Parole e gesti di Papa Francesco

Una dimensione dell’ amore “L’apostolato dell’ orecchio ”

 Una dimensione dell’ amore “L’apostolato dell’ orecchio ”  ODS-003
01 ottobre 2022

Ammettiamolo: se c’è una cosa che scatena il panico tra noi giornalisti è il momento in cui, durante un qualsiasi incontro o udienza, Papa Francesco mette da parte il discorso preparato in anticipo — e che la stampa accreditata riceve a sua volta, con il divieto assoluto di diffonderlo prima del suo effettivo pronunciamento — e inizia a parlare a braccio. In quel preciso istante, scatta la corsa contro il tempo dei professionisti dell’informazione per ripensare all’impaginazione dell’articolo o al montaggio del servizio multimediale. Ma nella frenesia di quei momenti, noi giornalisti sembriamo dimenticare un elemento essenziale: se Papa Francesco parla a braccio è perché prima ha ascoltato. Magari gli è stato rivolto un saluto oppure gli sono state presentate alcune domande specifiche, per rispondere alle quali un discorso generale non sarebbe sufficiente. Ecco allora l’esigenza del Pontefice di parlare spontaneamente, seguendo non un testo scritto, ma il cuore.

L’orecchio del cuore antidoto
alla malattia
del “martialismo”

E così, mentre la stampa si lascia cogliere da quella che, nel discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2014, Francesco chiama la «malattia del “martialismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”, il sedersi ai piedi di Gesù» per ascoltarlo, dall’altra il Pontefice mette in pratica un “apostolato dell’orecchio”, che altro non significa che “ascoltare con l’orecchio del cuore”. Questo concetto ha radici antiche nel Pontificato di Francesco: nell’udienza giubilare del 22 ottobre 2016, ad esempio, egli sottolinea che il non-dialogo si verifica «quando non ascoltiamo abbastanza oppure tendiamo a interrompere l’altro per dimostrare di avere ragione. Ma quante volte stiamo ascoltando una persona, la fermiamo e diciamo: “No! No! Non è così!” e non lasciamo che la persona finisca di spiegare quello che vuole dire. E questo impedisce il dialogo: questa è aggressione. Il vero dialogo, invece, necessita di momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello». In quest’ottica, il Papa aggiunge che «il dialogo abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo. Dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io».

Il dialogo
tra Dio e l’uomo

Non è un caso quindi che il messaggio per la 56° Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali 2022 si intitoli proprio Ascoltare con l’orecchio del cuore. «Il verbo “ascoltare” — scrive il Pontefice — è decisivo nella grammatica della comunicazione e condizione di un autentico dialogo», finendo per rappresentare «una dimensione dell’amore». L’ascolto, infatti «non ha solo il significato di una percezione acustica, ma è essenzialmente legato al rapporto dialogico tra Dio e l’umanità. (…) È quell’azione che permette a Dio di rivelarsi come Colui che, parlando, crea l’uomo a sua immagine, e ascoltando lo riconosce come proprio interlocutore. Dio ama l’uomo: per questo gli rivolge la Parola, per questo “tende l’orecchio” per ascoltarlo».

Il pericolo
della sordità interiore

Al contempo, il Papa mette in guardia dalla «sordità interiore, peggiore di quella fisica»: «Invece di ascoltarsi, spesso “ci si parla addosso”», spiega, tanto che al posto del dialogo, si attua «un duologo, un monologo a due voci», mentre nella vera comunicazione «l’io e il tu sono entrambi “in uscita”, protesi l’uno verso l’altro». Il bisogno «di ascoltare e di ascoltarci», continua Francesco, riguarda anche la Chiesa: «Noi cristiani dimentichiamo che il servizio dell’ascolto ci è stato affidato da Colui che è l’uditore per eccellenza, alla cui opera siamo chiamati a partecipare. (…) Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non sarà più capace di ascoltare nemmeno Dio. E nell’azione pastorale, l’opera più importante è “l’apostolato dell’orecchio”. Ascoltare, prima di parlare», perché «dare gratuitamente un po’ del proprio tempo per ascoltare le persone è il primo gesto di carità».

“Giovani, scusateci
se non vi abbiamo dato ascolto!”

Ci sono, poi, alcune categorie alle quali il Papa pensa in particolare quando si parla di ascolto: la prima è quella dei giovani. In una lettera a loro indirizzata il 13 gennaio 2017, Francesco esorta i ragazzi a «non aver paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori». Allo stesso modo, il 28 ottobre 2018, nella Messa conclusiva del Sinodo dei vescovi intitolato I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, il Papa si rivolge ai ragazzi con queste parole: «Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti».

Prestare attenzione
agli anziani

La seconda categoria che Francesco esorta ad ascoltare è quella degli anziani, ai quali, da febbraio a fine agosto, ha dedicato un ciclo di catechesi. Custode della saggezza del tempo, nonché spesso protagonista della trasmissione della fede alle nuove generazioni, la terza età merita grande attenzione: «La commozione e la consolazione di poter vedere e annunciare che la storia della sua generazione non è perduta o sprecata — ha ricordato il Papa all’udienza generale del 30 marzo scorso — è quello che sente un anziano quando i nipoti vanno a parlare con lui. È tanto importante andare dagli anziani, è tanto importante ascoltarli. È tanto importante parlare con loro, perché avviene uno scambio di civiltà, di maturità fra giovani e anziani».

Il grido della Terra
e dei poveri

Inoltre, consapevole del fatto che «per Gesù, il grido di chi chiede aiuto non è un disturbo che intralcia il cammino, ma una domanda vitale», il Papa invita a porsi all’ascolto del grido della Terra e del grido dei poveri, degli ultimi, degli scartati. Un concetto ben racchiuso nell’Enciclica Fratelli tutti, diffusa nel 2015, nella quale si sottolinea che «oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Un tema che torna anche durante il Sinodo speciale panamazzonico, intitolato Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale, svoltosi nell’ottobre 2019. «In questo Sinodo — dice Francesco nella Messa conclusiva — abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. E quante volte, anche nella Chiesa, le voci dei poveri non sono ascoltate e magari vengono derise o messe a tacere perché scomode. Preghiamo per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri: è il grido di speranza della Chiesa».

La voce del Creato e dei migranti

E ancora: Ascolta la voce del Creato è il fulcro del messaggio di Francesco per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato del primo settembre 2022. «La sorella madre terra grida — scrive il Papa —. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un antropocentrismo dispotico agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando un grido che sale al cielo». A gridare, ribadisce inoltre il Pontefice, è anche il dramma delle migrazioni, vittima innanzitutto di pregiudizi che induriscono il cuore. Tuttavia, un antidoto esiste ed è, suggerisce Francesco, quello di «provare ad ascoltare le storie dei migranti. Dare un nome e una storia a ciascuno di loro», così «avremo davanti agli occhi non dei numeri, non dei pericolosi invasori, ma volti e storie di persone concrete, sguardi, attese, sofferenze di uomini e donne da ascoltare».

Dare credito
alle vittime di abuso

Infine, c’è una categoria dell’ascolto molto dolorosa, ma che proprio per questo va messa in atto: è quella delle vittime di abuso. Sin dall’inizio del suo Pontificato, Francesco ha rimarcato la necessità di prestare ascolto, anche nel senso di dare credito a chi ha subito un sopruso da parte di un membro del clero. Esemplari sono, al riguardo, due eventi: l’incontro del 7 luglio 2014 presso Casa Santa Marta tra il Pontefice e sei vittime di abusi provenienti da Germania, Irlanda e Regno Unito. Francesco celebra una Messa per loro e si intrattiene in un lungo colloquio personale di oltre tre ore, consapevole del fatto che solo così la comunicazione diventa premessa per un cammino di risanamento.

L’ascolto guarisce dall’egoismo

Il secondo evento, invece, è il summit sulla protezione dei minori nella Chiesa, svoltosi in Vaticano nel febbraio 2019. «Noi abbiamo il dovere di ascoltare attentamente il soffocato grido silenzioso dei piccoli che, invece di trovare guide spirituali, hanno trovato dei carnefici — afferma il Papa a conclusione di quell’incontro —. L’obiettivo della Chiesa sarà quello di ascoltare, tutelare, proteggere e curare i minori abusati, sfruttati e dimenticati, ovunque essi siano. Ascoltare, mi permetto la parola: “perdere tempo” nell’ascolto. L’ascolto guarisce il ferito, e guarisce anche noi stessi dall’egoismo, dalla distanza, dal “non tocca a me”». Allo stesso modo, il 22 aprile scorso, ricevendo in udienza i membri della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, Francesco li esorta ad aiutare le Conferenze episcopali di tutto il mondo «a realizzare appositi centri dove le persone che hanno subito abusi e i loro famigliari possano trovare accoglienza e ascolto ed essere accompagnate in un cammino di guarigione e di giustizia. Tale impegno sarà anche espressione dell’indole sinodale della Chiesa, di comunione, di sussidiarietà». 

In conclusione, quindi, le principali declinazioni che Papa Francesco dà al verbo ascoltare si possono riassumere così: crescere nella fede; capire i bisogni dell’altro; guarire le ferite dei sofferenti e le nostre debolezze. Ora sta a tutti noi metterle in pratica. Perché in fondo, come ci insegna il Santo Padre, «una persona che non ascolta gli altri, ascolta soltanto sé stessa. E ascoltare sé stessi è una cosa noiosa».

di Isabella Piro