L’arcivescovo Gallagher in occasione della Festa della Repubblica di Corea

Diplomazia e passione
per la pace

 Diplomazia e passione per la pace   QUO-231
08 ottobre 2022

«Essere strumento di pace». Così si può riassumere il senso profondo dell’azione diplomatica della Santa Sede che sempre è mossa — come diceva Paolo vi — dalla «passione per la pace», per la speranza e per il rispetto reciproco di tutti i popoli. Questo il nucleo centrale del discorso pronunciato ieri dall’arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazione internazionali, in occasione della Festa Nazionale della Repubblica di Corea. «Oggi — ha spiegato Gallagher — è urgente promuovere un’autentica cultura di pace, basata sulla promozione del dialogo nel rispetto del diritto internazionale, che possa assicurare la pacifica convivenza dei popoli e favorire un, per così dire, ius contra bellum». E questo comprende anche — ha sottolineato — «l’eliminazione totale delle armi nucleari, nel senso di ritenere la guerra uno strumento totalmente inadatto a risolvere i conflitti internazionali, in quanto non degno della persona umana e della sua naturale vocazione alla pace». Tale posizione è ancor più valida «considerando l’attuale situazione geopolitica che vede gravemente minacciata la pace nel mondo».

Per chiarire tale prospettiva, l’arcivescovo ha citato le parole del cardinale Agostino Casaroli che, segretario di Stato nel 1980, incontrando i membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, affermava: «Questo resta, senta dubbio, il maggior titolo di nobiltà e di utilità del servizio diplomatico: l’essere strumento di pace. La Santa Sede non può che guardare ad esso con tutta la simpatia e con speranza: soprattutto quando, come oggi, oscure nubi si addensano sull’orizzonte e il mondo, stupito e quasi incredulo, sente, con improvvisa angoscia, di dover seriamente trepidare per la pace». Parole, queste, che il segretario per i Rapporti con gli Stati ha collegato a quelle usate da Papa Francesco nell’incontro con i leader religiosi del Kazakistan, secondo le quali la pace «scaturisce dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri».

La pace, dunque, deve radicarsi nella giustizia. Non è la semplice assenza della guerra né l’equilibrio delle forze avverse. È invece un lavoro complesso e lungo, che deve mirare alla giustizia nel rispetto della dignità di tutti.

Ed è in questo solco che Gallagher ha voluto ricordare il rapporto di amicizia che lega la Santa Sede alla Repubblica di Corea dal 1963. «La Santa Sede — ha detto — accompagna il popolo coreano nel suo cammino verso la pace e lo sviluppo, condividendone gioie e speranze, dolori e ansie». A tale proposito, «la Santa Sede non manca di sostenere la Corea nelle sue aspirazioni più profonde, a partire dalla riconciliazione e prosperità dell’intera Penisola coreana. È noto che Papa Francesco nutre un particolare interesse e affetto per il popolo coreano. È vivo, come è ben noto, il Suo desiderio di visitare anche le zone del Nord, qualora Gli pervenisse un invito ufficiale da parte delle Autorità». In particolare, Gallagher ha voluto ringraziare la Conferenza episcopale coreana, per la campagna di donazioni finalizzata a rafforzare l’accesso ai vaccini anti-Covid.