Rileggendo

26 settembre 2022
L’anatomia di un abbaglio. Ferito a morte (1961), il capolavoro di Raffaele La Capria, è una meditazione nel gorgo di un paesaggio dell’anima: la bella giornata, che è incanto e prigione e va dritta, per via di un cunicolo profondissimo, alla radice della bellezza e della perdizione. Dentro questo paesaggio si svolge, in ogni vita, la «cosa accaduta una volta e per sempre», la cattura — per forza inebriante, per forza effimera — dell’istante eterno. C’è chi la scansa come la peste per restare padrone del tempo e della volontà; c’è chi la subisce come una folgore, oltre la sua intenzione, poi l’assapora e vive ogni giorno per riacciuffarne, dorato, il filo. Ferito a morte declina l’abbagliante antagonismo tra chi parte e chi resta, chi insegue la storia e chi accoglie la vertigine ...
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