Il Papa a redattori e collaboratori della rivista «Mondo e Missione»

Il peccato delle guerre dimenticate

 Il peccato delle guerre dimenticate  QUO-235
13 ottobre 2022

«Le guerre dimenticate sono un peccato»: è il nuovo monito lanciato da Papa Francesco durante l’udienza di stamane a redattori e collaboratori di «Mondo e Missione», ricevuti nella Sala Clementina in occasione del 150° anniversario della fondazione della rivista del Pontificio istituto missioni estere (Pime).

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Superiore Generale del Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha introdotto il nostro incontro; e saluto tutti voi, che in diversi modi lavorate e collaborate alla rivista Mondo e Missione, nata 150 anni fa. Si chiamava allora “Le Missioni Cattoliche”. La sua “culla” fu il Seminario Lombardo per le Missioni Estere, e il suo modello Les Missions Catholiques, che l’Opera della Propagazione della Fede aveva cominciato a pubblicare quattro anni prima, a Lione. Ci colpisce l’attualità, la modernità, l’orizzonte di quella iniziativa, che fin dall’inizio esprime e promuove una Chiesa “in uscita”. Sì, quando si è in uscita si rimane giovani. Se tu stai seduto lì, senza andare, invecchi presto!

Va sottolineato che la rivista nacque per rispondere a un’esigenza del popolo di Dio: tanti volevano leggere le storie dei missionari — eroiche! —, sentirsi vicini a loro e alle loro opere, accompagnarli con la preghiera. E volevano anche conoscere i Paesi e le culture in modo diverso da quello più comune — a quei tempi intriso di mentalità coloniale —: con uno sguardo cristiano, rispettoso e attento ai “semi” di verità e di bene sparsi nel mondo. Rendiamo omaggio alla memoria di Padre Giacomo Scurati, primo direttore, e ai suoi collaboratori. Essi compresero il valore della comunicazione nella missione, anzitutto per la Chiesa stessa, per essere estroversa, e pienamente coinvolta nell’evangelizzazione, tutta missionaria, tutta evangelizzatrice. Questi pionieri di 150 anni fa capivano l’importanza di far conoscere i Paesi a cui erano destinati e il modo in cui, in quelle terre lontane, avveniva l’incontro tra il Vangelo e le comunità locali. Fin dall’inizio, dunque, la rivista fu portatrice di uno sguardo ampio, aperto alle ricchezze di ogni popolo e di ogni Chiesa locale. E questa resta ancora oggi la vocazione di Mondo e Missione, come venne “ribattezzata” nel 1969, per assumere lo spirito e gli insegnamenti del Concilio Vaticano ii riguardo alla missione ad gentes.

Per molti anni, le lettere e le cronache dei missionari hanno restituito in maniera accurata i contesti e la vita delle popolazioni con cui venivano in contatto. E ancora oggi i reportage e le testimonianze dirette rappresentano la caratteristica più propria della rivista, grazie a racconti da luoghi o situazioni di cui pochi altri parlano: periferie geografiche ed esistenziali, che, in un mondo dove la comunicazione apparentemente ha accorciato le distanze, continuano però a rimanere relegate ai margini. Le distanze si sono accorciate, è vero, ma le “dogane” ideologiche si sono moltiplicate. E allora la sfida diventa ancora oggi andare proprio lì per far conoscere la bellezza e la ricchezza delle differenze, ma anche le tante storture e ingiustizie di società sempre più interconnesse e allo stesso tempo segnate da pesanti diseguaglianze.

Essere voce dei senza voce è un compito primario della rivista, come di altre iniziative che il pime ha promosso nel campo della comunicazione: l’agenzia AsiaNews, i contenuti multimediali, la presenza nelle reti sociali, le attività culturali e di animazione. Tutti modi per raccontare il mondo mettendosi dalla parte di chi non ha diritto di parola o non viene ascoltato, dei più poveri, delle minoranze oppresse, delle vittime di guerre dimenticate. Questo lo voglio sottolineare: le guerre dimenticate. Oggi tutti siamo preoccupati, ed è buono che sia così, di una guerra qui in Europa, alla porta dell’Europa e in Europa, ma da anni ci sono guerre: più di dieci anni in Siria, pensate allo Yemen, pensate al Myanmar, pensate in Africa. Queste non entrano, non sono dall’Europa colta... Le guerre dimenticate sono un peccato, dimenticarle così.

E anche fare memoria di chi opera silenziosamente e tenacemente “dal basso” per costruire un mondo diverso, tracciando percorsi di solidarietà e di riconciliazione in contesti segnati da crisi o violenza.

Come rivista missionaria, Mondo e Missione ha però anche un altro compito specifico che la caratterizza: quello di aiutare a riconoscere la missione è al centro. Riconoscere che la missione è al centro. Ricordare alle comunità cristiane che se guardano solo a sé stesse, perdendo il coraggio di uscire e portare a tutti la parola di Gesù, finiscono per spegnersi. Mostrare come il Vangelo, incontrando popoli e culture diverse, ci viene riconsegnato ogni giorno nella sua novità e freschezza. E crea dialogo e amicizia anche con chi professa altre religioni, riconoscendosi figli dell’unico Padre. Perché la realtà si vede meglio dalle periferie. Di questo vi ringrazio in modo particolare.

In quelle che continuano a essere considerate “periferie”, ai missionari è capitato spesso di scoprire che lo Spirito Santo era arrivato prima di loro. Chi era partito per evangelizzare, si è trovato il più delle volte a ricevere una Buona Notizia. Come i discepoli di Gesù, inviati a due a due per predicare tra i poveri e i piccoli, così anche i missionari di ieri e di oggi incontrano spesso la gioia e la vita nuova che il Vangelo è capace di generare. E un’esperienza così non è possibile tenerla per sé. In questo senso, diventa sempre più importante dare voce a Chiese giovani e in crescita, a comunità — fondate a volte dal pime — che oggi esprimono dinamiche nuove e promettenti, docili allo Spirito.

In un mondo purtroppo segnato da tante ferite, è questa — alla fine — la ragione che dopo 150 anni spinge a realizzare ancora una rivista come Mondo e Missione: dare voce alla speranza che l’incontro con Cristo semina nella vita delle persone e dei popoli. Per dire a tutti che un mondo migliore è possibile, quando seguendo Gesù impariamo a tendere la mano ad ogni fratello e sorella.

Cari amici, vi ringrazio di avermi fatto conoscere meglio la vostra storia e il vostro impegno. Andate avanti! Fedeli alle vostre radici, attenti ai segni dei tempi e aperti al futuro di Dio. Vi benedico di cuore e benedico anche i lettori e i sostenitori di Mondo e Missione. E vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!


Per entrare nelle case delle famiglie


«La rivista “Mondo e Missione” racconta storie e fatti dal mondo, mettendo sempre al primo posto il lavoro di evangelizzazione svolto dai missionari, con particolare risalto ai confratelli del Pontificio Istituto missione estere e alle consorelle missionarie dell’Immaccolata». Lo ha detto padre Mario Ghezzi, direttore del Centro missionario del Pime di Milano, rivolgendosi al Papa all’inizio dell’udienza.

«Mondo e Missione», ha proseguito, racconta «un impegno che porta il nome di Gesù in ogni angolo del mondo, e della cui portata salvifica noi siamo testimoni quotidiani: volti che si accendono di speranza, cuori che tornano a pulsare, storie di rinascita, cammini che partono grazie all’incontro con il Signore Gesù».

La storia della rivista è cominciata nel 1872, grazie a «uno sparuto gruppo di giovani missionari che ha sentito, da subito, l’esigenza di raccontare le loro storie». Poi «dopo il concilio Vaticano ii, su intuizione di padre Piero Gheddo, il nome della rivista è diventato “Mondo e Missione”». E oggi, «attraverso le nostre pagine, facciamo entrare» i missionari «nelle case di tante famiglie».