La buona notizia
Il Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (Lc 18, 9-14)

Una questione di intimità

 Una questione di intimità  QUO-239
18 ottobre 2022

Tutto si gioca sul piano dell’intimità del cuore. Un’esigenza di giustizia e un’esigenza di perdono non sono sufficienti per vivere una reale intimità nella relazione con il Creatore. Il vangelo di Luca evidenzia una polarità, due posture differenti; il fariseo e il pubblicano incarnano vissuti diversi, apparentemente in antinomia, ma uniti entrambi da una mancanza di intimità del cuore nel pregare il Padre; vivono entrambi una difficoltà di relazione, non consapevoli di perdersi il sostanziale piacere e beneficio di un intimo rapporto con il Padre; l’uno rimane in piedi e l’altro si ferma a distanza; la postura fisica, di entrambi gli uomini, svela una postura psicologica caratterizzata da una reale distanza che frappongono tra loro e il Padre. Gesù sollecita ad una riflessione sul modo in cui possiamo vivere il nostro rapporto con Lui, mostrando un atteggiamento distanziante e giudicante o un atteggiamento di scarsa intimità con il proprio Padre.

Ma al di là delle diversità comportamentali narrate nella parabola, la carta vincente che appartiene al cuore di tutti gli uomini è viversi come creature abitate da un Essenziale gioioso; parlare con l’intimità del cuore è l’accesso sicuro per una relazione libera e veritiera con Dio. Spesso viviamo la preghiera come un fluttuare alternativamente da una posizione ingannevole di autosufficienza ad una posizione di poca familiarità, ma entrambe non sono relazioni libere. Per definirci in una relazione verace con l’altro creiamo uno spazio di intimità in cui ci permettiamo di esprimere la nostra autenticità attraverso l’attualizzazione di comportamenti onesti, congiunti con la possibilità di condividere la straordinaria fragilità che ci caratterizza come uomini.

Per essere in una relazione con il Padre attraverso l’esercizio di una giustizia umanizzata, libera dalla prigionia delle presunzioni e degli orgogli, sembra necessaria un’altra capacità: il rendersi consapevoli della propria fragilità umana spogliandosi del proprio “Io invadente” per farsi raggiungere da uno sguardo amorevole. Quando ci facciamo guardare fino in fondo nella nostra piena nudità, ci rendiamo pienamente umani e ci rendiamo liberi dalla ingannevole autosufficienza, che spesso affiora prepotentemente e che ci allontana da quel sentimento di figliolanza che può renderci «ognuno figlio unico e prezioso».

Come afferma Papa Francesco «la preghiera e la conoscenza di sé stessi consentono di crescere nella libertà, elementi preziosi per trovare il proprio posto nella vita cristiana». Sembra inverosimile non dover restituire nulla, ma goderci con l’intimità del cuore il rapporto con Dio — Padre, semplicemente lasciandoci raggiungere nella nostra pienezza umana.

di Rossella Barzotti