A Raqqa, in Siria, rinasce l’ospedale pediatrico distrutto dai miliziani cinque anni fa

Dalle macerie alla vita

 Dalle macerie  alla vita   QUO-227
04 ottobre 2022

«Non possiamo limitarci a sperare, dobbiamo organizzare la speranza» diceva don Tonino Bello. Parole quanto mai vere, soprattutto quando l’organizzare implica anche il costruire. È quello che è accaduto a Raqqa, nel nord-est a maggioranza curda della Siria: qui, l’ospedale pediatrico di Al Hilal, andato completamente distrutto per mano dei miliziani del sedicente stato islamico (Is) nel 2017, è stato nuovamente ricostruito. Mattone su mattone, con pazienza, perseveranza e appunto speranza. Dopo cinque anni, la struttura oggi è dotata di 80 posti letto per bambini, completamente equipaggiati e disposti su due piani, insieme 30 incubatrici, una nursery con dieci culle, un reparto di radiologia, un laboratorio di analisi pediatriche, due ambulatori medici pediatrici e un servizio di ambulanze e pronto soccorso.

Le apparecchiature e i nuovi spazi per i pazienti sono stati consegnati, il 28 settembre, dalla ong Un Ponte Per (Upp) alla gestione del Comitato locale per la salute. «Il passaggio di consegne — spiega l’ong in una nota — è avvenuto nell’ambito del programma di interventi in campo sanitario denominato Darna-La nostra casa, realizzato grazie al sostegno della Cooperazione italiana e implementato a partire del 2018 da Upp insieme con un suo storico partner locale, la Mezzaluna rossa curda (Krc)».

Tre le fasi del progetto: la prima ha visto la creazione di un reparto materno-infantile; la seconda, l’allestimento, all’esterno dell’ospedale, di tre spazi sicuri dedicati a donne, donne, adolescenti e minori a rischio di violenza di genere. La terza fase, infine, nel giugno 2021, si è concentrata sulla riabilitazione e la costruzione del reparto pediatrico vero e proprio. Ma se tre sono state le fasi del progetto, tre sono stati anche i fattori che ne hanno originato l’avvio: la diffusione del covid-19 che, in Siria, ha provocato oltre 57.000 casi con più di 3.000 decessi; il grave livello di povertà (il 90 per cento dei siriani vive con meno di 2 dollari al giorno), unito a disoccupazione, disagio psico-sociale e violenza domestica, soprattutto tra i minori. E poi le conseguenze, sul lungo periodo, della guerra civile divampata nel Paese nel marzo del 2011 e che ha lasciato sul campo oltre 400.000 vittime e più di 13 milione di persone bisognose di aiuti umanitari.

Tre fattori fortemente negativi, dunque. Ma la speranza li ha battuti tutti perché, come dice Papa Francesco, è «la più piccola delle virtù, ma la più forte». (isabella piro)