La conferenza all’Università cattolica di Díli

A scuola di fratellanza

 A scuola di fratellanza  QUO-215
20 settembre 2022

Primo paese al mondo il cui Parlamento ha adottato ufficialmente come «documento nazionale» quello Sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Timor Est «non è impregnata di fraternità in modo astratto, come è successo con risultati tragici, nelle ideologie nazionaliste del secolo scorso. Qui la fraternità nasce e cresce attraverso storie vere di incontro e di riconciliazione»: lo ha riconosciuto l’arcivescovo Edgar Peña Parra nel corso della conferenza tenuta stamane, martedì 20 settembre, all’Università cattolica di Díli, nell’ambito della visita iniziata ieri nella nazione lusofona del sud-est asiatico. Nella circostanza il sostituto della Segreteria di stato aveva inaugurato il “Centro per la Fratellanza umana di Timor Est per la pace mondiale” e ora il Documento, noto anche come “Dichiarazione di Abu Dhabi” (4 febbraio 2019) viene introdotto nel curriculum di studi delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado.

Nell’odierno intervento presso l’ateneo della capitale il presule ha esordito elogiandone il lavoro come «luogo di cultura e formazione delle generazioni future» che fornisce loro risorse in grado di elaborare «una visione cristiana della società» ispirata ai valori della pace e della comune convivenza. Quindi ha offerto una riflessione sul Documento sulla fratellanza umana alla luce dell’omelia pronunciata da Giovanni Paolo ii nella spianata di Tasi Tolu il 12 ottobre 1989, durante il suo storico viaggio a Timor Est. Elemento centrale è l’immagine del sale, la prima che Gesù usa nei Vangeli riferendosi ai suoi discepoli, ma anche quella applicata ai timoresi da Papa Wojtyła. Ed ecco allora, ha detto monsignor Peña Parra, che «l’essere sale della terra mette in evidenza, non la preoccupazione per l’apparire e per la propria rilevanza, ma lo sforzo di dare sapore all’insieme». E in tal senso «guardando indietro negli ultimi decenni — ha assicurato —, il popolo timorese merita pienamente la qualifica profetica di sale della terra. Non solo si è riconciliato, si sta riconciliando: ha saputo dare il sapore evangelico della fraternità alla terra che abita, rappresentando un modello di pacifica convivenza». Basti pensare, ha aggiunto, «che è consuetudine, nella lingua tetum, rivolgersi agli estranei con le parole “maum” e “mana”, cioè fratello e sorella. Altrettanto significativa è l’usanza di riferirsi alle principali autorità politiche come “maum-boot”, fratelli maggiori».

Certo, il relatore si è detto consapevole dei diversi ostacoli che incontra il Documento nell’applicazione concreta — c’è chi lo taccia di ingenuità, chi di relativismo o sincretismo — ma rilanciando le parole di Papa Francesco nel recente viaggio in Kazakhstan, ha rimarcato la necessità che ciascuna religione si “purifichi” e si impegni attivamente a smascherare ogni violenza che tenda ad assumere una presunta sacralità.

Dopo aver parlato del sale come “sapore” della fratellanza, l’arcivescovo ne ha approfondito la funzione di “conservante” della pacifica convivenza, e in proposito ha rilanciato il primato dell’istruzione, perché — ha chiarito — per conservare è necessario educare. Una formazione, ha auspicato «che sia dedicata non solo ad argomenti tecnici orientati al profitto, ma anche a temi umanistici; e mirata non solo alle potenzialità dell’individuo, ma alla cura dell’insieme».

Infine approfondendo altri elementi del Documento, il sostituto ha auspicato una giustizia basata sulla misericordia, la promozione e la tutela della libertà, in particolare di quella religiosa — diritto inalienabile ed essenziale di ogni gruppo ed essere umano — e il ricorso alla preghiera quando i tentativi umani di mediazione sembrano fallire.