A colloquio con suor Abby Avelino nuova coordinatrice internazionale di Talitha Kum

Da Tokyo a Roma
per sconfiggere la tratta

 Da Tokyo a Roma  per sconfiggere  la tratta   QUO-220
26 settembre 2022

Ha lavorato come ingegnere meccanico e di sistema, prima di abbracciare la vita religiosa missionaria e dedicarsi alle vittime della tratta di esseri umani. Da pochi giorni suor Abby Avelino, delle suore domenicane di Maryknoll, filippina di nascita e cresciuta negli Stati Uniti, è alla guida di Talitha Kum, la rete internazionale delle religiose contro la tratta di persone. Quello di Talitha Kum, che conta circa 15 anni di attività, è un impegno esteso ai cinque continenti, grazie a 50 reti intercongregazionali, raggruppate in 10 coordinamenti regionali. Impegnate nella cura dell’umanità ferita dallo sfruttamento e dalle disuguaglianze causate da sistemi economici e culturali, le religiose erano prima coordinate da suor Gabriella Bottani, che ricopriva questo incarico dal 2014.

Suor Avelino, prima di trasferirsi nel quartier generale a Roma, si trovava a Tokyo, dove ha servito per sedici anni come operatrice pastorale. Proprio lì ha cominciato dal 2016 a collaborare con Talitha Kum. «In Giappone ho incontrato tante donne vittime di sfruttamento», racconta. Molte sono sue connazionali e di loro conosce le storie personali. Storie di donne che dalle Filippine vengono spinte ad emigrare, sotto false promesse e accordi ingannatori e si ritrovavano poi costrette a prostituirsi oppure vittime di sfruttamento sul lavoro. Alcune credono di andare a lavorare nelle fabbriche o in agricoltura, altre di partecipare a programmi di formazione. «Le donne vittime di sfruttamento spesso non hanno voglia di parlare della loro vita — spiega la nuova coordinatrice internazionale di Talitha Kum —. Vengono dalle Filippine, ma anche da nazioni vicine come la Cambogia e il Vietnam». L’assunzione come tirocinanti in programmi di formazione spesso consente agli sfruttatori di ricattarle, perché possono fare leva sulla loro paura di perdere la possibilità di risiedere in Giappone. Così alle vittime della tratta non vengono corrisposti i salari pattuiti e, sotto la minaccia di non godere di pieni diritti, in quanto migranti, alle donne può venire imposto di sottoporsi ad aborti contro la loro volontà. «Nessuno deve essere obbligato ad essere deportato o ad abortire», denuncia suor Avelino. Proprio questa condizione di sfruttamento delle donne ha indotto la religiosa a impegnarsi attivamente con Talitha Kum, di cui nel 2021 è diventata rappresentante regionale per l’Asia nel comitato internazionale.

Ora che si trova a Roma come coordinatrice, suor Avelino dovrà occuparsi della crescita di tutte le reti interne e di potenziare le partnership esistenti con le organizzazioni esterne, per unire gli sforzi e combattere la tratta di esseri umani nel mondo nel modo più efficace.

«Questa nomina per me è stata inaspettata — spiega la religiosa —. Quando ho saputo di essere stata scelta, ho cercato di fare discernimento. Vedo che le sorelle si fidano di me. Per me si tratta di una missione nuova, una nuova cultura, un nuovo Paese».

Suor Avelino, che conosce bene il contesto asiatico, dovrà ora dedicarsi ad approfondire meglio le altre realtà internazionali soprattutto dell’Africa e dell’America Latina. Sono, infatti, le aree dove si è scelto di concentrare maggiormente la lotta alla tratta nei prossimi anni. «Il traffico di esseri umani — spiega la religiosa — si realizza concretamente in migrazioni forzate, sfruttamento, lavoro forzato, matrimoni forzati». La sensibilizzazione su queste tematiche fa parte del lavoro della rete internazionale. Talitha Kum, infatti, oltre all’assistenza ai sopravvissuti e alle sopravvissute alla tratta (il 72% sono donne) si occupa di organizzare azioni di studio e riflessione sulle tre aree di ingiustizia strutturale, alla base del processo. Si parla dello «scarto di potere tra uomini e donne in tutti i settori, del modello dominante dello sviluppo neo-liberale e del capitalismo sfrenato e delle politiche pubbliche migratorie ingiuste e inadeguate, associate alle migrazioni forzate».

«Non lavoriamo da sole: per questo rete e collaborazione sono i fattori chiave per la lotta alla tratta di esseri umani», afferma suor Avelino. La parola ‘Talitha Kum’, ‘Fanciulla alzati’ (Marco, 5, 41-46), è infatti un invito rivolto a tutti ad alzarsi in piedi per contrastare con le scelte quotidiane tutto ciò che promuove e sostiene la tratta di persone, denunciando l’arroganza e la violenza del potere economico-finanziario, quando agisce contro la dignità della persona. «La mia speranza — racconta suor Avelino — viene dal maggior numero possibile di persone che riusciamo a coinvolgere contro la tratta e i giovani sono fondamentali». In Asia, per esempio, è partita l’iniziativa dei Giovani ambasciatori di Talitha Kum, che svolgono un ruolo da protagonisti nelle università, nelle scuole per sensibilizzare su queste tematiche.

Nel costante contatto con storie di sofferenza e con il dolore delle vittime, suor Avelino sente forte l’accompagnamento del Signore: «Dovunque vado nella mia missione, qualunque essa sia, se dare la mia testimonianza o incontrare le sorelle in formazione, Dio è lì. Ogni giorno, ogni momento, Dio è con me».

di Beatrice Guarrera


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