Il racconto

«Una telefonata
e sono tornata a vivere»

 «Una telefonata e sono tornata a vivere»  QUO-240
19 ottobre 2022

«Pronto? Sono Papa Francesco». Buttata sul letto nella sua stanza, al buio, quel 30 novembre 2o21 Michela ha pensato a uno scherzo di cattivo gusto. Il 17 ottobre 2020 sua figlia Sara Anna, 17 anni, aveva perso la vita in un incidente stradale a San Salvo Marina. «Con lei ero morta dentro anche io, ero “congelata”» ricorda Michela.

Ma ecco «all’improvviso, inaspettata», la telefonata del Papa: «Le sue parole semplici, dirette, mi hanno “scongelata”: sono tornata a vivere, sì anche per Sara Anna».

A informare Francesco della morte di Sara Anna è stato don Benito Giorgetta, parroco di San Timoteo a Termoli che stamani, all’udienza generale, ha accompagnato Michela — felice di ringraziare il Papa per la «telefonata della svolta» — e circa 150 persone della comunità: in particolare i quindici bambini che hanno ricevuto la prima Comunione, con le catechiste.

«Sara Anna amava il mare e fin da piccola aveva ben chiara l’idea di farlo divenire il centro della sua vita, anche professionale, tanto che studiava all’Istituto nautico per diventare “capitano” di una nave» racconta Michela, ricordando: «Mia figlia era una ragazza solare, impegnata nel sociale, appassionata di letteratura, cantante nel coro “Punto di valore” e legatissima a Matteo, il fratello più piccolo: così l’ho presentata al Papa!».

Rilanciando il dialogo di amicizia con l’ebraismo


Stamani l’udienza in piazza San Pietro è stata anche crocevia di incontri per rilanciare il dialogo concreto, di amicizia, con l’ebraismo.

In particolare, il Pontefice ha salutato Dina Porat, professoressa alla Tel Aviv University, accompagnata dal marito Yehuda, e Silviu Vexler, presidente della Federazione delle comunità ebraiche in Romania.

Significativa anche la presenza di una delegazione della “Pave the Way Foundation”, in questi giorni ad Assisi. Di recente la fondazione, che ha sede a New York ed è particolarmente attenta al dialogo tra ebrei e cristiani, ha reso possibile l’allestimento di una mostra con i documenti del “Museo della memoria” in diverse città degli Stati Uniti d’America «per testimoniare la generosa azione francescana della Chiesa di Assisi per la salvezza degli ebrei», circa trecento persone, tra il 1943 e il 1944.

Nella prospettiva ecumenica, a salutare il Papa è venuto un gruppo di professori ortodossi della facoltà di Teologia dell’università di Sofia “Sv. Kliment Ohridski”, insieme ai familiari. Occasione per la visita a Roma le celebrazioni legate alla festa di sant’Ivan il taumaturgo di Rila e il ventesimo anniversario del viaggio apostolico di Giovanni Paolo ii in Bulgaria.

Un volume, con lo stile della “graphic novel”, sulla testimonianza del beato Richard Henkes, morto nel lager di Dachau il 22 febbraio 1945 mentre assisteva spiritualmente e fisicamente i prigionieri malati di tifo.

A curare l’opera, e a presentarla al Papa, sono stati padre Tomáš Cyril Havel, dell’università di Budweis, nella Repubblica Ceca, e il tedesco Martin Ramb. Sono a Roma per una mostra allestita nel Centro per i pellegrini di lingua tedesca, a Borgo Santo Spirito, fino al 19 novembre.

Religioso pallottino, arrestato con l’accusa di “abuso del pulpito”, padre Henkes non risparmiava denunce contro il nazismo. Era stato internato nel campo di concentramento di Dachau dove ha continuato clandestinamente a esercitare il suo ministero sacerdotale.

Con lo stile dell’accoglienza e dell’ascolto


Ogni mercoledì, all’udienza, suor Geneviève Jeanningros con don Andrea Conocchia, parroco della Beata Vergine Immacolata a Torvaianica, accompagnano a incontrare Papa Francesco persone transessuali e ai margini della vita sociale.

Dice don Conocchia: «È un’esperienza che, ogni volta, ci fa vivere il dono e la grazia dell’incontro, dell’accoglienza e dell’ascolto che toccano la vita, i cuori delle persone». Aggiunge la religiosa delle Piccole sorelle di Gesù: «Sentirsi accolte dal Papa con paternità è un’esperienza straordinaria per queste persone».

Particolarmente significativa la presenza in piazza San Pietro di circa cento pellegrini venuti dalla Nigeria, guidati da monsignor Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Abuja. Roma e la Terra Santa sono le mete di questo lungo viaggio promosso dalla Nigeria Christian Pilgrims Commission. E con Francesco hanno ricordato, nella preghiera, quanti sono morti o sono stati coinvolti nelle inondazioni provocate dalle ingenti piogge in molte zone del Paese.

Il viaggio a cavallo del cowboy australiano Sam


E di viaggio ha parlato al Papa anche il cowboy australiano Sam Auld, arrivato fin davanti a piazza San Pietro con il suo cavallo, di nome Esso. «Un lungo itinerario — denominato “Il Viaggio del Persano”, dal nome della razza del cavallo — attraverso i servizi e le comunità terapeutiche e socio-educative di 7 regioni italiane per promuovere le tematiche e la tutela della salute mentale» spiegano i promotori: «Ben 1.180 chilometri simbolici per rievocare quella “legge” 180 del 13 maggio 1978, la cosiddetta “legge Basaglia”, che aboliva i manicomi».

Il progetto è stato ideato e sviluppato a cura dell’associazione Ecos e dalla fondazione Terzo Pilastro. Sam e Esso percorrono circa 40 chilometri al giorno. Partiti il 2 ottobre dalla fondazione Real Sito di Carditello (Caserta) — in circa due mesi, con cinquanta tappe e altrettanti momenti di sensibilizzazione, lungo le strade urbane e di montagna, la Via Francigena e i centri storici delle città — arriveranno a Trieste dove c’è la statua “simbolo” di Marco Cavallo: scultura di legno e cartapesta realizzata nel 1973 all’interno del manicomio della città friulana. Ad accompagnare il cowboy Sam all’udienza c’erano Chiara Porro, ambasciatore di Australia presso la Santa Sede, e Philippa Torlonia, madrina dell’iniziativa.

L’incoraggiamento ai volontari ospedalieri


Il Papa ha incoraggiato l’attività dell’associazione “Il sorriso nel cuore” che sostiene concretamente, «sia per gli aspetti sanitari sia per quelli amministrativi», le persone malate di tumore, ricoverate nell’ospedale di Sesto San Giovanni. «Con un’attenzione particolare ai familiari degli ammalati» fa presente Miriam Pacetti, presidente dell’associazione, che a Francesco ha donato una targa e un camice.

Costituita nel 2007 da un gruppo di medici, infermieri e professionisti, “Il sorriso del cuore” ha come «idea ispiratrice la considerazione che la patologia oncologica coinvolge tanti aspetti del “sistema malattia-malato-famiglia-società” e che ogni malato va sostenuto nel recuperare il senso di sé, la relazione con la famiglia, con gli amici e con l’ambiente di lavoro».

Francesco ha accolto con un incoraggiamento anche i mille pellegrini della diocesi di Faenza-Modigliana, in questi giorni a Roma con il vescovo Mario Toso. E dalla diocesi croata di Varaždin, che celebra i 25 anni dalla sua erezione, sono arrivati in 500 insieme al vescovo Bože Radoš.

Significativa, inoltre, la scelta della comunità dei lavoratori dell’azienda Teleperformance Italia — che ha a Taranto la sede più importante per numeri — che hanno consegnato al Papa una donazione per l’azione di carità dell’Elemosineria apostolica.

Con particolare affetto Francesco ha salutato personalmente le persone con disabilità e le coppie di sposi novelli. 

di Giampaolo Mattei