3-4 morti al giorno in Italia per cause di lavoro e tutto questo non è tollerabile, bisogna alzare la voce e dire basta a un sistema in cui l’uomo non ha spazio, che non riconosce o non tiene in considerazione la sua dignità e purtroppo certe alleanze col sistema produttivo e finanziario sono davvero letali per la vita delle persone, delle famiglie, dell’ambiente che regge, resiste ma poi risponde col fango, con le inondazioni, con la siccità e questo genera rancori divisioni e guerre, a tutti i livelli. La nostra diocesi è prevalentemente agricola o legata all’attività del mare e della pesca, perciò anche con questo Giardino Laudato si’ vogliamo dire a tutti di rispettare la storia e questo non vuol dire essere fuori dal tempo ma anzi comprendere che è necessario tornare all’humus, alla terra, alla semplicità e all’umiltà che essa ci insegna e all’orizzonte infinito che il mare ci dona. Solo allora smetteremo di assistere a guerre di potere, a orrori, a morti. Se è vero che tutto è connesso dobbiamo tornare ad aiutarci e ad aiutare l’ambiente a respirare di nuovo».

Una Chiesa in movimento


Menzione speciale tra le iniziative lanciate in questo tempo dalla diocesi va alla ciclo-staffetta che ha attraversato, percorrendo 150 chilometri, le 5 vicarie di Porto-Santa Ruffina, insieme ai sacerdoti, i collaboratori, i bambini, le famiglie, le associazioni del territorio, affinché tutti potessero accogliere con maggiore consapevolezza il messaggio dell’enciclica di Papa Francesco. “Alzati e pedala”, questo il tema scelto per l’evento — hanno dichiarato gli organizzatori — ha raggiunto l’obiettivo di risvegliare le coscienze, alimentare la passione per la cura dell’ambiente, educare alla pace interiore e all’alleanza tra uomo e il Creato, per corrispondere al progetto del Creatore. La bicicletta simboleggia infatti proprio l’impegno di ciascuno a “pedalare” il cambiamento, come ha detto il Papa: «L’equilibrio della Chiesa ricorda quello della bicicletta che cade se sta ferma ma va bene se è in movimento». Per 5 giorni una bici elettrica guidata da degli staffettisti — uno per ogni tappa con un rappresentante per ogni parrocchia — ha attraversato, a partire dalla Cattedrale, tutto il territorio diocesano. La bici è stata affiancata da altre due biciclette e da un’auto elettrica. All’arrivo ad ogni tappa, lo staffettista ha fatto dono alla comunità presente dell’enciclica Laudato si’ assieme ad altri materiali che potranno essere utilizzati per sensibilizzare la comunità alla cura del Creato.

di Cecilia Seppia