Nell’intervista a «Il Mattino» Francesco denuncia la piaga della malavita organizzata e invita a non cedere alla rassegnazione

La questione dei Sud
del mondo riguarda
il futuro di tutti

 La questione dei Sud del mondo riguarda il futuro di tutti  QUO-214
19 settembre 2022

«L’allegria. Il pensare positivo. La resilienza. La generosità. Sono queste le doti di Napoli che ammiro di più. Insieme alla capacità di vedere davvero i poveri, di guardarli negli occhi, e di non restare indifferenti. Penso che dai napoletani ci sono tante cose da imparare». Lo afferma Papa Francesco in un’intervista pubblicata da «Il Mattino» — nell’edizione di domenica 18 settembre — in occasione dei 130 anni di del quotidiano partenopeo.

Tra i temi trattati — in risposta alle domande del direttore Francesco de Coro e di Angelo Scelzo, già vice direttore de «L’Osservatore Romano» e della Sala stampa della Santa Sede — la guerra in Ucraina, le difficoltà del Sud del mondo, la politica come alta forma di carità, la piaga della malavita organizzata, il lavoro e il rischio della rassegnazione, fino alla devastazione dell’ambiente, con un particolare riferimento alla Terra dei fuochi e alle recenti alluvioni nelle Marche.

«Sono stato a Napoli. In qualche modo mi ricorda Buenos Aires. Perché mi parla del Sud. Ed io sono proprio del Sud» ha detto il Pontefice, ricordando in particolare l’esperienza che oggi suggerisce il Mediterraneo: «Ho visto con i miei occhi gli occhi dei migranti. Ho visto la paura e la speranza, le lacrime e i sorrisi carichi di attese troppo spesso tradite». E «il futuro di tutti sarà sereno solo se sarà riconciliato con i più deboli. Perché quando i poveri vengono respinti si respinge Dio che è in loro, e si respinge la pace. Per questo — ha proseguito — metto sempre in guardia da chi vorrebbe tessere il mondo di paura, di diffidenza, di muri e di guerre; invece che di fiducia, di affidamento, di ponti e di pace. È facile spaventare l’opinione pubblica instillando la paura dell’altro. Più difficile è parlare di incontro con l’altro, denunciare lo sfruttamento dei poveri, le guerre spesso largamente finanziate, gli accordi economici fatti sulla pelle della gente, le manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio. Ma questo è quello che siamo chiamati a dire come cristiani: ragionare con uno schema di pace e non di guerra, di amore e non di odio; anche nei momenti che ci appaiono più bui».

«Schemi di pace» che oggi si misurano con la guerra in Ucraina, ha insistito il Papa. «Servono passi concreti per mettere fine alla pazzia della guerra in Ucraina e alle tante altre guerre in atto nel mondo» ha affermato. «Abbiamo bisogno — ha aggiunto — di creatività nella costruzione della pace, non di visioni ideologiche bloccate. C’è bisogno di soluzioni globali, di gettare le basi di un dialogo sempre più allargato, per tornare a riunirsi in conferenze internazionali per la pace, dove sia centrale il tema del disarmo. Dobbiamo guardare alle generazioni che verranno. I fondi che continuano a essere destinati agli armamenti dovrebbero essere convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione, all’istruzione, alla conversione ecologica».

Nel riferirsi poi alla «disabitudine a pensare al bene comune», Francesco ha invitato, proprio guardando a Napoli, a far conto sulla «straordinaria capacità creativa» del popolo. E con questo spirito «è il tempo di reimpostare la rotta. Napoli è in qualche modo un paradigma della questione meridionale in Italia. Ma il tema del Sud è universale. Riguarda la diseguaglianza. La questione meridionale è una questione universale, riguarda il futuro di tutto il mondo».

Con chiarezza il Papa ha affermato che «la malavita organizzata è una piaga. Riguarda tutti. Il Nord e il Sud del mondo». E, ha aggiunto denunciando la questione delle cosiddette “baby-gang” coinvolte nelle violenze, «per me il vero volto di Napoli è un altro. È quello della gente buona, accogliente, generosa, ospitale, creativa nel bene». Facendo inoltre presente che «il dramma della Terra dei fuochi è collegato ai tanti drammi di cui soffre la terra».

Emigrazione e disoccupazione sono emergenze assolute, ha spiegato il Pontefice nell’intervista, e «un modello economico sbagliato sta facendo di troppi giovani uno scarto, senza lavoro. Questo è grave. Questo va denunciato. Questo va cambiato. Ai giovani direi però di avere coraggio. Di guardare oltre l’orizzonte».

Infine, rispondendo a una domanda sull’imminente appuntamento elettorale in Italia, il Papa ha ricordato che «per la Chiesa la politica è la più alta forma di carità. La Chiesa non è distante dalla politica. È distante da una politica parolaia intesa solo come propaganda, o gioco di potere. È vicina invece ai problemi della gente. E pensa che il compito della politica sia lavorare per trovare insieme soluzione a questi problemi. Per la Chiesa la politica è anzitutto arte dell’incontro, è un servizio al bene comune, alla dignità di ogni persona, alla vita di ogni persona. La Chiesa ha detto e ripete — ha concluso — quali sono le cose che contano. Le ho appena dette anche io. Questo non è silenzio».