Con lo sguardo del buon samaritano L’associazione di volontariato «Avvocato di strada onlus»

In difesa dei diritti dei fantasmi

 In difesa dei diritti dei  fantasmi  ODS-003
01 ottobre 2022

Da bambino, nella noia estiva di Bologna, ragionavamo con gli amici su chi fosse il supereroe dei fumetti col potere più forte: Spiderman, Batman, Thor e tutti gli altri.

Giovanni non aveva dubbi: «È Sue dei Fantastici Quattro… la donna invisibile… se sei invisibile, i pirla non ti scocciano e chi ti vede, in fondo, è come te».

Per quanto mi riguardava ero già convinto, ma incontrare Antonio Mumolo (sessant’anni, avvocato e consigliere regionale in Emilia Romagna) è stata solo la controprova di quell’assunto.

Lui, per esempio, i fantasmi li vede.

Presidente dell’associazione di volontariato Avvocato di strada onlus (nata a Bologna, dal 2000 si occupa gratuitamente dei diritti di persone senza tetto o senza dimora), Antonio Mumolo puntualizza: «Diversi fantasmi si aggirano in Italia. Sono gli invisibili, sono 60.000 persone, che sono diventate povere, sono state sfrattate e sono finite in strada (tra loro padri separati, lavoratori licenziati, imprenditori falliti, pensionati al minimo)».

«Una volta in strada, perdono anche la residenza ovvero vengono cancellate dall’anagrafe del comune. Questo accade — spiega Mumolo — perché la legge italiana collega una serie di diritti fondamentali come il diritto al lavoro, il diritto al welfare, il diritto al voto ed il diritto alla salute, al possesso di una residenza. In particolare, la legge 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, stabilisce all’art. 19 che “Gli  utenti del servizio sanitario nazionale sono iscritti in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l’unità sanitaria locale nel cui territorio hanno la residenza”. Senza residenza non ci si può iscrivere all’anagrafe del Comune, così, da persone, diventano fantasmi…».

Circa quarantamila pratiche dal 2000 ad oggi, cinquantotto sedi in tutta Italia e un migliaio di avvocati che gratuitamente offrono le loro competenze: «Lo studio legale più grande d’Italia, col minore fatturato» precisa Mumolo circa Avvocato di strada.

Ma come si diventa fantasmi?

«I tempi cambiano il modo in cui si diventa invisibili — racconta Antonio —. Quando ho iniziato ad occuparmi delle persone senza dimora, molto spesso, al fondo della loro situazione, c’erano fattori sanitari, la dipendenza da sostanze, da alcool, il disagio psichico. Erano persone bisognose di cura. Adesso spesso sono vite scivolate. Inciampate nelle bizze del destino. Imprenditori che hanno chiuso, artigiani che non vengono pagati e si trovano in difficoltà, padri separati, pensionati al minimo che non reggono gli affitti e le bollette, cinquantenni licenziati cui nessuno offre più un lavoro».

Se una volta per diventare invisibili occorreva sbagliare, adesso basta vivere.

Ma forse non è l’indigenza o la difficoltà l’aspetto peggiore di queste storie, sentirsi giudicati per esempio è l’inizio di ogni solitudine, la gente non ti perdona le disgrazie. «Nascosta fra le pieghe dei non detti — prosegue Antonio —, c’è spesso quest’idea che in fondo chi si trova in difficoltà è uno che se l’è cercata, che se certe curve della vita ti sbattono fuori strada è per via del fatto che tu guidavi troppo forte o non sapevi guidare affatto… Con Avvocato di strada ci troviamo pertanto a combattere una condizione umana, ma anche uno sguardo ad essa, talvolta freddo, diffidente, più preoccupato di giudicare che di ascoltare».

Come ogni avventura umana, anche il viaggio di Avvocato di strada ha snodi importanti, casi emblematici, come per esempio l’utente numero uno.

«Il nostro primo vero caso emblematico fu proprio l’utente numero uno — dice Mumolo —. Avevamo appena aperto lo sportello in via Antonio di Vincenzo, una stanza con una scrivania e due avvocati. La prima persona in fila per parlare con noi era un signore che viveva in dormitorio, veniva da problemi di alcolismo, ma li aveva risolti. Non riusciva a lavorare perché per avere un lavoro occorreva esistere e, se non hai la residenza, tu non esisti. Ci disse: “Io posso anche tornare in dormitorio, ma vorrei lavorare e farlo onestamente”».

«Scrivemmo al comune — continua Mumolo —, ma non trovammo accordi e così facemmo una causa d’urgenza. Nell’arco di un mese arrivò l’udienza, vincemmo la causa e quell’uomo ricominciò ad esistere. Qualche giorno dopo scrissi nuovamente al comune di Bologna spiegando che in città c’erano circa quattrocento persone in dormitorio, pertanto o davano anche a loro la residenza o avremmo fatto quattrocento cause… andò bene».

Come ci spiega bene Aki Kaurismaki ne L’uomo senza passato, gli invisibili non sono solamente invisibili, ma anche sprovvisti di bagaglio, è gente che ha perso le proprie “cose” di viaggio. Nel loro bagaglio, oltre alla residenza, ci sono per esempio anche i diritti legati alla salute.

«Chi prima aveva una residenza — spiega Mumolo —, una casa ed anche un medico, una volta in strada ha diritto solo a prestazioni di pronto soccorso, nonostante l’art. 32 della nostra Costituzione reciti: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il diritto alla salute si perde, si perde per strada...».

Ma forse si è compreso che è necessario, oltre che “perlomeno giusto” (come diceva De André in Smisurata preghiera), curare anche le persone senza dimora per garantire la salute di tutti.

In questa situazione Mumolo ha presentato una proposta di legge regionale, una proposta che dà la possibilità alle persone senza dimora presenti nel territorio regionale, seppur prive di una iscrizione anagrafica, di iscriversi nelle liste degli assistiti delle Ausl, al fine di consentire ai suddetti soggetti, in caso di malattia, di potersi rivolgersi al loro medico di medicina generale, anziché accedere soltanto ai servizi di pronto soccorso.

Dopo un lavoro durato 8 mesi, fatto di continui confronti con assessori, consiglieri, dirigenti e associazioni, la legge è stata approvata, all’unanimità, ed ha già conquistato due primati: è la prima legge presentata da un consigliere (e non dalla giunta come normalmente avviene) ed è la prima legge in Italia che garantisce il diritto alla salute alle persone senza dimora.

Il 29 dicembre 2021 è entrata in vigore in Emilia Romagna.

«Con questa legge — prosegue Antonio — abbiamo cercato di riparare ad un torto che fino ad oggi è stato fatto a chi è più povero, abbiamo cercato di restringere la forbice sociale che si allarga sempre nei periodi di crisi, abbiamo cercato di ridurre le disuguaglianze.

Avere un medico, per queste persone, significherà sentirsi di nuovo cittadini, significherà sentire che lo stato c’è per i deboli, significherà avere una speranza ed uno stimolo per uscire dalla strada».

E per non dimenticarla.

di Cristiano Governa